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Il marchio piemontese, oggi sotto l’ombrello di Unilever, torna a investire sulla rete dei negozi. “Siamo gli unici, tra i competitor, ad abbinare il canale del confezionato e il canale retail” racconta in questa intervista la general manager, Sara Panza.

sara panza grom

Dopo l’acquisizione da parte della multinazionale Unilever nel 2015, il gelato “come una volta” del brand nato in Piemonte nel 2003 sembrava destinato solo alla vendita nella GDO e al “direct to consumer”. Dopo alcune chiusure avvenute tra il 2019 e il 2020, oggi Grom riparte con lo sviluppo retail e vede un ritorno dei consumatori nei punti vendita (+44%) e un fatturato in crescita (+33% sul 2022). Per la catena, dunque, le gelaterie rappresentano ancora un asset centrale. Anzi, sono qualcosa di più.

Come è cambiato Grom in questi anni e in quale direzione va oggi il brand?

Abbiamo preso ancora più consapevolezza del modello di sviluppo del marchio, che prevede la presenza sia nella gelateria che nella GDO. I diversi canali convivono bene insieme perché hanno un ruolo diverso. La gelateria è per noi “source of business” ma è anche un canale “media” di eccellenza: è come investire in una campagna TV. Entrare in un punto vendita Grom è un’esperienza ingaggiante: ci si guarda intorno e poi, nella maggior parte dei casi, si acquista. Quel tempo, nel quale il consumatore sperimenta il brand, per noi equivale a 4-5 minuti di uno spot di qualità elevata.

Le gelaterie, quindi, sono ancora centrali per il marchio. Dopo le chiusure del 2019-20, ricominciate ad aprire.

Il nostro network è come un organismo vivente, come una pianta. Tutti gli anni bisogna potare un ramo per farne crescere un altro. Da un anno all’altro cambia il flusso di traffico, ci sono dinamiche esogene che vanno riviste continuamente.

I consumatori tornano in gelateria: +44% di clienti nel 2022…

Siamo contenti della crescita. A livello globale, nel 2022 abbiamo registrato un +33% del fatturato. E in questo contesto le gelaterie hanno avuto un’ottima performance. Usciamo da un periodo molto particolare che ha scombussolato i flussi di movimento dei consumatori. Le persone hanno più voglia di uscire e questo ha inciso molto sui risultati.

Prossime aperture?

Ci sono state 8 aperture nel 2022. Nel 2023, per festeggiare i 20 anni del brand abbiamo inaugurato un nuovo punto vendita a Milano, in corso Garibaldi (nella foto) e abbiamo da poco aperto due locali a Roma. A fine anno saremo a Napoli, in Via Toledo. Sono 12 i punti vendita previsti per il 2023. Ci piace aprire sul finire dell’anno solare. Questo ci consente di rodare il locale e arrivare più preparati all’avvio della stagione. Questo, però, non sempre è possibile, anche per i tempi tecnici di approvazione, soprattutto quando siamo su high street.

grom milano garibaldi

Preferite aprire su strade o nei centri commerciali?

Per ragioni operative, aprire nei centri commerciali è più facile e più veloce. Di solito, lo facciamo nella prima parte dell’anno. Le date di aperture su strada, invece, sono più “mobili”. Il 30% della rete è nei centri commerciali e da pochi mesi siamo anche al ToDream a Torino.

E per quanto riguarda il travel?

Ci interessano di più le stazioni rispetto agli aeroporti. Siamo presenti in quelle di Roma e Firenze che hanno un buon volume di traffico. Tendiamo, invece, a escludere stazioni più piccole.

Espanderete la vostra rete anche all’estero?

Abbiamo ancora locali all’estero. Ma il focus principale in questo momento è l’Italia.

Qual è il valore aggiunto che Unilever ha portato in Grom e viceversa?

Quello tra Grom e Unilever è un matrimonio di interessi e di passione: Grom porta a Unilever un elemento di expertise nel mondo del gelato artigianale. Mentre Unilever porta a Grom l’esperienza di una grande multinazionale capace di raggiungere un pubblico molto più ampio. Ma è anche un matrimonio di passione visto che io ho un background di 25 anni in Unilever. C’è, quindi, l’attaccamento alla maglia, diciamo così, e un’attenzione alle cose fatte per bene.

I rincari delle materie prime, come latte, zucchero, uova, quanto hanno inciso sui vostri costi?

I rincari hanno avuto un impatto anche su Grom. C’è un lavoro continuo sulle contrattazioni per migliorare e ottimizzare i costi. Il nostro è un prodotto di elevatissima qualità ma il costo del confezionato non è aumentato tanto quanto gli altri. Latte e uova sono una parte importante del prodotto e arrivano da fornitori italiani vicini al punto di produzione. Sicuramente il fatto di avere una filiera corta ci ha aiutato a contenere i costi.

Il mondo del gelato vive un momento di grande trasformazione e innovazione del prodotto (per esempio: biscotti e cioccolatini trasformati in gelato) e cresce il fuori casa. La trasversalità di Grom (Gdo, gelaterie) permette anche al brand di sperimentare nel prodotto e nell’offerta?

È bello che ci sia tanto dinamismo nel settore. Anche Grom guarda alle nuove modalità di consumo. Alcuni esperimenti sono stati fatti anche in passato nel mondo delle gelaterie e, più in particolare nei centri commerciali: avevamo introdotto un caffè con spalmabili al pistacchio o al gianduia e panna. Sicuramente continueremo a sperimentare e a innovare ancora il prodotto.

Lavorate con le maggiori piattaforme di delivery. C’è ancora voglia di venire in gelateria per una vaschetta da portare via oppure sono cambiate le abitudini e si preferisce ordinare da casa o comprare al supermercato?

Il periodo del Covid ha sicuramente sdoganato l’idea del consumo e dell’acquisto online. Adesso ci stiamo assestando e trovando un equilibrio, la vera dimensione del mercato tra la voglia di uscire e la scoperta di questo modo di ordinare che continuerà a esistere. Ma va detto che quello della vaschetta ordinata da casa non è ancora un consumo importante.

Qual è la vostra unicità rispetto ai competitor?

Il modello di sviluppo di Grom prevede la presenza su tutti i canali. È questa la nostra l’unicità. Di fatto, in Italia e all’estero, non ci sono brand di gelaterie con questa doppia anima: gelateria da un lato e confezionato dall’altro.

In vista delle nuove aperture siete alla ricerca di personale, di “conisti”: quali sono le figure richieste? È prevista anche la formazione?

Nei nostri negozi abbiamo un percorso di formazione che insegna come raccontare, come vendere il prodotto, come presentarlo e come servirlo. Non si tratta solo di un gesto estetico: il nostro prodotto non contiene additivi ed emulsionanti, ha una consistenza particolare per cui per poterlo servire sul cono ha bisogno di essere “lavorato” e avere la consistenza giusta, più morbida, per essere servito sul cono. Adesso stiamo cominciando a riproporre l’assaggio, soprattutto in alcune location dove ci sono più turisti. Questo fa parte dell’esperienza di acquisto in gelateria. Un aspetto importante del consumo del gelato che in questi anni i clienti ricominciano a cercare sempre di più.

di Paola Oriunno

L’intervista completa è disponibile sul numero di ottobre 2023 di retail&food

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