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Nuovo anno, stessa storia: nel 2018, i centri commerciali attivi in Italia sono 948 contro le 949 strutture del 2017. Un saldo negativo dovuto all’apertura di 10 nuovi shopping mall e la chiusura di altri 9. A dirlo è il 6° Rapporto Confimprese-Reno che, come ogni anno, ha tracciato lo stato di salute di questo particolare canale retail.

Non solo centri commerciali, però. Il rapporto registra l’aumento dei retail park (180 vs. 172) e la stabilità degli outlet (30 vs. 31). Numeri che portano il totale a 1.158 strutture aperte, con 79 nuovi progetti in pipeline entro il 2022 (di cui 38 centri commerciali) e 4 nuovi ampliamenti di livello A-AAA attesi per il prossimo anno.

Trend e timori

All’interno dello scenario appena descritto, si delinea un trend di cui operatori e mercato dovranno tenere conto sul breve periodo: i centri di medio e alto livello mostrano una maggiore tenuta e compensano le chiusure dei piccoli. Il 7% dei centri tripla B (25-80 negozi, 3,5-5 milioni di visitatori l’anno) non riesce a mantenere il traffico e perde posizione. Solo chi ha avuto il coraggio di rinnovare la galleria ne ha tratto beneficio. «Il vero problema oggi – ha chiarito Mario Resca, presidente Confimprese – è il pericolo di dover tornare alla chiusura dei negozi la domenica e nei giorni festivi. A rischio ci sono 150mila posti di lavoro e una perdita di fatturato per il settore retail del 12 per cento. Oltre a mortificare i consumi, si scoraggerebbero gli investimenti nel retail, settore immobiliare incluso. Chiudendo la domenica, quando i consumatori e le famiglie hanno tempo libero, si vanificherebbe lo sforzo dell’industria dei centri commerciali di ripensarsi per diventare sempre più luoghi di aggregazione, e non solo di consumo, e contrastare così l’avanzata dell’e-commerce».

Il futuro

Allargando lo sguardo ai prossimi sviluppi, il futuro dei centri commerciali deve far fronte ai mutamenti dei consumi: «Nel tempo il retail è diventato autoreferenziale – ha commentato Gian Enrico Buso, partner di Reno – ed è prevalsa un’omologazione dell’offerta a livello globale in nome del primato dei volumi. L’online è un fenomeno inesorabile, un’alternativa di consumo, anche se l’Italia sconta un ritardo rispetto alle economie anglosassoni: in Uk gli eShopper sono l’80%, negli Usa il 78% e in Italia il 35 per cento. È stata la tecnologia che ha rimesso al centro l’individuo e si è rivolta direttamente ai singoli: il mantra è diventato tutto e subito, qui e ora, e l’aspettativa si è alzata».

I progetti milanesi

A tutto questo rispondono, per esempio, i grandi progetti di riqualificazione urbana a Milano con architetture azzardate e all’avanguardia, materiali di pregio e tecnologie innovative: Porta Nuova, 290mila mq (21mila di retail) con piazza Gae Aulenti che prelude alla zona residenziale e al Bosco Verticale, propone il modello della main street che attraversa il quartiere culminando nella piazza centrale; Citylife, 166mila (31mila mq di retail), rappresenta il progetto di distretto autosufficiente che ha ridefinito i confini dello spazio commerciale. Si tratta di due soluzioni commerciali sempre più integrate con il tessuto urbano, collegate con la metropolitana, con i centri direzionali. I entrambi i casi, la galleria non è molto grande ma ha un’offerta più segmentata con l’introduzione dei brand di lusso e insegne temporary di fascia premium. Lo spazio maggiore è dedicato a esperienze fortemente targettizzate, eventi a prova di social, mostre, pop art store, corsi di formazione, attività a tema. Il food, che negli ultimi 5 anni si è fatto sempre più piccolo e targettizzato, è presente ma non è un driver. Il tutto in attesa di Westfield 2021. Il progetto di Unibail-Rodamco dovrebbe rappresentare la sintesi del centro commerciale del futuro: 240mila mq, Galeries Lafayette da 18mila mq, 300 negozi, 50 boutique, 16 sale Uci cinema, 50 ristoranti di lusso, collegamenti con M4 dall’aeroporto, tecnologie innovative.

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