Skip to main content

Ci sono due date che segnano l’operato ministeriale di Danilo Toninelli, senatore del Movimento 5 Stelle alla sua seconda esperienza parlamentare. La prima è l’1 giugno, giorno del giuramento del Governo Conte in cui Toninelli ricopre il ruolo di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. La seconda è il 14 agosto, ore 11.50, il momento in cui è crollato il Ponte Morandi sulla A10.

Una tragedia che ha messo in secondo piano progetti, idee e promesse elettorali per lasciare spazio ad accuse e denunce. Insomma da Alitalia alla Tav, passando per porti e aeroporti si è perso il filo degli interventi sulle infrastrutture italiane che era stato tracciato all’interno del contratto di governo. Un insieme di misure ancora sospese alla project review del ministro Danilo Toninelli che, a oltre 100 giorni dall’entrata in carica e a due mesi dal dramma di Genova, ora deve tornare a occuparsi dell’Italia intera.

Porti, aeroporti, ferrovie: che situazione ha trovato al suo arrivo al Mit? E qual è l’obiettivo a lungo termine?

Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del governo Conte

La situazione che ho trovato non è certo idilliaca, ma stiamo lavorando per migliorarla. Per quanto riguarda gli obiettivi, ho sempre detto che per me i principali porti italiani debbono avere lo status di porti gateway. Sugli aeroporti il mio Ministero è al lavoro per garantire infrastrutture e servizi aerei efficienti alla collettività, soprattutto nei territori svantaggiati. E infatti stiamo subito vedendo le prime novità, per esempio su Reggio Calabria. Inoltre vogliamo assicurare una corretta competizione dei vettori che operano su scala nazionale. Per quanto riguarda il trasporto ferroviario, una delle priorità del mio mandato è proprio la cura del ferro e un’attenzione particolare ai pendolari, a cui vogliamo assicurare maggiore sicurezza e maggiore comfort. Oltre a treni che passano più spesso e in orario.

Da molti analisti e addetti ai lavori lei è stato etichettato come il “Signor No” del nuovo esecutivo. Come spiega tanta prudenza sullo sviluppo dei vari cantieri infrastrutturali? Solo questione di tempo o c’è dell’altro?

Non abbiamo pregiudizi ideologici nei confronti delle grandi opere pubbliche, ce li abbiamo nei confronti delle grandi opere inutili. Ecco perché abbiamo avviato un’attenta analisi costi benefici sulle grandi opere previste nei prossimi anni, a cui sta lavorando la struttura tecnica di missione del mio Ministero. Se le opere sono sostenibili e fanno bene alla gente e alla qualità della vita si fanno, altrimenti le blocchiamo. Le infrastrutture devono servire a chi le usa, non a chi le costruisce.

Le infrastrutture di trasporto si intrecciano sempre con l’offerta commerciale travel retail. Che rapporti ha con gli operatori del settore? Quanto spazio hanno per far sentire la propria voce?

Il dialogo è aperto con tutti senza nessuna preclusione. Come detto dall’inizio, ho dato mandato di creare un registro dei portatori di interesse che si presentano al Ministero così che tutti possano sapere con chi e quando mi incontro.

Parliamo di porti. Ad aprile è stato annunciato un piano di collegamento ferroviario da un miliardo di euro per questi nodi commerciali. Mentre dal punto di vista turistico, il 2018 dovrebbe registrare un +8,6% di movimento passeggeri e un +5,2% delle toccate nave. Quali sono i progetti del governo per rilanciare logistica e ricettività portuale?

Riformare la gestione delle autostrade italiane è uno degli obiettivi dell’azione ministeriale

Per la sua posizione strategica, l’Italia deve tornare ad essere elemento centrale e propulsivo di una nuova politica di sviluppo del bacino del Mediterraneo e dell’Europa centrale, recuperando il proprio ruolo nello scacchiere geopolitico mediterraneo. In questo scenario, ritengo che connettere i porti sia il solo modo per connettere l’Italia economica all’Europa e al mondo. Seguendo questo ragionamento, con la Nuova Via della Seta il nostro Paese avrebbe l’occasione di poter sfruttare al meglio non solo la via terrestre ma anche quella marittima, che dall’Asia meridionale raggiunge il Mediterraneo, attraverso una rete integrata di interporti che potrebbe potenziare il ruolo di alcuni nodi, agevolando lo scambio commerciale attraverso i mega container.

Per quanto riguarda gli aeroporti, i dati Enac continuano a segnare un aumento del numero dei passeggeri in Italia, in particolare quelli diretti su alcuni hub nazionali, con la conseguente perdita di traffico per quelli più periferici. Qual è la politica del governo sullo sviluppo della rete aeroportuale italiana?

La priorità è migliorare la connettività innanzitutto delle aree remote e disagiate del Paese, da sempre messe in secondo piano rispetto ai territori economicamente più forti e maggiormente serviti da collegamenti aerei interconnessi con le altre modalità di trasporto. Pertanto, intendo promuovere una nuova visione, per la realizzazione di una rete della mobilità aerea che garantisca uguaglianza di diritti e opportunità ai cittadini e alle imprese su tutto il territorio nazionale e, con essa, la creazione di ricchezza culturale e sociale. Naturalmente il network aeroportuale va visto nella sua complessità organica, non facendosi “catturare” da pulsioni e rivendicazioni localistiche.

