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Nel primo semestre del 2024 sono stati aperti in Italia 2.160 nuovi punti vendita e la previsione è di chiudere l’anno a 5.580, pari a un tasso di aperture del +6,6% rispetto al 2023.

Sono i dati del centro studi di Confimprese, in collaborazione con Global Strategy, diffusi durante il Retail summit di Stresa organizzato dalla stessa Confimprese con Jakala e The Innovation Group. Le nuove aperture sono equamente distribuite tra dirette e franchising. Sempre in primo piano il food.

«Nonostante le tensioni internazionali e le dinamiche macroeconomiche – afferma Mario Resca, presidente Confimprese (in foto) – il 2024 dovrebbe essere un anno positivo per le reti di punti vendita, trainato dal settore della ristorazione. Rispetto alle stime di inizio anno registriamo una buona tenuta del retail che, rispetto al commercio tradizionale, può contare sulla forza del brand sviluppato attraverso le catene distributive. Tuttavia, siamo penalizzati dalla asimmetrie tra off e online“.

Tra canoni e razionalizzazione della rete

Dall’analisi, però, emergono anche alcune ombre. Il trend di chiusura di punti vendita dovrebbe risultare debole fino alla fine del 2024, pari a circa il 2% di chiusure rispetto al 2023. Nel 65% dei casi (erano possibili risposte multiple), chi ha chiuso indica la razionalizzazione della rete distributiva come causa principale. Ma una quota ancora superiore, ossia il 70% delle risposte, indica l’eccessiva onerosità delle location come motivazione, 11 punti percentuali in più rispetto alla rilevazione precedente. Segno del peso sempre più evidente del caro-affitti.

Quanto ai canali di vendita, come nel 1° semestre, il canale di sviluppo prioritario per tutti i settori è quello dei centri commerciali/outlet, retail park e travel, indicati dal 100% delle aziende di abbigliamento-accessori, dall’82% della ristorazione e dal 62% di altro retail. Significative le aperture anche nei negozi di prossimità e aree periferiche e nelle vie dello shopping delle grandi città, privilegiate dal 38% di altro retail, dal 33% di abbigliamento-accessori e dal 29% della ristorazione.

Spingere sull’adozione dell’AI

Durante i lavori, inoltre, è stato approfondito il tema dell’intelligenza artificiale e del suo grado di utilizzo nel mercato. “La ricerca condotta da Jakala – commenta Marco Di Dio Roccazzella, general manager Jakala – evidenzia diversi ambiti di applicazione dell’AI, che spaziano dal marketing e dal miglioramento della customer experience fino alle funzioni corporate, con un impatto significativo sulla riduzione dei costi, sull’efficienza e sull’aumento della produttività. L’AI generativa viene sperimentata con successo soprattutto nella comunicazione personalizzata e nel servizio clienti, grazie alla sua capacità di creare contenuti marketing su misura e automatizzare il supporto con un alto livello di sofisticazione, migliorando notevolmente l’interazione con i clienti.

Il 62% dei rispondenti applica l’AI nell’ambito dell’iper-personalizzazione, incrementando l’open rate delle campagne fino al 15% e il tasso di conversione fino al 25%. Il 42% dichiara di usare l’AI per definire il mix degli investimenti di marketing e circa il 30% per prototipi e redesign dei prodotti. È interessante notare che solo il 19% dei ceo dichiara di adottare l’AI per lo sviluppo di modelli di pricing. Questo conferma che il settore retail ha ancora un ampio margine di miglioramento per sfruttare il potenziale dei dati per definire politiche di offerta e di pricing”.

Il campione delle aziende rispondenti è composto dal 44% da retailer appartenenti al settore ristorazione, dal 26% da abbigliamento-accessori e dal rimanente 30% da altro retail (al cui interno i settori casa-arredo, elettronica e telefonia  sono i più rappresentati).

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