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Inditex, proprietaria di Zara, ha chiuso il 2020 con utile netto in calo del 70%, a 1,1 miliardi di euro.

Il retailer spagnolo, che conta nel mondo 6.829 negozi, ha subito una flessione delle vendite del 28%, a 20,4 miliardi di euro. Il boom dell’e-commerce (+77%), ha raddrizzato solo parzialmente i conti.

Al 31 gennaio, chiusura dell’anno fiscale, risultava ancora chiuso un terzo dei negozi. All’8 marzo, il 15%. Il gruppo prevede la totale riapertura entro il 12 aprile.

Il risultato dell’ultimo trimestre (profitti giù del 53% a 435 milioni) è stato più debole rispetto all’attesa della maggior parte degli analisti, causato dalle restrizioni proseguite durante e dopo le vacanze di Natale in molti Paesi europei.

Inditex, nella nota, ha anche fornito un aggiornamento sul piano di riorganizzazione dei punti vendita, annunciato lo scorso giugno, che punta a concentrare gli investimenti su quei monomarca, in cui è possibile servire sia la clientela fisica sia l’on line. Su un totale di 1.200 chiusure pianificate, ne sono state concluse 751.

Quanto ai brand del gruppo, Zara e Zara Home continuano ad apportare il 69,2% dei ricavi di vendite (14,12 mld), Bershka l’8,6% (1,8 mld), Pull&Bear circa il 7% (1,42 mld), Stradivarius il 6,2% (1,28 mld), Massimo Dutti il 5,9% (1,19 mld), Oysho il 2,5% (0,52 mld) e Uterqüe lo 0,3% (75 milioni).

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