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Attraverso SoftBank Robotics, filiale specializzata in robotica della multinazionale di origini giapponesi SoftBank, sul mercato sono stati introdotti oltre 20mila robot umanoidi Pepper: un ponte fra retail fisico e processi di digitalizzazione. Ma il vero obiettivo è la piena automazione dello store (alla faccia di Amazon).

Il decennio appena chiuso, in tema di innovazione per il retail, è stato quello della digitalizzazione. La corsa ad aprire account su marketplace, canali social, notifiche push e così via ha portato il mercato a un nuovo balzo in avanti: l’automazione. Dagli assistenti vocali ai robot umanoidi, passando per store senza casse ma pieni di sensori e videocamere che tengono traccia di ogni movimento del cliente per poi addebitare il costo della spesa all’uscita, c’è la firma di SoftBank Robotics. Questa filiale con sede in Francia della multinazionale giapponese SoftBank – colosso finanziario con interessi nelle telecomunicazioni, nel commercio elettronico, nel marketing – può contare sull’esperienza di Aldebaran, già produttrice dei robot NAO (ricerca ed educazione) e Romeo (assistenza), e sulla dotazione finanziaria della parent company. Il fondo Vision 1, lanciato nel 2017 con 97 miliardi di dollari di dotazione, ne ha speso circa 76 miliardi in investimenti su startup innovative che puntassero a conquistare il mercato mainstream (e il fondo Vision 2 è già sul tavolo anche se meno attraente). A livello di robotica, il risultato è stato il lancio di Pepper: primo robot umanoide capace di riconoscere facce ed espressioni basiche umane, sa utilizzare 15 lingue e interagire con le persone attraverso sensori, Led e microfoni. Il tutto mentre si sposta su ruote attraverso un sistema di navigazioni a infrarossi, sonar e camere 3D. Eppure, c’è ancora spazio per migliorare: «Sistema di mobilità dei nostri robot, interfaccia uomo-macchina e accesso al cloud», ha spiegato a r&f Nicolas Boudot, executive committee member di SoftBank Robotics e VP of sales & marketing EMEA.

Quali sono i campi di attività SoftBank Robotics e quali gli interessi nel mondo retail?

Softbank Robotics è la sussidiaria di SoftBank dedicata ai progetti di robotica nata nel 2014 all’indomani dell’acquisizione della francese Aldebaran. Un’operazione che ha dato avvio a un maggior coinvolgimento dell’azienda nel business degli umanoidi a servizio della clientela, come conferma l’investimento in Boston Dynamics avvenuto tre anni più tardi. Contemporaneamente, sono stati portati avanti progetti complementari alla robotica e relativi all’intelligenza artificiale e all’IoT. In sostanza, possiamo dire che oggi SoftBank Robotics è impegnata a sviluppare la presenza di SoftBank nel campo della robotica mettendo in sinergia tutte le conoscenze e le esperienze che emergono dai diversi settori di investimento. Un’azione che genera circa il 25% del fatturato del gruppo con il Giappone come mercato principale seguito da Cina e Stati Uniti.

E per quanto riguarda l’Europa? Quali rapporti con l’Italia?

A livello europeo, la strategia di SoftBank Robotics è quella di posizionarsi come un platform provider inclusivo capace di creare un ecosistema di aziende partner con cui sviluppare determinate soluzioni verticali a partire dai tool in nostro possesso. L’esempio migliore, in questo senso, rimane sempre Pepper, il robot umanoide che rappresenta il prodotto di punta per quanto riguarda il settore del retail e dell’hospitality. Parallelamente, sviluppiamo anche soluzioni nel campo dell’educazione che prevedono il supporto di strumenti tecnologici. Per quanto riguarda l’Italia, collaboriamo attivamente con Softec, azienda che fa parte del gruppo FullSix, che rappresenta la nostra testa di ponte per penetrare nel mercato retail.

Al di là della robotica, quali sono le aree su cui state investendo maggiormente?

Attualmente, oltre all’introduzione di soluzioni robotiche siamo molto interessati ai processi legati alla logistica e all’automatizzazione del punto vendita, con l’obiettivo di creare la nostra versione del negozio senza casse stile Amazon Go. D’altronde, come è stato per l’ondata di digitalizzazione di qualche anno fa, anche nel campo della piena automazione il retail si dimostra un settore ricettivo, aperto alle sperimentazioni. Allo stesso tempo, siamo consapevoli che il retail ha le sue regole e le sue dinamiche, a partire dal rapporto diretto con il cliente. Un aspetto che non può essere mediato fino in fondo e ci “costringe” a fare i conti con quel tocco umano, di empatia che rende unica l’esperienza d’acquisto. L’obiettivo, quindi, è quello di costruire in un’ottica omnicanale il ponte fra il mondo fisico e quello digitale e sarà più facile farlo se si trova il giusto modo, il giusto mezzo, per interagire con i consumatori.

