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Terminato il lockdown, Cigierre è tornata ad aprire nuovi locali: quattro tra giugno e luglio e un paio a settembre. Il primo ottobre è debuttato a Milano il nuovo brand, Papris. Parallelamente sono cresciuti i servizi digitali

A giugno è stata la volta del nuovo ristorante Old Wild West a Legnaro, in provincia di Padova, e dell’arrivo di Temakinho a Bologna. Nelle prime settimane di luglio Old Wild West è arrivato anche a Caltanissetta e nell’area di servizio Chianti sulla A1 Firenze-Roma. A settembre, invece, il noto format di cucina Tex Mex è sbarcato a Carpi, mentre un locale America Graffiti è stato aperto nel parco commerciale Da Vinci di Fiumicino. Il primo ottobre, infine, il debutto a Milano (in via Edmondo De Amicis) del nuovo brand, Papris, che offre l’accoppiata pizza – sushi.

Lo sviluppo di Cigierre ha ripreso dunque a correre, anche se, come lo stesso amministratore delegato, Marco Di Giusto, ha spiegato a r&f, non sarà possibile rispettare i programmi decisi prima del Covid. Il conteggio complessivo, ad oggi, della rete di ristoranti annovera 223 Old Wild West divisi tra Italia, Francia, Belgio, Svizzera e Australia; 30 Wiener Haus; 12 Shi’s; 32 Pizzikotto; 54 America Graffiti; 19 Temakinho divisi tra Italia, Spagna, Gran Bretagna e Montecarlo. Per un totale di 370 punti vendita, ai quali si aggiunge la neo apertura di Papris.
Oltre ai numeri, inclusi quelli della lunga ripresa post lockdown, con Marco Di Giusto abbiamo affrontato diverse tematiche che caratterizzano questa fase di mercato, dai protocolli sanitari anti Covid, alle contrattazioni sulle locazioni sino ai nuovi servizi in ottica omnichannel.

Marco Di Giusto, amministratore delegato di Cigierre

Quali erano i vostri progetti di sviluppo retail sul 2020 prima della crisi e come questi sono cambiati?
L’idea di inizio anno era di continuare con le aperture in Italia e potenziare quelle in Francia. Stavamo lavorando a nuovi progetti che però per il momento sono stati messi in stand-by. L’inizio anno ha visto diverse aperture in Italia e all’estero, il virus ci ha imposto una battuta di arresto, ma solo temporanea. La quarantena, come crediamo sia successo per molte altre aziende, è stata un periodo di lavoro frenetico, ma in senso positivo. Dalle riunioni a distanza e dalle videochiamate sono emersi idee, suggerimenti e spunti di riflessione. Talvolta percorribili, talaltra meno. Alcuni si stanno trasformando velocemente in nuovi progetti che a breve sveleremo.

Entro la fine dell’anno quanti locali intende aprire in Italia? State affrontando anche un tema di chiusura e/o di riposizionamento di alcuni ristoranti?
Abbiamo ancora una decina di aperture programmate da qui a fine anno. La crisi ha sicuramente messo in difficoltà alcune location più di altre, pensiamo ad esempio a quelle vicino ai cinema o agli stadi. Stiamo ancora valutando le strade percorribili. Il riposizionamento non è una soluzione, cerchiamo piuttosto di intervenire sul servizio, sui menu, sull’offerta per abbracciare le nuove necessità dei nostri clienti.

Il nuovo brand, Papris, inaugurato il 1° ottobre a Milano con l’apertura in via Edmondo De Amicis

Come avete adattato i locali e l’organizzazione del lavoro, dalle cucine al servizio al tavolo, per rispettare le normative anti Covid?
Come da normativa nazionale, le procedure di sanificazione e pulizia sono state intensificate. Vengono ripetute più volte al giorno. Il personale ha seguito corsi di formazione, porta le mascherine e sono presenti diverse postazioni per igienizzarsi le mani. A disposizione dei dipendenti e dei clienti. Viene previsto l’utilizzo di materiale monouso (tovagliette, condimenti) e cerchiamo di garantire il distanziamento anche al tavolo, indicando i posti da utilizzare e quelli da lasciare liberi.

