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Intervista a Davide Gionfriddo, ceo di Hamerica’s Restaurant.

Quanti sono i punti vendita chiusi? E quanti i dipendenti coinvolti?

Noi abbiamo una rete di locali diretti composta da 14 punti vendita a cui si aggiungono i franchisee. I locali diretti sono stati tutti chiusi a seguito delle direttive che si sono evolute nel mese. Di fatto, questa serrata ha impattato su
una forza lavoro di 160 dipendenti. E a questo punto ci siamo concentrati sul delivery riuscendo a recuperare una parte del calo di fatturato iniziale.

Ad oggi di quanto è calato?

Di circa l’80%.

Come stanno andando invece i punti vendita in franchising?

Anche il franchisee sta affrontando le nostre stesse problematiche. Anche loro hanno subito chiuso seguendo le disposizioni governative e a breve inizieranno a lavorare con dei partner terzi per il delivery.

Prima della chiusura totale, c’è stato un limbo in cui la paura del contagio aveva già ridotto le presenze in store e a cui si è cercato di ovviare ribadendo la sicurezza dei luoghi di ristorazione.Mossa azzardata?

È chiaro che in quel momento, e con le informazioni di cui eravamo in possesso, era un messaggio di speranza quello che volevamo trasmettere. Tutti i ristoratori volevano comunicare un senso di appartenenza alla categoria
e una vicinanza alla città ribadendo che tutti insieme ce l’avremmo fatta a venirne fuori. Chiaro che col senno di poi le cose appaiono sotto una luce diversa. Quel che è certo è che allora e successivamente ci siamo impegnati per supportare, con i nostri prodotti, chi si trovava ad affrontare l’emergenza in prima fila. Per questo abbiamo distribuito gratuitamente i nostri panini all’Ospedale San Carlo e al San Giuseppe, soprattutto su Padova dove abbiamo una presenza molto forte dei nostri negozi.

Quali sono, invece, i progetti che avete dovuto stoppare?

L’emergenza sanitaria ci ha colti nel mezzo di un processo. Nel senso che avevamo già chiuso un’acquisizione di sei punti vendita che tuttavia non abbiamo fatto a tempo ad aprire. Contiamo di riprendere da qui con lo sviluppo
dell’azienda una volta che tutto sarà tornato alla normalità.

Per i negozi già aperti, c’è la questione del canone di locazione.

Abbiamo sospeso i pagamenti degli affitti dal mese di marzo e stiamo parlando direttamente con i landlord. Essendo molto forti nei centri cittadini, i nostri interlocutori sono singoli landlord piuttosto che grandi realtà dell’immobiliare come capita nel canale dei centri commerciali. Attualmente, le discussioni stanno proseguendo ma posso già dire
che riscontriamo una buona comprensione da parte dei proprietari immobiliari.

Delivery: eravate preparati?

Per quanto riguarda il delivery, con otto ristoranti sulla città di Milano dove occupiamo una posizione di leadership per quanto riguarda le referenze prodotte e vendute, gli hamburger per intenderci, la consegna a casa era una
pratica già consolidata e rappresentava una quota importante di business. Una quota che ora è diventata essenziale e che ci ha spinto ad accelerare un progetto che avevamo già in cantiere, ossia: il nostro sistema di delivery.

Come è cambiato il marketing in questi giorni?

Non abbiamo stravolto i nostri programmi, ma di sicuro la strategia marketing dell’azienda punta a trasmettere un messaggio rassicurante e di speranza ai nostri clienti che invitiamo a stare a casa attraverso il claim “State Uniti
d’Hamerica’s” che divulghiamo sulle nostre pagine social.

Dovendo fare una previsione, per quanto difficile questo momento in cui l’evolversi della situazione cambia costantemente le carte in tavola, cosa vi aspettate nei prossimi mesi?

Sicuramente abbiamo di fronte un periodo difficile, con un plausibile ritorno alla normalità non prima di settembre. Perché anche al venir meno dei vincoli e delle restrizioni attualmente in vigore per contenere e contrastare la diffusione del Coronavirus, le persone ci metteranno del tempo a ritrovare le normali abitudini.

N.G.

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