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Con una rete che ha superato i 200 negozi nel mondo e un fatturato che, a fine anno, dovrebbe avvicinarsi ai 300 milioni di euro, Venchi è uno di quei marchi che appartengono alla tradizione italiana del cioccolato. Ma che allo stesso tempo hanno interpretato l’avventura retail in chiave moderna.

Venchi è presente in oltre 70 Paesi del mondo. Il marchio conserva ancora il cognome di Silviano Venchi, il fondatore che nel 1878, a Torino, iniziò a “sperimentare” il cioccolato. Ma la famiglia originaria non fa più parte del gruppo. Venchi è una multinazionale con l’impianto produttivo radicato nel cuneese, a Castelletto Stura, ma con uffici che vanno da Milano ad Hong Kong. Due terzi della produzione di cioccolato viene esportato. Come punti vendita, dalla Florida a Parigi, passando per il Dubai Mall, sta avanzando al ritmo di due aperture al mese. La dimensione e la strategia attuali si devono Daniele Ferrero, che dalla fine degli anni Novanta guida il gruppo. Una strategia che ha dato ottimi frutti e che ha convinto anche la famiglia De Agostini a investire nel progetto. Come racconta lo stesso Daniele Ferrero in questa intervista (pubblicata sul numero di marzo aprile di retail&food).

Partiamo da una delle operazioni più recenti, l’ingresso di De Agostini con circa il 10% del capitale. Qual è il significato di questa apertura del capitale?

Questo passaggio rappresenta un passo strategico per il gruppo, finalizzato a rafforzare ulteriormente la crescita e consolidare la nostra posizione nei mercati globali. Sul fronte del capitale, nel 2022 abbiamo coinvolto i manager nell’azionariato, anche questo un passo fondamentale per allineare la strategia di crescita e favorire una maggiore condivisione delle informazioni economico-finanziarie.

Questo potrebbe aprire la strada a integrazioni con altri brand?

Direi di no. I De Agostini sono entrati in Venchi come famiglia. Questa partecipazione non ha niente a che fare con quelle portate avanti dai fondi di Dea Capital o da altri veicoli riconducibili ai De Agostini. Peraltro, nella storia di Venchi è accaduto spesso di accogliere nuovi partner, tra cui family office.

Torniamo indietro con un po’ di storia. Che cos’era Venchi alla fine degli anni ’90, quando l’avete rilevata? 

Era un marchio con una grande storia alle spalle, ma che necessitava di un rilancio. Nel 1998 io e altri due imprenditori abbiamo deciso di rilevarlo con l’obiettivo di valorizzare la sua tradizione artigianale e portarlo verso una nuova fase di crescita. Poco dopo, è stato inaugurato un nuovo stabilimento a Cuneo. E nel 2000, Venchi ha aperto il suo primo store presso l’aeroporto di Fiumicino a Roma, segnando l’inizio della strategia di espansione retail. Poi, nel 2006, abbiamo introdotto il concetto di “Chocogelateria”, affiancando il gelato artigianale fresco alla produzione di cioccolato. Questo modello ha avuto un grande successo, portando Venchi a espandersi a livello internazionale. Nel 2011 è stato inaugurato Hong Kong, nel 2012 Londra. E da lì siamo partiti verso traguardi come New York, dove oggi abbiamo ben 7 punti vendita.

Quali sono i numeri di oggi?

I punti vendita sono 203, tutti a gestione diretta nel mondo, ad eccezione di Indonesia, Filippine e Paesi del Golfo Persico.

Neppure nel travel guardate ai grandi partner del franchising?

Per ora in Italia siamo andati bene così. Ma in realtà abbiamo un atteggiamento molto laico, dietro questa strategia non c’è chissà quale preclusione verso il franchising. Dipende dall’opportunità specifica. Come detto, in Medio Oriente collaboriamo con grandi realtà come Azadea o Qatar Duty Free e in quel caso siamo soddisfatti.

Rispetto al bilancio, avevate dichiarato per la chiusura 2024 l’obiettivo di 250 milioni di ricavi. Risultato centrato?

Sì, il 2024 si è chiuso intorno a questa cifra, che corrisponde a una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Quanto ai margini, siamo intorno al 20% di Ebitda. Mentre per il 2025, l’obiettivo è raggiungere 290 milioni di ricavi.

Quanto, dei ricavi, proviene dalle vendite dei negozi Venchi e quanto dalla rete dei distributori?

La nostra rete retail rappresenta il principale driver di ricavi del gruppo.

Avete una rete estesa di distributori, ma non portate il vostro cioccolato nella Gdo. Sarà così anche in futuro?

Oggi la selezione dei distributori avviene con grande attenzione, privilegiando partner che condividano i nostri valori e il nostro posizionamento premium. Collaboriamo esclusivamente con premium key account e specializzati, evitando la Gdo per mantenere l’elevata qualità percepita del brand. L’obiettivo è assicurare che il nostro prodotto venga presentato nel contesto giusto con l’adeguata presentazione ed esperienza.

E invece, quanto puntate sull’offerta bar caffetteria?

A dire il vero, questa è un’offerta che mettiamo a disposizione solo in alcuni punti vendita, ma lo considero un servizio ancillare che si sposa solo in determinate location. Il cuore rimane la cioccogelateria.

Quali sono i principali competitor e in che cosa vi differenziate?

Sono tantissimi. Se parliamo del cioccolato, il mercato è enorme, da Lindt a Perugina a Godiva. Lo stesso vale per le gelaterie. Noi siamo certi di proporre un gelato premium, fatto all’italiana, preparato in loco con latte e frutta fresca. Altre aziende hanno scelto la strada del polo di produzione centrale, da cui il prodotto parte verso la rete dei punti vendita. È un po’ diverso. E non è neppure detto che consenta dei risparmi operativi.

