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Da sempre impegnata nell’internazionalizzazione digitale per i brand italiani sul mercato cinese, Retex rappresenta il ponte per un business retail sempre più globalizzato e ibridato. Aspetti fondamentali che, con l’impatto dell’emergenza Covid, hanno iniziato a bussare fortemente alla porta di marchi e aziende italiane.

Dal fashion alla GDO, tutte le imprese attive nel retail si sono messe alla ricerca di uno sbocco sul mercato che riesca a dare un senso agli investimenti in omnicanalità. «Una parola spesso abusata e altrettanto spesso non realizzata», ha raccontato a r&f Andrea Negrin, managing direcor di Retex.

La GDO è stato il campione del retail in questo 2020. Ma ha dovuto fare i conti con un rapido processo di
evoluzione. Dove stiamo andando?

Quando ho iniziato a lavorare io, negli Anni 90, in concomitanza con la nascita di Amazon e Alibaba, si pensava che il futuro della grande distribuzione sarebbe stato negli ipermercati e nei centri commerciali. Nonostante l’eCommerce fosse già nato e si iniziassero a vedere i primi progetti digitali. E vista come è andata a finire la storia non ci resta che assumere un dato incontrovertibile: il retail è un perenne caleidoscopio di cambiamenti in continua evoluzione. Collegare tutto ciò, come fanno alcuni, a dei trend dovuti alla necessità del momento, al lockdown, alla crisi economica, è un ragionamento sbagliato. L’unico vero format che, nella GDO, ha fatto un salto quantico è il discount, che negli ultimi 10 anni è cresciuto del 24% a livello europeo. Per il resto siamo di fronte a processi di ibridazione.

Di che tipo?

Due in particolare. Il primo riguarda la compenetrazione fra la ristorazione e i supermercati. Proprio negli ultimi due, tre anni molte catene aprono una loro food court all’interno dei propri spazi. Questo perché già prima del lockdown l’out of home trainava la trasformazione dei format che portava a pensare che, poco alla volta, le persone avrebbero sempre meno cucinato a casa e quindi sempre meno comprato al supermercato a favore di una maggiore frequentazione del foodservice. La seconda grande ibridazione, che spiega molto bene il boom del “sotto casa”, è quella fra supermercato e discount. Quest’ultimo non è più un format caratterizzato da un layout spartano e servizi scarni. Mentre il primo è alla ricerca di un nuovo posizionamento a livello di prezzo e offerta di item messi in vendita.

E poi c’è l’eCommerce. In che modo la digitalizzazione accelerata indotta dal lockdown ha favorito questo canale e contribuito a far atterrare concretamente il concetto di omnicanalità?

Retex nasce proprio con questa mission: cercare di dare concretezza all’omnicanalità. Una parola spesso abusata e altrettanto spessa non realizzata. Sicuramente, oggi, il concetto è più chiaro ma viene adottato con velocità diverse a seconda del settore di riferimento. Il food inteso come grande distribuzione e ristorazione, per esempio, è più lento nel creare quel ponte tra fisico e digitale capace di offrire un’esperienza senza frizioni al cliente. Il motivo risiede nelle economie di scala che si possono generare e che, visto l’attuale stato della domanda, non permette un cambiamento più netto. Nel retail non-food, la cosa è completamente diversa. Qui l’omnicanalità sta già generando cambiamenti nel mondo fisico con le grandi catene del fast fashion, per esempio, che dichiarano di chiudere un certo numero di store non tanto perché non reggono la concorrenza ma perché l’innovazione sta marciando permettendo di ingaggiare il cliente lungo tutto il customer journey e non solo nel negozio high street.

Cosa manca per un completo dispiegamento delle potenzialità dell’omnicanalità quindi?

Essenzialmente si tratta di una questione di sensibilità tecnologica che, molte volte, è un problema strutturale di processo che coinvolge, per esempio, la catena logistica di approvvigionamento. Il mercato cinese, invece, sembra molto più avanti da questo punto di vista. Parecchie puntate più avanti direi. Per un consumatore cinese, oggi, è assolutamente impensabile fare un’esperienza d’acquisto portandosi dietro il portafoglio. Grazie alla larghissima diffusione e funzionalità di piattaforme come WeChat, creare una user experience senza barriere diventa più facile, più di uso comune, più social. Tanto che ora siamo di fronte a un nuovo, ulteriore capitolo della saga: lo streaming commerce. Un fenomeno che lo stato, nel 2016, aveva cercato addirittura di arginare ma senza successo visto l’impatto dirompente sul mercato, dove questa pratica pesa per il 9% del valore delle vendite online; 61 miliardi di dollari di business. Insomma, se vogliamo guardare al futuro del retail non dobbiamo più volgere lo sguardo agli USA, ma alla Cina.

E cosa possono fare le aziende italiane per avvicinarsi a questo mondo?

Come Retex siamo i fornitori del servizio Pavilion Italia lanciato da Agenzia ICE in collaborazione con Tencent per creare in WeChat una piattaforma di vendita per 300 brand italiani. In questo modo, i brand del Made in Italy potranno contare su una vetrina online finanziata dal governo italiano e supportata, a livello logistico e amministrativo, da Retex. Oltre a questo, i brand italiani devono iniziare a conoscere questo mercato, questa cultura e i suoi asset economici e digitali.

N.G.

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