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Da qualsiasi parte la si voglia guardare, resta una lose-lose situation. L’Enrico Forlanini di Linate era e resta un naturale cul-de-sac da cui il sistema aeroportuale del nord Italia non sa o vuole uscire: a microfoni spenti gli addetti ai lavori concordano perlopiù sul fatto che, finché lo scalo milanese non verrà depotenziato ai minimi termini (o meglio, destinato ad altri usi), non c’è prospettiva di dare a Malpensa dignità di hub intercontinentale.

La cronistoria degli anni passati, dal de-hubbing di Alitalia all’esperienza mordi e fuggi di Lufthansa Italia, ben poco ha insegnato se dietro l’angolo fa ancora capolino la guerra fratricida fra scali SEA, accuratamente promossa dalla Etihad di turno (ma anche da Air France-KLM e Lufhansa), col far crescere Linate a colpi di voli point-to-point a discapito di Malpensa per traghettare importanti porzioni di traffico su altri snodi aeroportuali.

Il tutto, va da sé, mentre l’indice di connettività dell’area metropolitana di Milano continua a scivolare. In questa empasse, Linate resta giocoforza una porta d’accesso preferenziale al territorio con poco meno di 9 milioni di passeggeri registrati nel 2013 (-2,1% sul 2012, a fronte di un -3,1% di Malpensa) e una vocazione business che tiene negli anni (53%), anche se perde quote di mercato interno sulle direttrici per Roma e Napoli a favore dell’offerta dell’alta velocità.

L’articolo completo è pubblicato sul numero di marzo 2014 di r&f: acquistalo sull’App Store oppure abbonati alla versione cartacea