Tra i canali di vendita, siete presenti con poche unità nei centri commerciali o negli outlet. Come mai?

Al loro interno quasi sempre c’è già una gelateria indipendente o magari addirittura proprietaria. Sia nei negozi, sia nell’àncora Gdo, si trova tutto il cioccolato che si vuole. Insomma, le gallerie sono piene di prodotto affine. Quindi rimaniamo presenti solo in particolari location premium, tipo City Life a Milano.

Nel commercio di oggi, uno dei concetti più citati, persino abusati, è “esperienza”. Qual è l’esperienza che cercate di offrire da Venchi?

L’intento è ricreare il “come se fosse in Italia” in giro per il mondo. La bellezza e la cura che cerchiamo di tramettere nei negozi riflettono questo concetto. Quello che piace dei negozi Venchi è questa gioia di piacere positivo che vogliamo trasmettere tutti i giorni, tutti i momenti. Nel nostro piccolissimo proviamo a migliorare con un momento di coccole e dolcezza la vita dei clienti.

Veniamo ad alcuni aspetti della congiuntura, che vede ancora un tenore dei consumi incerto. Che cosa avete notato nei vostri negozi?

Per il momento i consumi stanno continuando a crescere. Vero è che col prezzo del cacao in aumento costante, ci sarà un inevitabile calo di consumi, dovuto all’aumento dei prezzi.

Quanto impatta il caro-materie prime e come vi muovete sulla politica di prezzo?

Per dare una proporzione, nell’ultimo anno le oscillazioni del costo del cacao ci hanno portato ad aumenti del prezzo medio di acquisto del +30/+40% rispetto al 2023, ma in alcuni casi abbiamo assistito a picchi del +600%.  Come gran parte dei nostri competitor, per fronteggiare i rincari siamo intervenuti con adeguamenti dei listini prezzi, anche se non è l’unica leva per salvaguardare la marginalità del gruppo. Grazie ai numerosi investimenti effettuati sull’impianto di produzione, un maggiore utilizzo di fonti di energia rinnovabili e con costanti analisi di miglioramenti dei processi interni e dei flussi della nostra supply chain, siamo riusciti a compensare in parte l’aumento dei costi delle materie prime.

Parliamo di Esg. Che cosa pensa del cambiamento climatico? Di là dell’Atlantico sembra quasi messo in discussione…

Figuriamoci, il climate change è nei fatti, non è un’opinione, e impone dei cambiamenti obbligatori. Nel food, poi, trovo sia un problema ancor più grave di quanto si pensi. Si abbatte sulle coltivazioni di cacao, sulla nocciola del Piemonte, così come in decine di altri tipi di colture, specialmente nelle zone in cui si sono susseguiti anni di monocoltivazione. E non è solo questo il problema. Credo che i vari Paesi possano avere un diverso approccio nelle politiche e nel mondo di affrontare la questione, ma che si debba intervenire è fuori discussione.

Voi ultimamente che cosa avete fatto a livello di sostenibilità?

Un investimento importante ha riguardato il nostro impianto di produzione, che è stato quasi decarbonizzato. Sono stati sostituiti i macchinari più vecchie, le pompe di calore hanno preso il posto delle unità tradizionali di condizionamento, abbiamo inserito batterie ad accumulo e via via sale il livello di efficienza. Certo non vogliamo raccontare una favola, il polo produttivo difficilmente può andare al 100& a energia verde. Il “delta” che ci separa da quella soglia viene coperto tramite i certificati verdi. Inoltre, tutta l’acqua utilizzata per la produzione viene trattata e filtrata, mentre a livello di prodotto stiamo per lanciare la prima vaniglia totalmente sostenibile, sia ecologicamente che socialmente, in collaborazione con la fondazione Hakuna Matta di Algebris. E stiamo riducendo la plastica dai negozi.

Un altro mantra del momento è l’intelligenza artificiale. Come viene utilizzata in azienda?

L’Ia ormai pervade tutto. Noi stiamo già adottando tutto quello che Microsoft fornisce negli applicativi office, ma abbiamo anche un nostro reparto ricerca e sviluppo che sta mettendo a punto almeno 6 applicativi specifici, che vanno dal customer care all’Advance planning system.

Ce lo fa un esempio preciso?

Certo. Uno di questi applicativi è un tool scritto in codice Python che dopo tre mesi di test iniziamo a implementare nei negozi. Serve a “miscelare” ben 54 variabili diverse e proporre ai responsabili del negozio la soluzione più efficiente a livello di shift del personale. Prendiamo il negozio milanese della centralissima via Dante: sapendo che quel giorno x ci sarà la mezza maratona, sapremmo che in certi orari il negozio sarà pressoché vuoto, poi un picco di cliente, ma che in caso di sole ci saranno determinati afflussi, che cambiano in caso di maltempo. Ed essendo l’applicazione integrata con l’Erp in uso, sarà in grado di proporre una soluzione specifica che già tiene conto delle caratteristiche e dei turni ferie/riposo/permessi dei singoli addetti di quel negozio.

Finiamo. Che cosa vuole diventare Venchi nei prossimi cinque anni?

Vogliamo migliorare su ogni singolo aspetto dell’esperienza cliente, che sia essa digitale o fisica, cioccolato o gelato, e contiamo di aumentare la nostra presenza in diversi Paesi, soprattutto nei nodi centrali del turismo mondiale, in particolare nei grandi aeroporti.

Adriano Lovera