“Occorre ripensare e mettere al centro il nuovo ecosistema sociale, economico e tecnologico. La tecnologia non è un fine ma un mezzo. Il corretto approccio può rilanciare il retail e la tecnologia permette di espandere il pensiero multicanale. Il ruolo della tecnologia deve essere quello di uno strumento finalizzato all’espansione dell’esperienza in un’ottica di attrarre talenti e clienti, che diventano i due attori principali della scena”. Con questa riflessione, Andrea Aiello, direttore di retail&food, ha introdotto il webinar intitolato “Retail, il pensiero prima della tecnologia”, organizzato da r&f e da Tertium, a cui hanno preso parte come relatori: Nicola Rossi, Ceo di Monster.it; Saverio Cuoghi, founder di Innovazione2020.it & learning designer e co-founder di Tertium; Francesco Aimi, Ceo di Al Bacio, co-founder di Tertium, consulente e docente; e Luca Nasi, leasing director di Land of Fashion, Multi.
I temi affrontati online lo scorso 10 luglio spaziano dal recruiting alla didattica, passando per la gestione dei canali retail, sino a includere il punto di vista dei landlord.
Gli interventi
Nicola Rossi, Ceo di Monster.it
«Oggi è davvero necessario scrivere nuovi modelli e approcci, tenendo presente l’accelerazione che l’emergenza Covid e il lavoro da casa hanno impresso ad alcune dinamiche. E la parola chiave è “experience”, anche in ambito recruiting, perché è fondamentale dare ai candidati un’esperienza completamente diversa. A mio avviso la tecnologia è la chiave di volta di tutto quanto sta accadendo in questo momento, ma non va dimenticato che è uno strumento in mano alle persone. Uno strumento attraverso il quale si devono riscrivere i modelli di quello che definisco il “Recruiting reinventato”. Alla base di questo concetto individuo alcuni fattori. Il primo è dato dalla tecnologia: il mobile ha destruttutarato qualsiasi relazione, ha reso le persone sempre connesse e in grado di accedere alle informazioni come e quando vogliono, inoltre ha disintermediato le relazioni tra i player. Il secondo è dato dai target, per cui i modelli, i processi, le soluzioni e i piani di recruiting devono essere sempre più personalizzati. In sintesi, se ci rivolge ai millenials o ai neo laureati sarà necessario attivare un’esperienza differente rispetto a quella finalizzata ai senior. Tale obiettivo sarà raggiungibile grazie all’utilizzo e all’analisi dei big data. Il terzo fattore è dato dai processi: è necessario disegnare percorsi basati su innovazione e pensiero laterale, coinvolgendo i candidati dove sono (piattaforme di social media), con tecniche in comune fra recruitment e marketing.
I punti chiave del “recruiting reinventato” vertono sul fatto che non esistono più candidati attivi e passivi, i candidati sono sempre connessi e mai connessi, per cui vanno ingaggiati; che bisogna imparare ad usare i data analytics per comunicare coi candidati in modo personale; e che le aziende dovranno imparare a raccontarsi per emozionare e attrarre. In sintesi, per la costruzione di questi piani di “recruiting reinventato” individuo sei pillar. Il primo è la sinergia fra on line ed off line, per cui qualsiasi piano deve integrare una parte di digitale con un’attività fisica in presenza, applicando il concetto di On Life. Il secondo è creare emozioni, in quanto le persone hanno bisogno di riacquisire emozioni, passioni e di sentire storie. Il terzo è incontrare la voglia di divertimento dei millenials, che desiderano avere un percorso di experience in cui ci sia anche una componente fun. Da qui l’importanza di attivare percorsi di gamification. Il quarto è generare percorsi di ingaggio con la partecipazione attiva di aziende e candidati. Il quinto è focalizzarsi di più sulle soft skills, per cui è necessario capire come analizzarle e come darne importanza in un processo di recruiting. Il sesto, infine, è dare vita a percorsi che creino community ed engagement, poiché le persone vogliono sentirsi parte di una famiglia, soprattutto adesso che lavorano da remoto».
Saverio Cuoghi, founder di Innovazione2020.it & Learning Designer, co-founder di Tertium
«Stiamo vivendo un momento di cambiamento, in quanto caratterizzato da una straordinarietà. E proprio in una fase come questa il tema dell’apprendimento è rilevante. Parallelamente, la didattica negli ultimi 2 o 3 tre mesi non è cambiata altrettanto profondamente: semplicemente le è stato tolto il vestito precedente, l’aula, per farle indossare quello nuovo, il digitale. Ma a mio avviso, se vogliamo cambiarle stile, è necessario anche e sopratutto cambiare il mindset e questo vale sia per la scuola sia per le aziende. Di conseguenza, con Francesco Aimi, ho lanciato Tertium che rappresenta una terza strada, né solo fisica né solo digitale, ma che mette insieme queste due componenti. Abbiamo pensato a un metodo molto pratico che potesse innovare la formazione, e che, contrariamente a quanto accadeva prima, privilegiasse la persona che deve apprendere e non chi trasferisce contenuti e metodi. Da questo ragionamento è nato il nostro concetto di “didattica aumentata”, con la tecnologia, intesa come strumento abilitante, finalizzata ad aumentare l’esperienza dell’utente. Sintetizzando, il nostro progetto mette l’allievo e l’apprendimento al centro. Per far questo partiamo dalle modalità di fruizione, dagli schemi didattici, dall’integrazione tra fisico e digitale. Un altro elemento molto importante è quello che abbiamo chiamato “progettazione intenzionale”. Della didattica progettiamo infatti ogni minuto: il progetto è scomposto come in un lego e poi ricomposto con una visione di integrazione. Il tutto in grande collaborazione con il cliente che, se parliamo di aziende, è chiamato a progettare con noi il determinato intervento. Altro pillar è la contaminazione metodologica: abbiamo cercato di ibridare la formazione con stimoli che provengono, oltre che dalle neuroscienze, anche dalla modalità Agile, dal Design thinking e dalla Lean per trarre il massimo delle utilità. Infine, la nostra didattica aumentata consente un controllo molto più forte sull’apprendimento, reso possibile sia da una progettazione accurata dei contenuti sia, soprattutto, da una continua collaborazione con l’organizzazione committente e con i singoli allievi. In questo momento abbiamo circa 300 persone che si stanno formando con questo metodo».
