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L’ultimo quarto del 2019 non si è rivelato all’altezza delle aspettative di Foot Locker, rivenditore americano di calzature e abiti sportivi che ha sofferto una domanda fiacca durante il periodo delle feste natalizie; nonostante il boom dell’offerta femminile.

Attivo in 27 Paesi a livello globale, Foot Locker conta un network di 3.129 store a insegna a cui si aggiungono 130 store in franchising in Medio Oriente e 9 punti vendita a marchio Runners Point in Germania.

I risultati

Il quarto trimestre dell’anno, chiuso l’1 febbraio 2020, ha fatto registrare una diminuzione dell’utile netto a quota 141 milioni di dollari, in discesa del 3,6% rispetto ai 158 milioni fatto segnare nello stesso periodo dell’anno precedente. Stesso trend negativo anche per il fatturato che, con un -2,2% (-1,6% a perimetro costante), si ferma a 2,22 miliardi di euro. A pesare sui risultati, però, non è stato un puro e semplice declino delle vendite, che hanno toccato il record degli otto miliardi di dollari nel 2019 (+0.8% rispetto al 2018), quanto piuttosto il riposizionamento retail di Foot Locker. L’azienda, infatti, è impegnata nella revisione del format tradizionale e nell’apertura di 20 nuove location power store (attualmente sono sei quelle già attive). «Abbiamo l’opportunità di evolvere il nostro network basandoci sui migliori elementi del nostro modello power store e migliorando la produttività delle nostre superfici al fine di agganciare una crescita più rapida», ha commentato Richard Johnson, chairman e ceo di Foot Locker. Prossimi obiettivi: «Rafforzare la nostro posizione al centro del mercato delle sneaker e della cultura giovanile», ha ribadito Johnson. Una mission che deve fare i conti con l’emergenza 2020. «Una situazione fluida», l’ha definita Johnson, che ha costretto Foot Locker a rivedere le proprie stime per l’anno in corso prevedendo una crescita single digit per fine 2020.

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