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A partire dal 18 maggio gli oltre mille negozi Carpisa, Yamamay e Jaked hanno riaperto al pubblico. Bocciate le misure del Governo: il cap dei 5 milioni taglia fuori le catene retail dal credito d’imposta. Rimane acceso il confronto con i landlord sui canoni di affitto

Autore dell’hashtag #iorestoinazienda, con il quale ha voluto manifestare il proprio dissenso sulle scelte del Governo, Gianluigi Cimmino, Ceo di Pianoforte Holding (società proprietaria dei brand Yamamay, Carpisa e Jaked con oltre 1.300 negozi complessivi), è stato protagonista nel dibattito mediatico durante il lockdown. Il manager-imprenditore non ha mancato di sottolineare a più riprese come non fossero ancora arrivati i soldi promessi dall’Esecutivo, tra la cassa integrazione per i dipendenti e i sostegni a fondo perduto per le aziende, e la necessità di risolvere il nodo degli affitti. A livello operativo, invece, oltre a portare avanti l’eCommerce, sono state avviate iniziative volte a instaurare una relazione ancora più stretta con i propri clienti: tra queste, il progetto “Yamamay e Carpisa a casa tua”.

Nei giorni immediatamente successivi la riapertura del 18 maggio, r&f ha chiesto a Gianluigi Cimmino di esprimersi sui temi più attuali per il settore retail, dall’implementazione delle misure anti-Covid all’interno dei negozi alle trattative con le proprietà immobiliari proprio sul tema dei canoni.

Partiamo dall’attualità, come avete affrontato la fase di pre-riapertura in termini
organizzativi?

Yamamay e Carpisa sono state pronte a ripartire e ad accogliere i propri clienti negli store di tutto il mondo con le precauzioni necessarie a tutelare la loro sicurezza e quella dei dipendenti. I negozi italiani sono stati aperti in parte lunedì 18 maggio e in parte nei giorni successivi, in accordo con le disposizioni locali. Tutti gli ambienti, i camerini e i capi sono stati sanificati e saranno sottoposti a una sanificazione continua a base di ozono, nel rispetto delle norme igieniche. Gli ingressi sono contingentati in modo da garantire il distanziamento sociale tra clienti e operatori. Sono inoltre stati predisposti dei dispenser di disinfettanti per le mani e il nostro personale ha ricevuto precise istruzioni su norme di comportamento, mascherine, disinfezione, ecc. Insomma, ci siamo fatti trovare pronti.

Nelle scorse settimane non ha fatto mistero dell’impatto economico sul vostro business generato dalla chiusura forzata. Ora che i negozi hanno riaperto, anche se i flussi rimangono limitati e la ripresa sarà lenta, quali sono le vostre aspettative?

Abbiamo chiuso il 2019 con un fatturato di gruppo di 320 milioni di euro, ma nei primi tre mesi del 2020 abbiamo perso circa il 30 per cento. Vedremo se ci sarà una ripresa senza lockdown in autunno, altrimenti chissà quali potranno essere le stime sull’intero anno. La perdita è stata ingente, dobbiamo cercare di recuperare il prima possibile per rimettere in moto la macchina.

Quali iniziative promozionali avete adottato per alimentare da subito i flussi e soprattutto i consumi in store?
Le collezioni sono a prezzo pieno perché la stagione è ancora in corso. Per il momento non abbiamo previsto promozioni, perché non è riducendo i prezzi al minimo che aumentano le vendite e il fatturato. Dobbiamo cercare di alzare lo scontrino medio in modo da avere più marginalità. In generale, penso che si debba cambiare la direzione intrapresa negli ultimi anni, restituendo valore alle collezioni, anche perché dietro c’è tanto lavoro per la creazione e la realizzazione. Bisogna far sì che i prodotti tornino a essere desiderabili e che l’acquisto non sia dettato solo dalla logica dello sconto. Non posso pensare di far arrivare una linea in negozio a febbraio e di metterla in promozione a marzo. Si dovrà quindi spingere il cliente a comprare al prezzo reale del capo e noi questo lo facciamo già con la nostra linea basic, i cui prodotti difficilmente vengono scontati. E i clienti la acquistano perché ne riconoscono il valore. Aspetteremo i saldi per fare promozioni e ci auguriamo che partano non prima della quarta settimana di luglio.

In questo periodo sono emersi almeno tre temi di fondamentale importanza: affitti, sostegni statali ed eCommerce. Andando in ordine, come vi siete rapportati nel complesso alle proprietà immobiliari di centri commerciali (e non solo) e quali condizioni avete discusso/ottenuto?

A livello di affitti siamo in trattativa con i nostri locatori: i canoni di questi mesi di inattività vanno assolutamente cancellati. Posso dire che laddove non si riuscirà a rinegoziare l’affitto si profilerà la chiusura. Il problema vale per tutte le aziende del retail. Urge una nuova regolamentazione degli affitti, che tenga conto di questo momento senza precedenti. Penso all’aspetto che ora avranno i centri commerciali, ma, in un Paese dove il turismo è molto importante, penso soprattutto ai centri cittadini e al numero di serrande abbassate che potrebbe esserci.

