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Intervista a Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia.

Che perfomance prima e dopo il coronavirus?

In generale, quello che abbiamo notato, è stato un aumento dell’importanza del servizio delivery in ambito grocery e food. Dovendo rimanere chiusi in casa il più possibile, il servizio a domicilio ha acquisto un peso maggio. Ma l’aumento più significativo è stato sicuramente quello legato alle categorie non-food. Un dato che conferma una volta di più la scelta di Glovo di caratterizzarsi come un app di consegna multicategoria. Basti pensare al nostro verticale dedicato alla spedizione espressa che permette di inviare oggetti da una parte all’altra della città senza per forza fare un acquisto. Nella settimana di Pasqua, fra auguri, ricette e dolci, abbiamo registrato un vero e proprio boom. Insomma, il mondo del last mile si è dimostrato il servizio più adeguato per sopperire alle limitazioni dettate
dall’emergenza.

Quali sono state le evidenze maggiori per quanto riguarda il food?

All’inizio del lockdown abbiamo registrato un calo dovuto soprattutto alle incertezze e la scarsa chiarezza su quali fossero le modalità effettivamente consentite ai ristoratori. La reazione, quindi, è stata quella di una chiusura e sospensione delle operazioni anche da parte di quei brand che già avevano dimestichezza con il servizio. A questa mancanza iniziale di offerta ha fatto seguito anche un calo della domanda che risultava di fatto insoddisfatta. Un trend invertitosi con il passare dei giorni e il ritorno all’operatività delle catene del foodservice a cui si sono aggiunti nuovi player della ristorazione che per la prima volta intraprendevano il servizio di food delivery.

Quali policy avete attuato per ordini e spedizioni?

Dal primo giorno di lockdown noi abbiamo creato una policy di contactless delivery. Per farlo ci siamo ispirati alle esperienze dei mercati asiatici in cui non siamo presenti ma che per primi hanno dovuto affrontare la questione.
Questo significa una maggiore garanzia di sicurezza lungo tutto il processo dell’ordine: i rider sono stati progressivamente dotati di guanti e mascherine, i ristoranti hanno potenziato norme igieniche che già erano di
primo livello attraverso l’introduzione di vari DPI, i punti di contatto principale sono stati ripensati.

In che modo?

Per quanto riguarda il contatto rider-ristoratore, abbiamo cercato di individuare degli spazi e delle procedure adeguate entro cui potesse avvenire la presa in carico dell’ordine. Per quanto riguarda il contatto rider-cliente
abbiamo dato indicazioni ai clienti su come farsi lasciare i pacchi. In particolare, sotto questo punto di vista, ci siamo mossi per l’eliminazione della firma digitale attraverso la quale eravamo soliti confermare l’avvenuta consegna.

In questo senso, come è cambiato il marketing?

Abbiamo cercato di coinvolgere anche la nostra customer base facendola entrare, attraverso dei video dedicati, all’interno delle cucine. Una modo per ridurre la distanza fra brand e cliente molto apprezzato anche dai nostri partner. Contestualmente, ci siamo attivati per una campagna di educazione degli utenti per un utilizzo più completo e profondo delle potenzialità della app.

Possiamo quindi dire che questa fase di emergenza ha dato vita a un utente più evoluto?

Credo che la situazione dettata dal coronavirus non abbia creato una domanda nuova, ha piuttosto accelerato un processo già in atto. Ora ci aspettiamo che molto dell’utilizzo più agile dei servizi offerti rimanga sul tavolo anche dopo la fine del lockdown; un esempio in questo senso potrebbe essere la sottoscrizione del nostro servizio Prime. Certo, in generale il lockdown ha aumentato volumi e frequenze di acquisto in conseguenza delle mutate abitudini di consumo.

E come cambierà, invece, il retail? Che impatto avranno i fenomeni delle dark kitchen e dei virtual brand?

Sia le dark kitchen che i dark store erano già ben presenti nei nostri piani operazionali e di sviluppo. Stessa cosa per quanto riguarda i virtual brand. Di sicuro saranno fenomeni destinati ad accelerare nel loro sviluppo in conseguenza di una domanda che pensiamo si stabilizzerà una volta passata l’emergenza. Di fatto, la dark kitchen lanciata da Glovo in Italia a dicembre è solo il primo passo.

N.G.

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