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Milano – La suggestiva Sala Reale della Stazione Centrale di Milano ha ospitato ieri mattina il convegno “Blurring the Boundaries of Commerce” (oltrepassando i confini del commercio), dedicato al Travel Retail (TR), organizzato dall’associazione Popai.

L’incontro è stato condito dall’ormai abituale, strabordante, protagonismo del moderatore, Luigi Rubinelli, da alcune sue simpatiche ossessioni (toilette, colonnine per ricarica cellulari) ma non sono mancate notizie interessanti.

La prima relazione, affidata a Fulvio Fassone direttore commerciale di Aeroporti di Roma, ha evidenziato il fatto che il canale del travel retail in Italia ha ancora ampi spazi di crescita.
Oggi il mercato nazionale degli specialist retailer (i negozi aeroportuali esclusi i duty free) vale circa 600 milioni di € di fatturato, di cui il 40% è realizzato a Fiumicino. Mentre la ristorazione aeroportuale in Italia si attesta attorno ai 200 milioni di € di cui il 45% realizzato sempre a Fiumicino.

Il traffico passeggeri aumenterà e di conseguenza il mercato legato al travel retail, già oggi relativamente favorevole, è destinato a crescere. Soprattutto in Asia, Sud America e Medio Oriente ma anche l’Europa si potrà togliere qualche soddisfazione fino a superare gli States per numero di passeggeri. Il segmento di clientela aerortuale più interessante sarà quello degli high spender attratti, ça va sans dire, dai prodotti di lusso.

Per quanto riguarda il futuro di Fiumicino, Aeroporti di Roma investirà circa 11 miliardi di euro nei prossimi 30 anni.

La prima grande realizzazione, cui già si sta lavorando, sarà il nuovo molo che consentirà di gestire ulteriori arrivi/partenze di 14 apparecchi in contemporanea e che sarà ‘preceduto’ da un avancorpo da 11.000 mq con ampie aree commerciali.
Alla fine dei lavori, tra 30 anni circa, secondo le attuali previsioni, il Leonardo da Vinci potrà gestire fino a 100 milioni di passeggeri all’anno (37 milioni nel 2012). Numeri impressionanti, a nostro modesto parare eccessivi e tutti da dimostrare. Ma di qui al 2043…

Una curiosità data in pasto a Rubinelli: gestire il wi-fi (a Fiumicino gratuito per i primi 30′) costa ad Adr circa 500.000 €/anno.

Stefano Mereu, direttore commerciale di Grandi Stazioni, oltre ad aver ospitato l’evento ha riassunto l’attività della sua società secondo uno schema consolidato, già visto in altre occasioni.
In sintesi: 500 i negozi aperti oggi, con un fatturato 2012 di circa 200 milioni € generato in gran parte, circa il 65%, da attività non retail (facility management, RE, advertising ecc.)
Tanti fatti e numeri positivi, pochissime ombre, secondo l’infaticabile Mereu, nel network delle 14 stazioni italiane gestite dalla sua società. La nostra impressione è meno trionfalistica ma tant’è. D’altra parte a Stefano Mereu va riconosciuta una grande capacità di negoziazione con retailer di ogni tipo, una tenacia inossidabile e una pazienza ormai proverbiale, allenata a furia di controbattere alle critiche che in ogni occasione piovono addosso a Grandi Stazioni: pulizia, sicurezza, toilette…

A cavallo del coffee break (breve e con poco coffee) le case history di successo, come da prassi.

Comincia Federico Astori di Sephora, nota catena beauty in pancia all’onnivoro gruppo LVMH. Astori racconta che dal 1999 Sephora è in stazione, a Termini, quindi hanno aperto Milano, Torino e a breve toccherà a Venezia.
Come a dire che il format di Sephora si è perfettamente inserito tra binari e marciapiedi, con una formula adeguata alla fretta e all’acquisto d’impulso tipici del canale travel retail.

Dai profumi si passa all’elettronica con Maurizio Motta di Mediamarket, che dedica buona parte del proprio intervento ad illustrare lo store Saturn aperto a inizio 2013, proprio in stazione Centrale a Milano, “il più bel negozio del nostro Gruppo in tutta Europa”.

Nel futuro del retail l’urbanizzazione sarà fondamentale, con sempre meno auto e sempre più connessioni basate sui mezzi pubblici. Milano Centrale è appunto al centro del trasporto pubblico locale ma anche nazionale ed ecco servita la motivazione per la scelta della costosa e non abituale location. D’altra parte – anticipa Motta – il marchio Saturn si concentrerà sempre più nei centri urbani.

Queste premesse sono importanti per comprendere la soddisfazione di Motta per i risultati raggiunti fin qui, non certo entusiasmanti in termini strettamente economici. Anche se in media un negozio Mediamarket va a regime dopo 24-36 mesi, quindi è ancora presto per fare valutazioni definitive.

Rimane il fatto che, di solito, il ritorno sugli investimenti per un nuovo punto vendita del Gruppo arriva dopo 12-18 mesi dall’apertura, mentre nel caso del Saturn di Centrale occorrerano almeno tre anni, Motta dixit. D’altra parte l’indice di conversine medio tra visitatori del negozio e clienti è del 35-40%, qui in stazione molto più basso.

Notizia a margine: le vending machine Mediaworld posizionate negli aeroporti non funzionano. Troppo cari gli affitti rispetto ai ricavi (le abbiamo osservate nel tempo, spesso in rottura di stock: se non si vende la colpa non è solo dei prodotti o dei clienti).

Qualche considerazine o meglio approfondimento sull’intervento di Motta e sulla concezione multichannel/omnichannel di Mediamarket merita di essere fatta in altra sede. E non ne mancherà occasione.

Paolo Selva ha chiuso la mattinata raccontando lo sviluppo del marchio Boggi in Italia e nel mondo, 130 negozi, in 25 nazioni che puntano con nettezza e decisione al prodotto di segmento medio/premium.