Sia per una questione di disposizioni sanitarie, che riducono la disponibilità di coperti in sala, sia per una differente predisposizione al consumo fuori casa, il settore del food retail sta risentendo fortemente della crisi. Al momento, quali sono le vostre performance di fatturato? Come si articola, invece, il trend di ripresa dalla riapertura post lockdown a oggi?
Non siamo soliti dare dati specifici, possiamo dire che c’è una perdita di fatturato che si attesta nella media generale del settore. Ovviamente vediamo un andamento in positivo rispetto ai primi giorni di riapertura con un +30% attuale rispetto alle prime settimane di giugno, ma il clima di incertezza continua a influenzare i consumi degli italiani.

In particolare, riscontrate un differente trend di ripresa tra le posizioni all’interno dei centri commerciali, quelle nei centri urbani e quelle stand alone?
Assolutamente sì, la posizione determina la performance. Come accennato, i ristoranti in prossimità dei cinema, degli stadi o all’interno di centri commerciali con poca pedonabilità stanno soffrendo, mentre performano meglio i ristoranti su strada o stand alone. È un’ovvia conseguenza delle necessità di distanziamento imposte da questo virus. Abbiamo però anche alcuni ristoranti con LFL (like-for-like) positiva.

Tema canoni di locazione: nel complesso come vi siete relazionati con le proprietà dei centri commerciali e non solo al fine di ottenere condizioni compatibili con la chiusura durante il lockdown e con i nuovi livelli di flussi e fatturato? Siete soddisfatti dei risultati ottenuti?
Abbiamo negoziato realtà per realtà e in alcuni casi lo stiamo ancora facendo. Non neghiamo che abbiamo trovato alcune porte chiuse ma nel complesso siamo soddisfatti delle risposte ottenute dalla gran parte delle proprietà, che hanno compreso il momento di difficoltà del settore ristorativo e del commercio e hanno cercato di venirci incontro.

Parlando di integrazione tra off e online, quindi di servizi digitali di prenotazione del tavolo e di menu, di consegna a casa, ecc, quali iniziative avete adottato e con quali riscontri? Quali i prossimi step della vostra strategia omnichannel?
La strategia omnichannel è sempre stata tra gli obiettivi di Cigierre, la ricerca di servizi innovativi che vada al passo con le esigenze della clientela è sempre stata nel nostro DNA. Attualmente stiamo mettendo a punto un sistema di prenotazione tavoli, la fase di test è partita presso alcuni ristoranti con l’obiettivo di estenderlo quanto prima a tutta la rete. Il menu è sempre stato disponibile online, abbiamo ora aggiungo un QR Code sulle tovagliette usa e getta, che permette, dal proprio cellulare, di atterrare sulla pagina di nostro interesse in pochi secondi. Anche qui, stiamo parallelamente lavorando su un sistema di self-order che permetterà al cliente di gestire in autonomia la propria comanda, ricevendo poi i piatti direttamente al tavolo e pagando dal tavolo a fine pasto. Questo non determinerà una riduzione del personale presente in sala, che sarà sempre e comunque disponibile per dare sostegno oppure per procedere all’ordine nella versione “classica”. Il servizio di consegna a domicilio, invece, era disponibile in moltissimi dei nostri ristoranti anche prima dell’era Covid, grazie a molti partner di delivery. La quarantena ha accentuato l’importanza di questo servizio e stiamo lavorando a ritmi molto serrati per renderlo il più fluido e semplice possibile e per estenderlo a tutti i punti vendita in grado di sostenere questo servizio aggiuntivo.

Infine, come valutate l’intervento del Governo a supporto del settore e, in particolare, il tema del tax credit, compreso il cap dei 5 milioni di euro che riduce la percentuale di recupero?
Purtroppo, il limite dei 5 milioni di fatturato ha penalizzato le grandi aziende, quelle che hanno un peso rilevante per numero di location e contratti di affitto nonché per numero dei collaboratori. Il sostegno alle imprese è stato quindi decisamente insufficiente.

Andrea Penazzi

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