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Cosa si aspetta il retail dopo la fine del lockdown? Questo l’interrogativo posto ai relatori della web conference Retail S2 E1 organizzata da Retail&food in collaborazione con Lendlease. Un evento online che ha riunito 250 spettatori virtuali e un panel di professionisti: dal travel retail al leisure, passando per la ristorazione a catena, l’abbigliamento tecnico-sportivo e la GDO.

Filo comune dell’evento introdotto da Diego Valazza, senior development manager retail di Lendlease, sono state le strategie a breve, medio e lungo termine dei player del mercato retail real estate italiano: «Abbiamo sentito parlare di plexiglass, di new normal e mondi distopici in cui l’esperienzialità del canale fisico veniva cancellata. Tutte ipotesi che non tengono conto del fatto che il retail, per sua natura, si reinventa ogni giorno. E se nel breve termine c’è la necessità di riaprire in sicurezza il prima possibile, nel medio e lungo periodo ci sarà un ritorno alle consuetudini conosciute con il retail che, nel frattempo, avrà spinto al massimo a livello culturale e tecnologico». Obiettivo principale, quello di «far atterrare concetti su cui prima abbiamo solo filosofeggiato».

Gli interventi

A introdurre e moderare gli interventi dei relatori durante la web conference, è stato il direttore di Retail&food, Andrea Aiello che ha posto al centro della discussione una «visione a fasi» che coinvolgerà l’organizzazione delle attività di tutti gli operatori. Di seguito, la sintesi degli interventi.

Luigi Battuello, direttore non aviation business development di SEA Aeroporti Milano: «Ci aspetta un percorso complesso in cui la parola chiave è sicuramente adattamento; soprattutto nella prima fase. Per quanto riguarda l’esperienza di SEA, abbiamo registrato un calo del -99% in termini di traffico passeggeri che oggi sono concentrati sul Terminal 2 di Malpensa dove sono attivi solo gli esercizi commerciali essenziali. Abbiamo sfruttato questo tempo per acquisire informazioni utili. Il lusso sembra tracciare la strada della ripartenza e la Cina, con una grande maggioranza di traffico domestico, è il mercato a cui guardiamo con maggiore attenzione. Il lungo raggio, a meno di grandi sorprese, potrebbe saltare una stagione. Per quanto riguarda l’aeroporto, quando si allenteranno le restrizioni alla mobilità, ci aspettiamo un dwell time più lungo a causa delle nuove procedure di controllo; una opportunità per i travel retailer. Infin, fra i progetti di SEA c’è un forte investimento sull’omnicanalità che entro settembre dovrebbe portare i primi risultati».

Fabrizio Bolis, head of development & real estate Italy di UCI Italia, Odeon Cinema Group: «Per noi la Fase 2 è ancora molto lontana: siamo stati fra i primi settori colpiti dalla serrata a fine febbraio e l’ultimo che riaprirà. Attualmente abbiamo circa 1.000 multisala chiusi nel mondo e un fatturato a zero. Rispetto ad altri mercati, su quello italiano pesa ancora una forte incertezza sulle tappe della riapertura che potrebbero seguire una razionalizzazione in termini geografici, per esempio. In molti mi chiedono se sia possibile introdurre il modello drive-in, ma la mia risposta è che non è cosa semplice a breve termine sia per quanto riguarda l’investimento tecnologico necessario sia per il livello di comfort che possiamo offrire – ad agosto, in macchina, con l’aria condizionata a palla. Attualmente stiamo pensando a come riportare in sicurezza le persone nei cinema, quindi: mascherine, sedute con dispenser di prodotto igienizzate, promuovere il ticketing online, cercare di tenere vicini i congiunti, ecc. Il tutto in attesa di sapere quali saranno i protocolli che il Governo intende farci adottare. Noi le proposte le abbiamo fatte. Infine, una volta aperti, ci saranno da vincere altre due sfide: la reticenza delle persone a chiudersi in una sala e la mancanza di prodotto da proiettare visto lo slittamento in avanti dell’uscita di diverse pellicole».

