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Cigierre ha chiuso il 2024 con vendite a 545 milioni, un Ebitda che sfiora il 12% e un portafoglio di 362 ristoranti.

Il gruppo friulano compie 30 anni e con Old Wild West è tra i protagonisti più longevi della ristorazione di catena in Italia. Uno dei pochi, tra l’altro, con una presenza stabile oltre confine. Il 2024 è stato utilizzato per rimodulare il portafoglio: via Temakinho (ceduto a Mutares), dentro Smashie, neonato format che segna il primo esempio di quick service per Cigierre. Nel 2025, pronte una quindicina di aperture, per poi correre di più dall’anno successivo. Come spiega in questa intervista il Direttore generale corporate, Stefania Criveller, che parla anche del giusto equilibrio tra franchising e gestione diretta.

Quali sono i numeri chiave del bilancio 2024?

Nel 2024, il network di Cigierre ha registrato un sell out di 545 milioni di euro, in continuità con quello dell’anno precedente, segnando un incremento del 5% a perimetro costante per i ristoranti a gestione diretta. Quindi siamo soddisfatti, in particolare perché torniamo a una forte marginalità, con un Ebitda che si è attestato a 64 milioni (pari all’11,7%).

Quali e quanti sono, oggi, i ristoranti del gruppo?

Sono 362, distribuiti tra i vari brand, tra Italia ed estero. La maggior parte appartiene a Old Wild West (266), di cui 244 in Italia, 19 in Francia, 1 nel Principato di Monaco e 2 in Svizzera. Seguono i ristoranti di Pizzikotto (35), Wiener Haus (25), America Graffiti (22), Shi’s (10) e Smashie, il brand più recente, che conta solo 3 ristoranti in Italia, ma che possiede un grande potenziale di sviluppo futuro.

Qual è la vostra impressione sui consumi?

Rispetto alla ristorazione, osserviamo un graduale ritorno dei consumatori verso il casual dining, dopo anni in cui, in effetti, la preferenza si era spostata sul fast food. L’ultimo trimestre 2024 era andato molto bene. A gennaio è proseguito il trend positivo, anche se rallentato, probabilmente come reazione al mini boom di consumi delle festività.

E nei prossimi mesi?

Le prospettive sono buone, soprattutto se, dopo il recente taglio, verrà confermata la politica Bce di allentamento dei tassi di interesse, che si riflette sulla propensione alla spesa delle famiglie. La nostra fascia di clientela è molto sensibile a questi cambiamenti, perché nel pratico ogni alleggerimento delle rate di mutui o prestiti, si traduce nella possibilità di concedersi una cena in più al ristorante.

Con quale ritmo procederà lo sviluppo di Cigierre nel prossimo biennio?

Gli anni post Covid sono stati impegnativi, perché le imprese hanno dovuto allocare maggiori risorse per onorare gli interessi passivi, a scapito degli investimenti. Nonostante questo, Cigierre ha sempre messo a segno almeno una decina di nuove aperture l’anno. Anche nel 2025 prevediamo circa 15 opening, per poi irrobustire il numero dal 2026.

In quali direzioni?

Vedo ancora tanto spazio per crescere in provincia, sia al Nord sia al Sud, un contesto in cui i nostri format funzionano bene. Il travel è interessante, mentre per quanto riguarda i centri commerciali, siamo nati nei mall e li guardiamo sempre con attenzione. Ma è vero che ormai siamo presenti in tutti quelli principali.

Old Wild West è il marchio di punta, che ha accompagnato la crescita di Cigierre in questi 30 anni. Com’è cambiato?