Fra settembre e ottobre sono intercorsi diversi incontri per la nuova pista dell’aeroporto di Firenze: quali sono i pro e contro del progetto? E quale obiettivo contate di raggiungere?

Abbiamo tante perplessità sugli impatti dell’opera, soprattutto in relazione alle traiettorie di volo molto vicine al centro storico di Firenze; dunque si rifletterà sulle giuste opere infrastrutturali da realizzare per consentire la migliore integrazione con lo scalo di Pisa. La Conferenza di servizi per il progetto di potenziamento dell’aeroporto di Firenze, che ha preso avvio il 7 settembre, in questo senso non anticipa in nessun modo la decisione politica. Si tratta infatti di un atto procedurale che non incide in alcun modo sulla project review in corso, relativa alla sostenibilità dell’opera.

In autunno sarà anche la volta del dossier Alitalia. Si va verso il secondo salvataggio oppure si è fatto avanti un compratore che rilanci la compagnia? In generale, come pensate di non finire nel mirino dell’Unione Europea?

Alitalia deve tornare a essere un vettore nazionale forte, nell’ambito di un piano strategico dei trasporti, in grado di difendere i propri lavoratori e di fare margini grazie, soprattutto, alle tratte più lunghe. Detto questo, l’obiettivo non è salvarla ma rilanciarla, mantenendo il 51% in mano all’Italia e con un partner industriale in grado di farla volare. In questa prospettiva, sono in corso da parte del Governo le interlocuzioni necessarie con tutti i player internazionali per assicurare un futuro a questa azienda, evitando il ripetersi degli errori del passato. La futura governance dovrà garantire la realizzazione di un piano industriale che sappia cogliere tutte le opportunità offerte dalle rotte internazionali non solo tradizionali ma anche verso nuove destinazioni.

Passiamo alle ferrovie. Attraverso lo spoil system lei ha cambiato i vertici di FS nonostante i positivi risultati raggiunti. Non era abbastanza? Chi sono i nuovi dirigenti e che missione li attende?

Il consiglio di amministrazione di Ferrovie avrebbe dovuto applicare la clausola etica e far decadere l’amministratore delegato dopo il suo rinvio a giudizio. Cambiare quei vertici era un atto dovuto e che rivendico, non un’occupazione di poltrone. Grazie a due eccellenti manager interni all’azienda, Gianfranco Battisti come ad e Gianluigi Vittorio Castelli come presidente – che, a differenza di qualche loro predecessore, conoscono benissimo la struttura e sanno come far marciare i treni – abbiamo finalmente spostato il focus sul trasporto locale con l’obiettivo di far viaggiare meglio e con migliore qualità i treni regionali. Ora andremo a controllare i 4mila chilometri di rete ferroviaria regionale e dove le reti non saranno al massimo interverremo. E in tutto questo la cura del ferro ha un ruolo fondamentale.

Caso Tav: all’interno dello stesso ministero sembra ci siano posizioni diverse. Su quali aspetti si sta concentrando la vostra revisione del progetto? E in che modo le opportunità commerciali offerte della tratta Torino-Lione possono incidere sulle vostre considerazioni?

Torno a ribadire quanto abbiamo sottoscritto nel Contratto di Governo: serve procedere a un’analisi attualizzata costi-benefici per ridiscutere l’opera e la sua sostenibilità. La Tav costa 60 milioni al chilometro in Italia, 20 in Francia. Il costo delle nostre linee Tav sta superando, in media, i 30 milioni di euro per chilometro, contro, ad esempio, i 13 milioni in Germania o i 14 in Spagna. Se l’esito della nuova valutazione, un lavoro che richiede vari stati di avanzamento ma che contiamo di chiudere entro la fine dell’anno, ci dirà che non è necessaria, faremo una ulteriore riflessione politica ed eventualmente ci fermeremo prima per evitare ulteriori sprechi.

Infine, che futuro per le autostrade italiane dopo il recente caso del Ponte Morandi? Nazionalizzazione o no? E come sarà possibile risolvere la convenzione in essere con Atlantia?

Il ponte “Morandi” di Genova dopo il crollo del 15 agosto 2018

Il crollo del ponte Morandi a Genova ci fa capire quanto i signori dell’asfalto abbiano negli anni fatto affari senza reinvestire abbastanza in manutenzione e quanto lo Stato abbia abdicato anche al suo ruolo di controllore. Il Governo è intenzionato, come già detto, a rivedere integralmente il sistema delle concessioni e degli obblighi convenzionali, valutando di volta in volta se l’interesse pubblico sia meglio tutelato da forme di nazionalizzazione oppure dalla rinegoziazione dei contratti in essere, in modo che siano meno sbilanciati a favore dei concessionari. A breve avremo una interlocuzione chiara con tutti i concessionari per le infrastrutture che dovranno mostrare nel dettaglio gli interventi di manutenzione già fatti e quelli programmati per il futuro. In tema di nazionalizzazioni ribadisco che, laddove l’interesse pubblico sarà preminente, il Governo opererà tutte le ri-pubblicizzazioni necessarie. Invece, se si deciderà di costruire un’opera importante e si dovranno investire tanti soldi, ci saranno delle gare, delle convenzioni serie in cui ci guadagneranno tutti.

N.G.

Riproduzione riservata © retail&food