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Il 2020 di Tesco, gigante della distribuzione britannico, si preannuncia già movimentato dopo i primi due mesi dell’anno in cui il brand ha portato a termine tre diverse operazioni: il cashless store di Londra, il ridimensionamento delle bakery e la ritirata dal mercato cinese.

Forte di un 2019 chiuso a 64 miliardi di sterline di fatturato e un utile netto intorno agli 1,3 miliardi, Tesco sta cercando di resistere all’entrata dei player digitali nel proprio settore facendo leva sul riordino della propria presenza brick&mortar di circa 6.800 punti vendita in tutto il mondo.

Le operazioni sul format

La prima operazione, in ordine cronologico, è il lancio del cashless store a marchio Tesco a Londra. Situato nel quartiere Holborn, il punto vendita ha 14 punti cassa, di cui solo due dotati di staff per facilitare gli acquisti di alcolici e tabacchi. Per Tesco di tratta del secondo esperimento di negozio senza casse (il primo è stato aperto presso la sede a Welwyn Garden City) e risponde alle crescenti esigenze di una spesa veloce e a misura di pagamenti veloci. L’apertura del nuovo format ha anticipato l’annuncio della revisione delle panetteria all’interno dei punti vendita d’Oltremanica. Da maggio in poi, infatti, inizieranno le operazioni di riammodernamento che porteranno con sé la riallocazione di 1.816 dipendenti. «Dobbiamo adattarci al cambiamento della domanda e delle preferenze in termini di panificazione da parte dei nostri clienti al fine di offrirgli sempre la migliore linea di prodotto possobile», ha commentato Jason Tarry, chief executive di Tesco in UK e Irlanda. Una mossa che arriva a un anno esatto dall’annuncio della riduzione delle superfici dedicate ai prodotti freschi e freschissimi e a sei mesi dalla riduzione di personale in diversi punti vendita express a insegna Tesco Metro (circa 153 attivi nel canale high street).

Chinexit

Infine, l’uscita di scena dal mercato cinese. Il 28 febbraio, Tesco ha ufficializzato la vendita del 20% della società mista Gain Land costituita, nel 2014, con China Resources Holdings (conglomerata orientale con un fatturato annuo di circa 82 milioni di dollari) e che vanta una rete di oltre 3.100 punti vendita, di cui 131 a insegna Tesco. La transazione, ultimo atto dell’ad uscente Dave Lewis, ha fruttato al gruppo inglese un gruzzolo di 275 milioni di sterline e rappresenta un ulteriore passo verso l’abbandono del mercato asiatico. Oltre alla Cina, Tesco starebbe riconsiderando anche la sua presenza in Malesia e Thailandia (dopo aver già tagliato le proprie operazioni in Corea del Sud e Giappone), eventualità che ridurrebbe il perimetro estero dell’azienda al solo mercato europeo (sopratutto est europeo con Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca sugli scudi).

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