Con la riunione tenutasi a Roma lo scorso 17 giugno presso il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha visto coinvolte tutte le parti interessate (AIGRIM, AISCAT, FAIB CONFESERCENTI, FE.GI.CA CISL, FIGISC – ANISA, UNIONE PETROLIFERA, REGIONI, MINISTERO DELLE INFASTRUTTURE E DEI TRASPORTI), il nodo della ristrutturazione della rete delle aree di servizio presenti sui sedimi autostradali potrebbe essere definitivamente sciolto. In extra-time potremmo dire, perché la proroga di 18 mesi dei contratti in essere scade il 31 dicembre del 2015 e i tempi tecnici per emettere i bandi e procedere alle assegnazioni sono ormai strettissimi.
Ma prima di immettersi sulla corsia di accelerazione, la piattaforma condivisa – non ratificata da una vera e propria stipula – deve passare al vaglio dell’Antitrust, che vedrà come dalla montagna, la preannunciata razionalizzazione della rete (oltre 400 aree di servizio sono presenti lungo le autostrade italiane), sia stato partorito il solito topolino: alla fine solo 30 aree circa dovrebbero essere chiuse, neanche il 10% del totale.
Ma non è questo, il taglio in sé delle aree, ciò che più conta per gli operatori, almeno per quelli della ristorazione: finalmente si dovrebbe arrivare a mettere delle regole precise in un mercato captive dove sino ad ora a dettar legge sono state le società concessionarie.
Anche se in sede di bando le maglie dell’”accordo” potrebbero essere larghe, la piattaforma prevede che solo per le aree di grandi dimensioni sia garantita la continuità gestionale per i gestori delle pompe oil, ai quali verrebbe presentato un contratto di comodato di 9 anni allineato alla scadenza della concessione petrolifera. E la loro attività, tuttavia, si concentrerebbe esclusivamente o quasi sul core business.
Delle circa 130 aree oggetto invece di razionalizzazione, una trentina, come accennato, verrebbe definitivamente chiusa, mentre le restanti 100 circa vedrebbero una gestione unitaria, per buona parte con una connotazione food driven: questo porterebbe i player del non oil a sfidarsi con un’offerta tecnica di ristorazione importante, con la possibilità di gestire anche la pompa di benzina. Una fetta più esigua di aree avrebbe invece una connotazione oil driven, con i gestori petroliferi abilitati a offrire il food.
Gli operatori della ristorazione, rappresentati da Aigrim (Associazione Imprese Grande Ristorazione Multilocalizzate), hanno inoltre chiesto al Ministero di impegnarsi su due fronti: effettuare nei confronti delle concessionarie autostradali una forte moral suasion per abbassare le royalties, secondo criteri di oggettiva sostenibilità, e soprattutto per rendere l’offerta tecnica il criterio determinante nell’aggiudicazione delle gare.
In un mercato asfittico come quello autostradale, è evidente che percentuali troppo alte di fee pagate alla concessionarie penalizzerebbero in primis il consumatore finale, sia nella qualità del servizio sia nei prezzi, e a monte i gestori della ristorazione.
Da sottolineare, facendo un piccolo passo indietro, lo sciopero prima proclamato e poi ritirato da parte delle associazioni sindacali dei gestori degli impianti di distribuzione carburanti contro un bando di gara emesso da Autostrade per l’Italia pochi giorni prima la convocazione dell’incontro da parte del MISE. Una forzatura per velocizzare i tempi della querelle? Se sì, avrebbe sortito gli effetti desiderati, tanto che, dopo l’incontro, il bando dovrebbe essere congelato e lo sciopero è stato, appunto, annullato.
Tuttavia appare improbabile che entro il 31 dicembre del 2015 tutte le aree di servizio possano essere assegnate, mentre almeno la partita dei bandi dovrebbe essere completata. Antitrust permettendo. A.P.
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