Tema Governo. Ha già denunciato i ritardi e ancora politiche che vanno nella direzione dell’assistenzialismo, senza sostenere le imprese. Come valuta la decisione del credito d’imposta sulle locazioni? Cosa chiedete all’Esecutivo?

Il Governo non ha mantenuto le misure promesse. I sostegni statali non ci sono stati: la cassa integrazione non è ancora stata corrisposta, niente finanziamenti per le imprese. Le banche sono schiacciate dal peso della burocrazia per le domande di prestito. Ci aspettavamo agevolazioni concrete, finanziamenti a fondo perduto, procedure più snelle e veloci, oltre alla cancellazione dei canoni per il periodo di chiusura dei punti vendita. Il Decreto Rilancio concede il credito d’imposta solo alle aziende fino a 5 milioni di euro di fatturato: se si considera che la maggior parte del retail è composto da catene, ciò creerà un conflitto feroce tra proprietari e aziende. Noi abbiamo fatto un grandissimo sforzo finanziario per mettere in sicurezza sia i nostri clienti sia i dipendenti, ma dallo Stato non abbiamo ancora ricevuto aiuto.

I centri commerciali hanno adottato delle linee guida anti-Covid e contestualmente hanno avviato una campagna di comunicazione per informare il cliente finale circa la loro efficacia. Dal suo punto di vista, almeno inizialmente sarà più facile portare i clienti all’interno dei negozi posizionati su strada o negli shopping mall?

Penso che all’inizio ci sarà soprattutto un ritorno verso i centri cittadini, sia perché i centri commerciali sono potenzialmente più soggetti a rischio congestione sia perché sono prevalentemente al chiuso e abbiamo tutti bisogno di stare un po’ all’aperto. Però, a livello di sicurezza, non dobbiamo dimenticare che i centri commerciali sono rimasti aperti anche durante la fase più acuta della pandemia senza diventare ricettacolo di aumento del virus. Quindi credo che, seppur con gradualità, il traffico riprenderà anche nei mall. Ce lo auguriamo tutti, non solo per la vendita al dettaglio ma anche per i bar e ristoranti che si trovano all’interno.

Nelle scorse settimane avete istituito il servizio “Yamamay e casa tua!”. Quali sono i primi riscontri? Nel complesso, come avete gestito e potenziato l’eCommerce in questo periodo?

Il progetto “Yamamay e Carpisa a casa tua” è stato lanciato venerdì 8 maggio. In attesa della riapertura dei negozi, abbiamo pensato a una soluzione che ci permettesse di essere più vicini ai nostri clienti, per portare loro a casa il nostro calore e la nostra voglia di ricominciare. I nostri clienti, chiamando un numero dedicato, hanno potuto mettersi in contatto con lo store a loro più vicino e, con l’aiuto di un personal shopper, attraverso un tour virtuale del negozio, scegliere e ordinare i loro prodotti preferiti, che sono stati recapitati a casa loro in 48 ore attraverso un corriere dedicato. Il progetto ha dato buoni risultati perché è stato un modo per rendere l’esperienza d’acquisto più personale e più vicina possibile al consumatore, a metà strada tra lo shopping sulle nostre piattaforme eCommerce con consegna a domicilio e il vero e proprio shopping in negozio. Manterremo questo servizio fino a quando la situazione non sarà definitivamente tornata alla normalità. Parallelamente, il nostro eCommerce durante il lockdown è continuato a funzionare: abbiamo attivato la spedizione gratuita e abbiamo anche registrato un aumento del traffico e delle vendite ma ovviamente il fatturato generato da questo canale non è neanche lontanamente comparabile a quello generato da 500 negozi. Non potrà mai bilanciare i mancati ricavi del canale fisico. Tramite le campagne di marketing attivate sui social abbiamo anche aumentato la fan base dei nostri canali social e le registrazioni alla nostra newsletter, fidelizzando nuovi clienti.

Dal suo punto di vista, il periodo di lockdown in che misura inciderà nel medio periodo sul settore retail in termini di razionalizzazione, rimodulazione, sviluppo della rete vendita, ripensamento del layout dei negozi, potenziamento dell’eCommerce e delle tecnologie a supporto in un’ottica di retail omnichannel? Potrei aggiungere anche nelle relazioni tra landlord e tenant.

Questa esperienza ci ha insegnato che dobbiamo lavorare sempre di più a 360 gradi. Noi abbiamo tanti punti vendita che un po’ alla volta, oltre a continuare a fare la loro funzione di negozio con camerino prova e addetta alla vendita, dovranno diventare sempre più dei punti di riferimento per il digitale. Già da tempo, per esempio, abbiamo attivato il click&collect. Inoltre, in alcune città italiane, abbiamo attivato una partnership con Glovo per l’ordine sulla loro piattaforma con home delivery. Insomma, credo che tutto il concept del retail tradizionale vada rivisto, razionalizzato e integrato con una logica più digitale, più omnichannel.

Di Andrea Penazzi