Oggi il target di riferimento di Old Wild West è molto trasversale. Le famiglie con bambini sono sempre centrali, ma stiamo crescendo anche sui lavoratori della pausa pranzo e investiamo per coinvolgere i giovanissimi, che vanno catturati con strumenti digitali e messaggi in cui si riconoscano. Penso alla campagna dello scorso novembre creata con Kendal (uno youtuber con circa 2 mln di iscritti, noto per le sue sfide a Minecraft ndr). Rispetto al prodotto, manteniamo la massima attenzione sulla qualità della carne, ma abbiamo allargato il menù con opzioni al 100% vegane, abbiamo inserito il pesce e moltiplicato le proposte nella fascia più abbordabile di prezzo.

Come va Smashie, il nuovo format lanciato l’anno scorso?

Era un tassello che mancava, il primo brand in cui usciamo dal casual dining, quindi senza servizio al tavolo. Si presta bene per le food court ma anche per i centri città. Procediamo con i piedi per terra, ma dopo i primi tre punti vendita, qualcosa si muoverà ancora.

Il 2025 porterà nuovi brand Cigierre, tramite acquisizioni o lancio di format proprietari?

A oggi, possiamo solo rispondere “mai dire mai”.

Franchising o gestione diretta, un equilibrio delicato. Alcuni brand, nel fast food, stanno abbassando la quota di affiliazione. Qual è la vostra posizione?

L’affiliazione è sempre stata un asset strategico per Cigierre, che soprattutto agli inizi ci ha permesso di aprire molto e andare a occupare numerosi spazi. L’arrivo dei fondi, nella compagine sociale, ha portato un cambiamento. Oggi siamo intorno a un terzo dei locali a gestione diretta e due terzi affiliati, ma in effetti negli ultimi anni le nuove aperture sono state grosso modo suddivise a metà.

Qual è il mix migliore?

Non ci sono percentuali predefinite. Ci sono pro e contro perché l’affiliazione permette di crescere rapidamente, ma riduce la redditività. La gestione diretta apporta tutto il fatturato in casa, ma necessita di capex importanti. Certo, una rete basata solo sull’affiliazione non è ideale poiché solo la gestione diretta fornisce quel know-how che consente di conoscere a fondo il business e, di rimando, essere un partner affidabile per gli affiliati. Il franchising è un’avventura che va vista sul lungo periodo, vincente solo se entrambe le parti sono allineate. Su questo, possiamo dire di aver fatto un buon lavoro. Abbiamo franchisee che sono con noi sin dall’inizio, a partire dall’imprenditore che nel 2005 aveva inaugurato il nostro primo franchising a Milano Bicocca.

Uno dei temi più spinosi del foodservice di oggi è il reperimento del personale. Come lo affrontate?

Non ci nascondiamo, di certo non è un periodo in cui la ristorazione sia sommersa da curriculum in arrivo e hanno ragione i responsabili Hr quando spiegano che non è più l’azienda, ma il dipendente, a scegliere. Per sua natura, questo settore sarà sempre soggetto ad alti tassi di turnover. Detto questo, i gruppi seri, come il nostro, conservano alcune carte da giocare. Non è solo una questione di stipendio, su cui siamo legati ai contratti di settore, ma di proporre opportunità di crescita concrete unite alla flessibilità richiesta oggi. Noi pensiamo di riuscirci, allestiamo tante iniziative con le scuole, abbiamo una “academy” interna di formazione e siamo inclusivi in tutti i sensi. Ad esempio, organizziamo corsi di lingua italiana per agevolare l’ingresso in cucina e in sala a nuovi addetti di origine straniera.

Qual è l’identikit dei vostri dipendenti?

Oggi il 56% dei nostri dipendenti è a tempo indeterminato (+2% sul 2023), a conferma dell’impegno nel promuovere stabilità e crescita. Con una demografia aziendale giovane: l’età media è 29 anni e il 63% ne ha meno di trenta.

A proposito di inclusione, come curate la parità di genere?

Oggi sono donne il 49% dei dipendenti e il 42% dei direttore di ristorante. In più, abbiamo ottenuto la certificazione per la parità di genere UNI/PdR125 rilasciata da Bureau Veritas Italia.

Adriano Lovera