R-Store acquista il concorrente Juice e ora, con una rete di 100 punti vendita, diventa il numero uno in Italia tra i Premium Reseller partner di Apple in Italia.
Nasce un gruppo da 900 dipendenti e un giro d’affari intorno ai 600 milioni. Ecco l’intervista che abbiamo realizzato con l’amministratore delegato Giancarlo Fimiani, pubblicata sul numero di Dicembre della rivista retail&food.
A che cosa si deve il successo della vostra formula retail?
Per tutti gli utenti della Mela, rappresentiamo l’esperto Apple più vicino al cliente. Nei nostri negozi si fruisce di un’ottima experience a tutti i livelli, come assistenza pre, durante e post vendita. Se escludiamo l’on line e il negozio diretto Apple, ormai sul territorio ci siamo noi e i gli store della Gds/Gdo. Però abbiamo la certezza di offrire una qualità di servizio di gran lunga superiore, rispetto ai negozi in cui vengono venduti indistintamente tutti i prodotti di elettronica.
Come sarà la trasformazione dei negozi a marchio Juice entrati in portafoglio?
Dal punto di vista della ragione sociale, già da gennaio diventeranno R-Store. Per quanto riguarda il rebranding, invece, vogliamo valutare con calma. È un aspetto su cui non c’è fretta e su cui, anzi, preferiamo non stravolgere abitudini consolidate dei clienti. Al momento, quindi, restano così.
Confermata la formula della gestione diretta?
Al 100%. Il franchising non fa parte del modello di business e non si confà al tipo di qualità che vogliamo mantenere.
Quanto curate la formazione del personale per mantenere un livello di assistenza così alto?
Garantiamo agli addetti non meno di 120-130 ore di formazione l’anno, è indispensabile per distinguerci dagli altri. Proprio l’anno scorso abbiamo rivisto e migliorato il nostro piano di formazione, che ormai è sempre più simile a quello originario di Apple. Questa attenzione riguarda sia gli addetti dei negozi sia i nostri consulenti b2b, che vanno nelle aziende o nelle istituzioni. Il concetto chiave della formazione è che il nostro personale non insegna soltanto a usare un device, ma permette al cliente a 360 gradi di stare al passo con la digitalizzazione di oggi, che permea ormai le nostre vite in ogni aspetto.
Restiamo sul retail. Ora assisteremo a una fase di consolidamento o proseguiranno nuove aperture?
Se mi passa la battuta, il retail è una brutta bestia. Fermarsi è rischioso e dunque, dove ci saranno le possibilità, non mancheranno nuove aperture.
Quali sono i canali commerciali privilegiati e che differenze presentano?
Noi preferiamo stare in centri commerciali grandi, caratterizzati da un forte passaggio, e nei centri storici delle città, meglio ancora se nelle vie dello shopping di lusso. Perché lì sappiamo di catturare un profilo di clientela adatta. Fra i due canali, non cambiano esigenze e richieste che riceviamo dall’utenza. È diverso il numero dei passaggi, perché nei negozi del centro commerciale entrano più persone, ma questo non corrisponde per forza a più fatturato, molti magari entrano per guardare. Ci sono negozi che performano ottimamente in entrambe le vesti.
Considera questo successo una bella storia di imprenditoria del Sud?
L’azienda è nata a Napoli, la sua anima è napoletana a qui in Campania mantiene il quartier generale. Ma se devo essere sincero, questo è un tema più mediatico che reale. A Napoli è in tutto il Sud ci sono ormai tantissime aziende ottime e di grandi dimensioni, persino gli ultimi dati sul Pil hanno messo in mostra una crescita al Sud doppia rispetto a quella del Nord.
Dopo questa operazione, quale sarà il prossimo passo? L’estero?
In Italia ormai siamo i primi e in effetti i giochi sono fatti. Quindi la risposta è sì. Prima ottimizziamo al meglio le attività nei confini nazionali, dopo andremo a vedere quel che si può fare fuori. Abbiamo raggiunto una dimensione tale da permettercelo.
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