Il 47% dei marchi internazionali è arrivato nella Repubblica Popolare, ma mancano molti retailer italiani. Come fare, quindi, per approcciare questo mercato nel modo giusto? Una risposta è arrivata lo scorso 8 aprile nel convegno milanese organizzato da Confimprese e retail&food.
Apriamo il sipario sul complesso scenario economico cinese, delineato lo scorso 8 aprile nel convegno Business Retail in China: casi italiani di successo. L’evento milanese, organizzato da Confimprese con retail&food nel ruolo di media partner, ha visto all’inizio e alla fine della sessione plenaria della mattina un ampio flusso di dati. Il presidente di Confimprese, Mario Resca, ha avviato i lavori puntando sul miliardo e quasi 400 milioni di persone che vivono nella Repubblica Popolare, generando una crescita annua che anche in periodo di crisi globale si attesta al 7-8 per cento. Inoltre ha marcato l’importanza del fattore culturale che accomuna l’Italia e la Cina, visto come importante motore di sviluppo, non lesinando severe critiche sulla gestione che ne fa la politica nel nostro Paese. A conclusione dei lavori il vice presidente di Confimprese, Francesco Montuolo, ha sottolineato che il 47% dei retailer internazionali è presente in Cina, ma che tra questi mancano numerosi brand italiani. Tra gli assenti all’appello figurano soprattutto gli operatori di livello intermedio, mentre quelli del lusso hanno già fatto, in buona parte, il grande passo. Tuttavia, ha proseguito Montuolo, lo spazio per sviluppare i brand di «formato ridotto» c’è. Le prospettive positive sono date, in primis, da una middle class in netta crescita, con una previsione per il 2020 di circa 420 milioni di persone, dal fenomeno dell’urbanizzazione, che può attingere da un bacino di agricoltori superiore alla somma della popolazione di Europa e Stati Uniti, dallo sviluppo delle città di secondo e terzo livello, dalla repentina diffusione di Internet, che conta 574 milioni di utenti con 10 milioni di nuovi fruitori al mese, e dall’impennata dell’e-commerce, che marcia a un ritmo del +40% all’anno.
Ma la necessita di arrivare attrezzati in Cina deriva da alcune criticità importanti. Tra queste la progressiva complessità del mercato in campo fiscale e normativo; l’aumento del turn over e del potere salariale dei lavoratori, che da una parte fa aumentare la domanda interna di consumo ma dall’altra potrebbe portare la Cina, già dal 2015, a essere meno vantaggiosa per fare business rispetto agli Usa; e la difficoltà nella tutela del marchio, con tempi di registrazione che oscillano tra i 12 e i 18 mesi. Su tutti spicca il sempre maggior grado maturazione del consumatore cinese.
Numeri a parte, i contributi portati dai relatori hanno evidenziato in primis la permeabilità del mercato cinese per il Made in Italy, che tuttavia va promosso e diffuso conoscendo a fondo le dinamiche locali in termini culturali, fiscali e logistici. Per ognuno di questi temi sono intervenuti dei professionisti con un’ampia esperienza nella Repubblica Popolare. Alvise Donà dalle Rose, partner di Eversheds Bianchini, e Sharon Shi, partner di Eversheds LLP, hanno tracciato un’overwiew macroeconomica e il quadro legislativo del Paese. Luca Martin, consulente del lavoro e managing director di Htlc Network, è intervenuto sul tema Il mercato del lavoro in Cina: normativa, sistema sindacale e costo del lavoro. Roberto Sergi, tax manager Diacron Business Consulting Shanghai, ha parlato di distribuzione e vendita al dettaglio: aspetti fiscali. Francesco Boggio Ferraris, responsabile della Scuola di Formazione Permanente Fondazione Italia Cina, ha tenuto un intervento ad alto valore emozionale sul tema conoscere la cultura cinese per fare business. Infine Michael Berger, general manager e direttore Progetto Italia-Cina OgilvyInteractive, si è pronunciato su come comunicare al consumatore cinese. A questi si è aggiunto, in collegamento telefonico direttamente da Pechino, Zang Wen Xuan, general manager delle North Branch Company di Sinotrans Air Transporttation Development Co., Ltd, che nel suo interveneto intitolato opportunità di sviluppo nelle zone FTZ e soluzioni per la logistica nel retail ha raccontano come le free trade zone cinesi permettano ai marchi di non anticipare l’Iva sulle merce in quanto non sottoposta alla dogana cinese, di poter gestire i prodotti e di mostrarli ai distributori locali, e infine di poterli eventualmente riportare in Italia senza particolari problemi.
Al convegno mattutino si sono succeduti due whorshop di approfondimento pomeridiani, con sessioni parallele, sui temi: la tutela del marchio in Cina, con Brian Clayton, partner Eversheds LLP; retail real estate in Cina, con Bryn Davies, senior director Asia Client development Emea Cbre; e-commerce in Cina, con Thomas Wu, partner Value Partners Hong Kong Office; corporate, agency and franchising agreements in China, con Sharon Shi, partner Eversheds LLP.
Download presentazioni – Sessione plenaria:
Eversheds – Overview macroeconomica
Sinotrans – Opportunità di sviluppo nelle FTZ
HTLC – Il mercato del lavoro in Cina Diacron – Aspetti fiscali retail
Fond. Italia Cina – Conoscere la cultura per fare business
Ogilvy – Comunicare al consumatore cinese
Download presentazioni – Workshop approfondimento:
Eversheds – La tutela del marchio in Cina