Da questo punto di vista, Pepper rappresenta la miglior sintesi possibile. Quanti robot di questo tipo sono di attivi e in quali settori vengono utilizzati?

Ci sono circa 20mila Pepper attivi in tutto il mondo e la maggior parte di loro svolge funzioni nel retail. A livello geografico sono distribuiti principalmente in Giappone, sede del nostro quartier generale, soprattutto all’interno dei negozi di SoftBank dove contiamo circa duemila unità attive. In Europa, 200 Pepper sono stati messi al servizio di una catena di elettronica di consumo con il compito di illustrare ai clienti che entrano in negozio le promozioni attive. Un utilizzo, quest’ultimo, sempre più richiesto dalle insegne che, sostanzialmente, demandano a Pepper l’espletamento delle funzioni di marketing.

Quali altre funzioni può svolgere?

In Giappone, per esempio, i clienti che entrano in un negozio con dei bambini al seguito possono affidarli a Pepper mentre completano i propri acquisti. Grazie a un programma di edutainment, infatti, il robot riesce a intrattenere i piccoli mentre li informa sui valori e la storia del brand stesso.

Oltre a Pepper, che altri prodotti avete messo a disposizione dei retailer?

Attualmente, SoftBanks Robotics non ha messo in commercio nulla di paragonabile a Pepper in quanto a funzionalità e finalità. Come detto precedentemente, l’area di intervento maggiore è quella relativa all’automazione dell’intero punto vendita a partire dalle attività di inventario passando per il delivery e le pulizie. In tal senso, per esempio, in Giappone e Stati Uniti è stato distribuito Whiz una sorta di aspirapolvere automatico che si presta bene anche a uffici e hotel. Si tratta, in ogni caso, di soluzioni che puntano a rendere più efficiente il business abbassando e liberando la componente di lavoro umana assegnata a certi compiti.

E quali sono le difficoltà lungo questo percorso?

Innanzitutto possiamo dire che il trend dell’automazione è stato abbracciato da tutti i player del retail. Tuttavia se da un lato c’è un forte interesse all’integrazione delle innovazioni tecnologiche, dall’altro si rischia di passare da un progetto all’altro senza avere il tempo per dispiegare il pieno potenziale delle soluzioni adottate. Questo perché, a fronte di capitali investiti ancora bassi, si richiedono riscontri immediati. Per quanto riguarda l’aspetto più tecnico, invece, l’introduzione di soluzioni robotiche deve sempre fare il conto con l’aspettativa del cliente. Una cosa davvero difficile da realizzare. Oggi, per esempio, molti clienti si aspettano di poter avere una chiacchierata naturale con Pepper o farsi guidare verso il prodotto che si stava cercando quasi fosse una commessa umana. Ma tutto ciò non è ancora possibile. Ci stiamo lavorando con partner come Carrefour. I test ci diranno a che punto siamo e daranno maggiori informazioni ai retailer per quanto riguarda un possibile ritorno dell’investimento.

Ci sono settori merceologici o canali distributivi più aperti di altri a investimenti di questo tipo?

Sicuramente l’elettronica di consumo rappresenta il settore merceologico più vicino all’automazione e più in linea con l’adozione dei nostri robot come soluzione retail. Per quando riguarda la grande distribuzione devo dire che, attualmente, non abbiamo avuto feedback ancora soddisfacenti ma stiamo lavorando su dei sistemi che consentano al robot di seguire o guidare il cliente all’interno del punto vendita. Mentre il travel retail aeroportuale, grazie ai suoi ambienti controllati, alla sua clientela diversificata e internazionale e a percorsi di acquisto quasi obbligati si presta bene come aree di prova per i software di interazione vocale. Al di fuori del commercio al dettaglio, infine, il settore bancario guarda con grande interesse alle nostre soluzioni come strumento per abbassare i costi di gestione delle filiali fisiche.

A livello europeo, sfruttando il vostro particolare osservatorio, quali sono i mercati che credono maggiormente nell’automazione come punto di svolta per il retail?

Germania, Benelux e Francia rappresentano i mercati più promettenti in termini di automazione. La Gran Bretagna segue uno sviluppo più atlantico che continentale, ossia un maggior ritorno sugli investimenti piuttosto che un progetto a lungo respiro. L’Italia, invece, sta crescendo. Sicuramente vorremo fare di più nel Belpaese ma constatiamo che ci sono le basi per futuri investimenti.

Quali sono i piani di SoftBanks Robotics nel 2020?

Continueremo a concentrarci sull’innovazione dei nostri prodotti, soprattutto sotto tre aspetti significativi: il miglioramento del sistema di mobilità dei nostri robot, il miglioramento dell’interfaccia uomo-macchina e la comunicazione fra robot e informazioni in cloud.

N.G.

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