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Intervista a Marco Pedroni, presidente di Coop Italia. 

Come si è chiuso il 2019 finanziario di Coop? E quali progetti per il 2020?

Il 2019 è stato un anno di contrazione dei consumi reali; soprattutto nella seconda parte Coop mantiene i valori di fatturato dell’anno precedente pur a fronte di una deflazione alla vendita di quasi l’1%, ovvero: 14,7 miliardi di giro d’affari complessivo di cui 13,4 miliardi solo retail con una quota di mercato pari al 13,5%. I nostri obiettivi nel 2020 si concentrano più sulla crescita dei clienti che sulla crescita del fatturato. Per farlo potenzieremo molto l’area  delle attività comuni tra le cooperative nonché le attività promozionali, di comunicazione, sociali e di loyalty.

In termini di omnicanalità e digitalizzazione, come procede lo sviluppo dei servizi nelle varie cooperative?

Abbiamo esperienze diverse fatte dalle singole cooperative sa livello nazionale. Una è EasyCoop, l’eCommerce di Coop Alleanza 3.0 avviato a Roma e poi esteso a parte dell’Emilia e del Veneto. Un servizio avanzato e innovativo di spesa online con oltre 10.000 prodotti in assortimento di cui 3.000 freschissimi. L’altra è CoopDrive, esperienza delle cooperative del NordOvest, il servizio è attivo in varie città con acquisto online e ritiro in aree dedicate del punto vendita. E nel caso del supermercato Coop a Milano Bicocca la spesa fatta online si può ritirare nei locker refrigerati. In generale, penso che l’importanza del web e della digitalizzazione crescerà molto. Noi abbiamo scelto di integrare il digitale nella nostra rete fisica, scommettendo sul fatto che il negozio cambierà pelle ma rimarrà protagonista.

L’ultimo rapporto Coop mostra che i consumi degli italiani si fanno sempre più consapevoli. In che modo il merchandise mix va incontro a queste esigenze?

È cambiata la propensione agli acquisti e continuerà a cambiare. I nostri consumatori, per oltre il 75% soci di Coop, hanno in un certo senso precorso i tempi stimolandoci in maniera positiva. Le richieste di informazioni sulle filiere dei prodotti, le domande sull’origine delle materie prime, sull’etica di chi produce, sulla sostenibilità ambientale del prodotto sono da molto tempo il nostro principale stimolo a far meglio. È un circolo virtuoso, impegnativo per Coop e benefico per tutto il mercato. Per esempio sulla plastica, nel 1980 i soci Coop lanciarono una campagna per disincentivare l’uso dei tradizionali shopper e un appello a non abbandonarli nell’ambiente. Non è un caso quindi che nel 2009, ben prima che la normativa rendesse obbligatorio il superamento degli shopper in plastica, Coop avesse già attuato la sostituzione, evitando l’immissione nell’ambiente di circa 450 milioni l’anno di sacchetti tradizionali.

Somministrazione e grande distribuzione si avvicinano sempre più. Come interpretate questa tendenza in termini di format e offerta?

Le esperienze più recenti e strutturate sono quelle di Nova Coop, la cooperativa di consumatori che opera in Piemonte. Nei punti vendita di Cuneo e di via Botticelli a Torino sono stati aperti i Fiorfiore Cafè, ovvero spazi che a fianco di un servizio tradizionale di caffetteria e bar offrono la possibilità di scegliere preparazioni gastronomiche fino ad oggi disponibili solo all’interno del punto vendita, privilegiando i prodotti a marchio Coop e le eccellenze del territorio. In generale, la diffusione di attività di somministrazione/ristorazione nei supermercati o ipermercati è connessa a tre aspetti: l’evoluzione della domanda consumatori, l’idea che il negozio è luogo di incontro e di socializzazione e non solo di distribuzione delle merci, la possibilità di valorizzare ulteriormente i nostri prodotti di MDD.

Parallelamente, le grandi superfici stanno cambiando pelle riducendo gli spazi e incorporando servizi aggiuntivi e maggiore non-food. Come impatta questo fenomeno sulla rete di vendita? E sul personale?

Le nostre cooperative hanno affrontato il tema, alcune in modo più radicale come Unicoop Firenze che è uscita dal formato iper, altre riducendo le superfici o progettando strutture medie. In generale, si valorizza il food, soprattutto i freschi e i freschissimi, si riducono abbigliamento, multimedia ed elettrodomestico. Tutto questo però deve tener conto del posizionamento del punto vendita; in aree urbane ben collocate e servite anche iper di taglia media continuano a far molto bene. Di certo non ha più senso considerare separati i diversi formati, ma parte di un unico contesto competitivo.

N.G.

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