Roberto Colombo, amministratore delegato Sebeto-Rossopomodoro: «C’è un clima di incertezza a cui dobbiamo rispondere con un forte spirito di adattamento. Per noi la Fase 1 è iniziata il 23 febbraio, giorno della trasmissione del nostro ultimo spot sulle reti Mediaset. Da lì in poi un calo costante del fatturato fino alla chiusura totale in Italia dell’11 marzo e di qualche settimana dopo nei mercato europei dove siamo presenti. Seppur drammatica, questa è stata la parte più semplice da affrontare. La Fase 2, invece, è meno delineata e durerà svariati mesi. Delivery e asporto si sono imposti come strumenti essenziali, che ci hanno permesso alcune sperimentazioni, ma non tolgono la sete per un settore, quello del casual dining, che fa della convivialità e dell’esperienzialità il centro della propria proposta. Attendiamo il primo giugno per ripartire a generare fatturato con le nostre sale, di circa 500 mq, dimezzate in termini di posti disponibili. Una riduzione che cercheremo di recuperare introducendo tre turni da 45′ a pranzo e due turni da 90′ alla sera. Per prenotarsi basterà usare la nostra app. Il vero problema sarà superare la barriera psicologica. Una volta fatto, partirà la Fase 3, quella della speranza nella voglia di socialità dei clienti. Se non fosse così ci troveremo in una difficoltà strutturale».

Ezio De Carlo, country leader production Italia di Decathlon Italia: «Quando abbiamo chiuso, la decisione è stata presa in meno di 24 ore. E non nascondo che abbiamo accusato il colpo. Allo stesso tempo, però, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo dato avvio a dei gruppi di lavoro interni per prepararci al dopo. Il primo tema che abbiamo affrontato è stato quello della sicurezza di collaboratori e clienti. L’obiettivo è sostenere in senso lato i nostri collaboratori, anche sul tema della genitorialità per esempio, e offrire al cliente una customer experience il più vicino possibile all’originale. In secondo luogo abbiamo affrontato i nuovi trend di mercato. Se, per lungo tempo, in questo periodo ci si preparava con l’offerta estiva e vacanziera, ora puntiamo maggiormente sulla forma fisica. Da qui deriva l’adozione di layout flessibili e modulabili che ci permettano di andare in contro all’evoluzione delle esigenze del cliente. Infine, con la stessa logica, abbiamo tirato fuori dal cassetto alcune idee per rinnovare il nostro business model: ship from store, vendita telefonica, Decadrive, home delivery. L’ago della bilancia sarà la gestione della supply chain, ossia gestire in modo razionale il rapporto fra le richieste della clientela e lo stock di negozio per contenere ed efficientare i costi».

Roberto Selva, chief marketing & customer officer di Esselunga: «In quanto brand della GDO, per Esselunga le cose sono andate in modo un po’ diverso dal resto del retail. La nostra Fase 1 ha coinciso con l’insicurezza dei clienti verso la distribuzione. Da subito abbiamo agito mantenendo elevati standard di sicurezza per tutelare 25mila dipendenti diretti, 9mila indiretti e 5 milioni di clienti impauriti; uno scenario che non nascondo ci ha colti un po’ impreparati. Abbiamo risposto con adeguamenti di natura tecnica dei punti vendita, la scelta di chiudere alcuni reparti e quella di passare, per esempio, dallo sfuso al peso fisso per alcune categorie di prodotti. La Fase 2 è stata quella della transizione, caratterizzata dalla difficoltà di interpretazione dei DPCM, dalla necessità di contingentare gli ingressi e gestire le fila attraverso Ufirst. Una situazione ancora critica, insomma. La Fase 3, quella della recovery, la stiamo vivendo in questi giorni e implica un ripensamento del retail brick&mortar come lo abbiamo conosciuto finora. Dobbiamo lavorare su innovazione e logistica per rendere la vita più facile ai nostri operatori e ai nostri clienti e rispondere in modo migliore a eventuali nuovi picchi. Infine, bisogna porsi la domanda: cosa saremo? Detto diversamente, chi continuerà a fare acquisti come spenderà? Cosa acquisiterà?».

N.G.

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