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Consumi in calo del 34% nel primo trimestre, con picchi ad aprile del -70%. La crisi sanitaria e le conseguenti decisioni del Governo centrale e dei governatori delle regioni hanno messo in ginocchio il settore della distribuzione automatica, che in Italia si compone di 3mila aziende e circa 30mila lavoratori, a cui si aggiunge un indotto di altri 12mila.

I dati sono stati resi noti ieri in occasione degli Stati Generali del Vending, evento full digital in cui è stato presentato da Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, lo Studio di settore sulla Distribuzione Automatica in Italia, seguito da un momento di dibattito con primari esponenti politici.

Secondo Confida, Associazione Italiana Distribuzione Automatica, il comparto è arrivato a perdere, ad aprile, anche il 70% del fatturato e, dopo una breve ripresa, a partire da ottobre sta di nuovo crollando a picco. A pesare sulle condizioni del settore è il forte calo delle consumazioni (-33,79% la perdita progressiva dei primi sei mesi, con stime ancora più gravi per il periodo della prima ondata di COVID-19) nei luoghi dove il vending è più forte e la mancanza di aiuti dallo Stato che non ha incluso il settore nel cosiddetto DL Ristori Bis.

Nei primi sei mesi dell’anno, secondo dati Confida elaborati da Ipsos, le principali categorie di consumazione del vending hanno subito un forte calo: rispetto allo stesso periodo del 2019 sono stati venduti il 27,51% in meno di caffè e il 42,98% in meno di bottigliette d’acqua. Consumi quasi dimezzati (-46,52%) per gli snack salati – es., patatine, taralli, cracker e schiacciatine – e netta diminuzione delle vendite (-38,61%) anche per quelli dolci come biscotti, brioches e merendine.

«I DPCM emanati da ottobre in poi – commenta Massimo Trapletti, presidente di Confida (in foto di apertura) – non vietano l’operatività delle vending machine. Tuttavia, introducono lo smart working per la Pubblica Amministrazione e gli uffici privati, la didattica a distanza per scuole e università, vietano le visite dei parenti negli ospedali e nelle strutture sanitarie, ecc. Così facendo, I distributori automatici – anche se accesi – non vengono utilizzati perché non c’è il passaggio dei consumatori. Il risultato è perdite ingenti per i gestori del servizio».

A questa situazione si aggiungono i canoni concessori e demaniali che le imprese devono pagare per installare i distributori automatici nel settore pubblico – anche se le macchine sono di fatto ferme – e alcune iniziative ministeriali che rischiano di deprimere ancor più i consumi. Il Ministero dell’Ambiente ha, per esempio, redatto una prima versione di CAM (Criteri Ambientali Minimi), delle linee guida che condizioneranno gli acquisti del servizio di somministrazione di alimenti e bevande tramite distributori automatici: i criteri indicati nella prima bozza ministeriale rischiano di rendere impossibile il servizio del vending in tutta la Pubblica Amministrazione, ha specificato l’associazione.

«Confida – dichiara Massimo Trapletti – a nome delle aziende del settore della distribuzione automatica chiede che il Governo si impegni a prendere misure a favore del comparto come la cassa integrazione Covid-19 in deroga giornaliera, l’inserimento del settore tra quelli sostenuti dai DL Ristori, il credito d’imposta al 70% dell’importo dei canoni concessori per l’anno 2020-2021, la messa in campo di contributi a fondo perduto per investimenti in innovazione, digitale e sostenibilità, e infine – conclude Trapletti – la riduzione dell’aliquota IVA del vending dal 10% al 4% per il 2021».

Senza queste misure, si aggraverebbe la già critica situazione di un settore in cui l’Italia è leader a livello internazionale. L’Italia, infatti, è prima in Europa per numero di vending machine installate (oltre 820mila), seguita da Francia (590mila), Germania (545mila) e Inghilterra (421mila). Il settore nel 2019 erogava oltre 6 miliardi di consumazioni l’anno, di cui quasi 5 miliardi nel solo mercato automatico.

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