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Con l’elezione dell’ufficio di presidenza, tenutasi il 13 ottobre, preceduta dalla ratifica del nuovo statuto, l’Associazione volta pagina. Il neo presidente, Roberto Zoia, si presenta come primus inter pares e con un programma basato su tre pillar. Nell’immediato, però, focus sulla crisi Covid-19

(articolo tratto dal numero di retail&food in uscita a novembre)

 

Tra elementi di continuità e altri di discontinuità sia nella gestione interna sia nelle relazioni esterne, per il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali inizia l’era di Roberto Zoia. Un’era caratterizzata dalla pandemia Covid-19 che ha scatenato una grave crisi economica, con il comparto dei centri commerciali duramente colpito nel periodo di lockdown e protagonista di una lenta ma significativa ripresa durante l’estate. Ripresa che rischia di essere spazzata via dalle politiche sanitarie anti Covid adottate sul finire di ottobre da alcune Regioni, in primis Piemonte e Lombardia, con prospettive ancora più nefaste per l’imminente stagione invernale.

Il top manager, che in IGD SIIQ ricopre il ruolo di direttore patrimonio, sviluppo e gestione rete, è chiamato dunque a riportare l’Associazione ai tavoli della politica, nazionale e locale, perché, se “la politica rappresenta un mezzo e non il fine”, come ha spiegato a R&F lo stesso Zoia nella sua prima intervista da presidente, con questi incontri il CNCC deve tornare ad essere un interlocutore primario e, soprattutto, deve riuscire a preservare la tenuta di un mercato che vale 140 miliardi di euro di fatturato e conta 783.000 posti di lavoro.

Innanzitutto, quali saranno gli elementi di continuità e quali quelli di discontinuità rispetto alla gestione precedente?
Come ho detto al termine dell’assemblea in cui sono stati eletti l’Ufficio di presidenza e il Consiglio direttivo, questa volta è stata votata una lista, una squadra. E già questo è un primo, forte, elemento di discontinuità rispetto a quando era in vigore il vecchio statuto, che prevedeva il voto sulle singole persone candidate agli organi associativi. Inoltre, sempre in base al nuovo statuto, sono stati allargarti sia l’Ufficio di presidenza sia il Consiglio direttivo, determinando una vera rivoluzione culturale. Venendo agli elementi di continuità, nella precedente gestione si è fatto un grande lavoro soprattutto sulla visibilità del CNCC: in primis è stata ampliata, ulteriormente, la base associativa, ma lo sforzo principale è stato quello di allacciare e consolidare le relazioni con le principali istituzioni, specialmente sul lato politico. Tuttavia, se vogliamo essere davvero leggibili, visibili e incisivi, è necessario avere una governance rappresentativa di tutta la base associativa. In sintesi, garantirò continuità nella gestione dell’Associazione intesa come relazioni esterne, ma porterò discontinuità sul modello di governance, che passa da un presidente con poteri plurimi e investito da un voto personale, a un sistema basato sulla collegialità e costituto da organi che abbiano deleghe e ruoli ben precisi.

Quali i principali obiettivi rispetto al suo mandato?
Si basano essenzialmente su tre pilastri. Il primo è lo sviluppo del core business, che è composto dal retail fisico e dai centri commerciali. Per raggiungere questo obiettivo è necessario partire dalla valorizzazione delle maggiori professionalità attive nel nostro mondo. Il secondo è la comunicazione, che negli scorsi anni non ha saputo raccontare bene né i nostri successi né, soprattutto, i risultati finanziari. Mentre, come ho ribadito anche nel giorno del mio insediamento, se ci sono più investitori e più investimenti in Italia o ancora se i centri commerciali italiani hanno maggiore appeal verso i mercati esteri, ci guadagniamo tutti. Per centrare questo obiettivo il CNCC deve diventare una casa trasparente, che, attraverso la comunicazione, appunto, sia in grado di spiegare le buone performance dei centri commerciali, frutto anche degli ingenti investimenti stanziati nel corso degli anni. Solo in questo modo possiamo invertire la rotta attuale, che vede maggiori flussi di capitali dirigersi verso Spagna e Francia, nonostante per molti aspetti il nostro mercato sia più avanti del loro. Il terzo pillar è la politica, intesa non come un fine ma come un mezzo, con la quale dovremo sederci al tavolo per ottenere in primis una parità di regole tra commercio offline e online. Parità, ad esempio, sugli orari in cui si possono effettuare gli acquisti, sulla tassazione e sui contratti di lavoro. Non credo, tuttavia, che si debba arrivare a una battaglia tra i mondi del fisico e del digitale ma, al contrario, che si debbano attivare delle sinergie, nel rispetto però di regole eque e il più possibile condivise.

Riprendendo il concetto di “casa trasparente”, dovranno fornire i propri dati anche quegli associati che sino ad ora si sono dimostrati più restii?
Uno dei motivi per cui qualche associato non condivideva i propri dati era dovuto al fatto che la piattaforma di rielaborazione fosse gestita esternamente. Di conseguenza il nostro lavoro, che è già stato avviato, prevede di internalizzare la piattaforma, per dare l’assoluta garanzia a tutti gli associati che le informazioni sono e rimarranno riservate. A fronte di questa attività, che garantirà maggiore riservatezza e confidenzialità, riusciremo ad ampliare la base dati del CNCC, che è davvero importante già ora. Forte di tale risultato, tornando al pillar della comunicazione, sottolineo che un ulteriore obiettivo è quello di produrre un paper trimestrale che dia evidenza al mercato degli investimenti, delle transazioni, degli yields, degli affitti, dei fatturati, degli ingressi e di tutte le eccellenze del trimestre.

