Skip to main content

Il nostro è un paese culturalmente tradizionalista, ancora molto moralista: le cose si fanno ma non si dicono. Prendiamo la cannabis light, sorellina “innocua” dell’erba, quella degli spinelli. Il nostro paese ne ha sempre prodotta a tonnellate, perché ha clima e terreni perfetti e la canapa veniva buona per gli usi più diversi.

Ora si è tornati a fumarla, legalmente, ma solo se il principio attivo da sballo (thc) è ridotto al minimo, sotto allo 0,6%. E quindi non fa sballare.

Quella strong si trova, si fuma ma è illegale. Mentre in mezzo mondo non lo è più: tanti stati USA, Canada, Olanda, Spagna ecc. Da noi è ancora considerata una droga. Leggera, ma droga. E quindi si è introdotta quella light che – raccontano i produttori – rilassa e piace, dai 18enni ai 90enni come ricordava recentemente un articolo di Repubblica.

Un prodotto con una vita difficile, odiato dai proibizionisti-sovranisti. Che negli utlimi anni hanno reso difficilissima l’attività retail, su strada, di chi vuole vendere cannabis light. Ma i produttori non mollano e nemmeno i loro distributori, che sognano ovviamente la liberalizzazione completa della sostanza (togliendone i ricavi alle varie mafie e portando grandi soldi a sé stessi e al fisco) ma intanto “si accontentano” delle vendite online. Che crescono a due/tre cifre anno su anno. Un mercato ancora piccolo ma con una crescita enorme ed enormi ricavi potenziali.

La politica si divide: sta a guardare, oppure osteggia ideologicamente o ancora prova a far comprendere i benefici della liberalizzazione.

Comunque la strada è segnata, la liberalizzazione arriverà e con essa ci saranno nuove catene retail dedicate a questo prodotto. C’è da scommeterci.