Nel mare di pagine che rappresentano i bilanci di sostenibilità pubblicati dalle imprese retail italiane, ci sono tante parole, ma ancora pochi dati concreti.
È quanto emerge dalla seconda edizione del Retail ESG Pulse-Check Italia 2024 pubblicato da Bain & Company, che ha preso in analisi gli ultimi bilanci di sostenibilità (32 in totale), pubblicati dai maggior player di ciascun settore merceologico.
In media, sul totale retail, solo il 41% delle aziende (la percentuale è calcolata a valore di mercato, non sul numero di imprese) pubblica informazioni di tipo Esg. La percentuale è in calo di due punti rispetto alla rilevazione precedente.
Adempie l’80% del mercato nel caso della Gdo, il 54% del comparto profumeria, il 33% dell’elettronica e via via a scendere fino al 5% della ristorazione.

“I risultati del nostro studio mostrano come i retailer italiani abbiano iniziato a comprendere l’importanza strategica dell’ESG, ma per colmare i gap attuali è necessario un cambio di passo,” ha dichiarato Andrea Petronio, Partner di Bain & Company Italia.
Oltre al ritardo nell’adesione generale, quel che emerge dal report è la scarsa “misurabilità” di alcuni impegni Esg definiti dalle imprese.
Su questo aspetto, Bain ha analizzato tanti temi particolari, suddivisi in quattro grandi aree: Natura e Clima, Persone e Inclusione, Gestione Sprechi e Circolarità, Divulgazione/Trasparenza. In ciascuno di questi, gli analisti hanno verificato la presenza di KPI quantitativi che permettessero di soppesare, ed eventualmente anche comparare, l’impegno delle varie insegne.
Ci sono alcuni aspetti in cui le aziende, in media, forniscono dati esaurienti. Ad esempio, sugli obiettivi legati alla riduzione della Co2, nell’81% dei casi ci sono i numeri rispetto a Scope 1 e 2, solo nel 69% rispetto a Scope 3. Nel capitolo su persone e inclusione, l’88% del mercato indica il numero di donne dipendenti e dirigenti, ma appena il 53% accenna al divario retributivo, il 69% a quante donne ci siano nel Cda.
Anche rispetto alla circolarità, l’88% pubblica il numero di prodotti o materiali considerati “sostenibili”, ma solo il 56% dà un peso concreto al packaging realmente riciclato/compostato, mentre il 72% propone un Kpi sulla % di rifiuti recuperati.

Dal punto di vista del Kpi, le lacune si avvertono non solo rispetto a quanto fatto, ma anche circa gli obiettivi futuri.
Ad esempio, alla voce “Presenza di obiettivi futuri circa % di rifiuti recuperati”, solo il 20% della Gdo specifici obiettivi, solo il 17% delle insegne di abbigliamento (la media è 44%). Sul fronte “presenza di obiettivi circa materiali riutilizzati a ridotto impatto ambientale” la Gdo segna un 20% di indicazioni, la ristorazione il 40%, l’abbigliamento il 100%.
Nell’ambito delle persone e delle differenze di genere, solo il 28% della media indica obiettivi misurabili relativi al “divario retributivo” (10% nella Gdo, 17% abbigliamento, 40% ristorazione, 45% altri settori) e solo il 38% indica obiettivi a livello di percentuale di dirigenti donne.

Percentuali molto più alte, invece, si recuperano a livello di Trasparenza e tracciabilità della filiera.
L’intero report si può scaricare a questo link: QUI
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