Attività, questa, che dovrebbe proseguire anche dopo la parentesi Covid?
Certamente sì.

Passando alle relazioni esterne, come saranno imbastite quelle con le altre associazioni?
Subito dopo la mia nomina ho ricevuto un messaggio di congratulazioni da tutte le altre associazioni del settore. E credo che questo sia un bel segnale. Ma, andando oltre, noi dobbiamo avere la nostra piattaforma di richieste, di idee e di progetti. Su molti di questi elementi abbiamo e avremo affinità straordinarie con altre associazioni, per cui sono sicuro che su singoli punti troveremo delle alleanze. Ma queste non saranno a 360 gradi in quanto il CNCC è diverso da tutte le altre realtà, essendo un’associazione “di filiera”: rappresenta, infatti, non una ma svariate anime, dalle property, ai retailer, passando per la grande distribuzione, ecc.

Parlando di mercato, ad agosto abbiamo visto il primo segno “+” di fianco alla voce del fatturato delle gallerie commerciali, mentre il footfall è arrivato a circa il 90%. Qual è, ad oggi, lo stato di salute del comparto italiano dei centri commerciali?
Restando sui dati, posso anticipare che nel mese di settembre il footfall si è attestato sui valori di agosto. I fatturati, invece, li sapremo a breve. I numeri sono quindi confortanti e i centri commerciali si sono dimostrati più resilienti di altri canali. Certamente ci sono categorie che hanno sofferto maggiormente, come il food e il leisure, e su questo sarà necessario che tutte le property trovino delle forme di sostegno specifiche. In questo senso, per favorire un dialogo comune, anticipo che una delle commissioni motore del CNCC sarà proprio quella del food & leisure.

Guardando all’escalation dei contagi e alle misure anti Covid introdotte da alcune Regioni, con cui hanno ordinato la chiusura dei centri commerciali nei weekend, quali sono i possibili impatti economici sul settore e quali azioni intende intraprendere?
È ancora presto per calcolare gli impatti di questi provvedimenti. Sicuramente reagiremo in quanto crediamo di esserci comportati bene fin dal periodo di lockdown, non solo rispettando le regole e i protocolli previsti dalle normative di legge e dalle ulteriori prescrizioni delle autorità locali e sanitarie, ma anche dotandoci di linee guida CNCC molto prudenti a tutela della salute dei dipendenti e dei cittadini. I clienti lo hanno capito e, infatti, sono tornati nelle nostre strutture. Questi provvedimenti scomposti, con differenze da Regione a Regione, creeranno incomprensioni nella popolazione e aumenteranno il disagio. Stiamo studiando le iniziative da intraprendere che, ove possibile, condivideremo con le altre Associazioni.

Tema locazioni e rinegoziazione dei contratti. Come associazione intendete favorire l’incontro e la soluzione delle controversie tra landlord e tenant?
Non è nostra intenzione, in quanto il CNCC non è un’associazione di categoria. Per mia esperienza, inoltre, non credo molto alla contrattazione gestita dalle associazioni su un contratto privatistico quale è il contratto di affitto di azienda o di locazione. Ciò che posso dire è che lo sforzo profuso dalle singole proprietà e dai singoli tenant è stato eccezionale: le comunicazioni fornite da tutte le property quotate dimostrano come queste siano arrivate al 90-95% di accordi sottoscritti con i tenant, per cui non c’è neanche stato bisogno di interventi esterni.

Grandi player, soprattutto nel settore del fast fashion, stanno riducendo la propria presenza fisica in favore di quella digitale. Come intendete affrontare questo trend che in poco tempo potrebbe determinare maggiori vacancy?
Alcuni operatori hanno dichiarato di puntare sull’online, per cui si deduce che chiuderanno dei negozi nelle città dove sono sovraesposti. Parallelamente, a mio giudizio, nelle città di provincia dove contano un solo punto vendita non potranno dismetterlo, perché perderebbero appeal anche sul canale online. Non dimentichiamo, infatti, che in quei casi il negozio fisico è un flagship. Quindi non sono preoccupato: il negozio fisico sta dimostrando anche in questa fase che, quando riesce a trasmettere un’esperienza, la gente ci entra e compra il prodotto. Se poi ci saranno vacancy leggermente più elevate non sarà un problema, bensì diventeranno occasioni per sperimentare nuovi servizi, come quelli a vocazione sanitaria, e per inserire ristorazioni più evolute. Indossando per un attimo il cappello di IGD, posso dire che stiamo registrando successi straordinari con tutto ciò che è servizio sanitario.

Infine, come si declina il concetto di omnicanalità per i centri commerciali?
Credo che anche da questo punto di vista siano stati fatti significativi passi avanti, nella misura in cui oggi i centri commerciali riescono ad attivare e a sfruttare link importanti con il mondo dell’online. Ciò su cui si deve fare ancora molto, invece, è trovare una sinergia tra centro commerciale e retailer. La soluzione sarebbe quella di attivare una politica di CRM comune. E numerosi operatori stanno lavorando proprio in questa direzione. I risultati, in molti casi, sono prossimi ad arrivare e, una volta comunicati, il settore acquisterà ancora più consapevolezza sulle grandi sinergie che si possono attivare tra il mondo dell’online e quello dell’offline.

Di Andrea Penazzi

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