Francesco Aimi, Ceo di Al Bacio, consulente e docente, co-founder di Tertium
«Il retail che oggi abbiamo davanti è stato pensato negli anni ’80. A quel tempo il cliente e il management erano nel pieno del consumismo. Sociologicamente parlando, il cliente consumista trova soddisfazione nell’acquisto stesso, poter acquistare un bene è di per sé un atto di valore. Ed è logica conseguenza che il retail abbia creato la sua definizione di opportunità strategica con la presenza e l’assortimento. Questo bastava per avere un modello vincente. Oggi il modello sociologico è in rapida evoluzione fra il consumismo, che ancora pervade gli over 50 (baby boomers), e il sistema valoriale completamente diverso delle nuove fasce di consumatori (Generazione X, Millenials e Generazione Z). In sintesi i nuovi clienti sono iperconnessi, sempre in relazione col mobile, con l’informazione e lo stimolo a portata di indice; sono content hunter, alla ricerca sistematica di contenuti, non si accontentano di acquistare ma vogliono capire e ricercare l’essenza del prodotto; mirano alla qualità del tempo e della vita, vogliono vivere infatti in un contesto di qualità personale in cui il tempo “ben speso” ha un valore superiore alle cose; hanno come valori la sostenibilità e la responsabilità, con ambiente, socialità e salubrità che diventano criteri di scelta alla pari di prezzo e marca. Il retail, quindi, deve cambiare in modo rilevante. Oggi il modello retail è in discussione solo per l’improvvisa prepotenza della home delivery ma questa è solo una piccola evidenza del cambiamento in atto. La tecnologia del retail quindi non è “pensata” ma è inserita nei modelli tradizionali per favorire l’eCommerce o il distanziamento sociale. Il nostro pensiero si basa invece su pillar chiari: canali differenziati e complementari; ruoli chiari dei canali; link forti fra i canali. In particolare, parlando di integrazioni dei canali, se il fisico e il digitale fanno la stessa cosa non si crea alcuna sinergia. Sono destinati a cannibalizzarsi reciprocamente. Noi pensiamo che il fisico debba fare un “mestiere” e il digitale un altro. Il canale fisico deve lavorare sulla qualità del tempo del cliente – nei nostri believe c’è che dobbiamo imparare a “comprare il tempo del cliente”, non “vendere il prodotto” – Per raggiungere tale obiettivo, l’empatia è la soft skill necessaria del personale di negozio, da formare magari con la didattica aumentata. Il canale digitale, invece, deve massimizzare l’utilità delle infinite informazioni disponibili. Le informazioni dell’offerta, della nascita del prodotto, unite alle informazioni che il cliente può dare on line possono creare esperienze, grazie alla AI, straordinarie. Magari facendolo anche divertire. Infine, in una logica di link fra i due canali, usare la tecnologia per espandere l’esperienza diventa fondamentale. Concludo il mio intervento con il concetto a me caro di R-commerce. Rimettere il negozio al centro delle politiche commerciali lavorando su una community che orbita attorno al negozio stesso. Lo store diventa quindi un hub esperienziale e logistico di un’area di interesse. Questa è la visione che, come Tertium, proponiamo ai nostri clienti attraverso la formazione e la consulenza».
Luca Nasi, leasing director di Land of Fashion (Multi)
«La pandemia ha accelerato dinamiche sia per il consumatore sia per il brand stesso. Da questo punto di vista, nonostante lo storico a disposizione sia ancora poco consistente, i dati parziali sono interessanti. Oggi le evidenze sono, da una parte, di una maggiore propensione per gli spazi aperti, reazione legata senz’altro alla pandemia ma anche a un concetto di “stare bene” già in atto; dall’altra, guardando alle categorie merceologiche, vi è una crescita forte del mondo casa, del casual e dello sportswear, mentre si registra un forte calo del formal come conseguenza dello smart working.
Multi ha già iniziato percorsi di contaminazione fra off e on line offrendo servizi di click & collect per i propri tenant. Non seguire queste dinamiche oggi può essere un errore con conseguenze drammatiche. L’esperienza di shopping dei centri, su cui tutti abbiamo puntato come fattore distintivo negli ultimi 10 anni, è ormai ineludibilmente andata verso un’esperienza multicanale con continui rimandi fisico/digitale. Il cliente pare molto più preparato, informato e attento rispetto solo a qualche mese fa. C’è ovviamente un po’ di ansia, oggi, nel mondo retail fra i diversi brand. Alcune aziende si sono mosse o si stanno muovendo mentre altre ancora appaiono perse e senza strumenti per ripartire. La mia paura è che queste aziende faranno fatica a ripartire se non cambieranno velocemente e fortemente».
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