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La Commissione europea ha adottato il 31 gennaio un piano d’azione europeo per il commercio al dettaglio e un Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella supply chain tra imprese di prodotti (alimentari e non alimentari). Che cosa prevedono e che effetti avranno questi piani sulla quotidianità di retailer e consumatori? Le risposte alle “Ask” pubblicate sul sito della Commissione danno un’idea un po’ meno (ma relativamente) fumosa di quanto si trova nel comunicato stampa.

Le azioni previste dal piano d’azione per il retail rispondono a cinque priorità:

  1. dare maggiori diritti ai consumatori informandoli meglio. Dovranno essere sviluppate delle linee guida e codici di condotta che facilitino la comparazione dei prezzi, della qualità e della sostenibilità dei prodotti e dei servizi. Si ipotizzano siti web che mettano a confronto i prezzi a livello transfrontaliero, in modo da far apprezzare ai clienti i vantaggi del Mercato Unico.
  2. migliorare l’accessibilità dei servizi al dettaglio promuovendo uno scambio di buone pratiche tra gli Stati membri sulla programmazione commerciale e territoriale. Il confronto tra le leggi dei singoli Stati sul commercio dovrebbe portare a una politica di tolleranza zero contro le restrizioni che infrangono le normative europee.
  3. favorire relazioni commerciali più eque e sostenibili lungo la catena di fornitura dei prodotti alimentari e non alimentari; a questo scopo è partita la redazione di un Libro verde sulle pratiche commerciali scorrette nel settore.
  4. collegare meglio tra loro il commercio al dettaglio e l’innovazione. Un esempio? Prendere misure per assicurare una migliore integrazione dei pagamenti via carta, su internet e su dispositivi mobili.
  5. migliorare l’ambiente di lavoro, ad esempio grazie a una migliore corrispondenza tra le esigenze dei datori di lavoro e le competenze del personale. Nella pratica questo vuol dire identificare e anticipare i bisogni di competenze attraverso la creazione di un “Sectorial Skill Council” europeo. Un altro degli obiettivi è migliorare le politiche di formazione e “reskilling”.

Cosa succederà, quindi? La Commissione istituirà un gruppo permanente per la competitività nel commercio al dettaglio. Sarà composto da esperti provenienti da diverse direzioni generali e  contribuirà a sviluppare ulteriori obiettivi specifici per i settori individuati, a monitorare i progressi conseguiti e a formulare raccomandazioni per assicurare la piena attuazione delle azioni incluse nel piano.

Una delle iniziative principali, in questo contesto, consiste in un Libro verde che avvia una consultazione sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese, adottato contemporaneamente al piano d’azione. La consultazione, della durata di tre mesi, aiuterà la Commissione a valutare l’entità delle pratiche commerciali sleali e a raccogliere elementi di prova circa la loro incidenza sull’economia e sull’attività transfrontaliera. Esaminerà inoltre l’efficacia dei quadri legislativi e di autoregolamentazione adottati per combattere queste pratiche a livello nazionale ed esaminerà il rischio che gli attuali approcci divergenti conducano a una frammentazione del mercato unico. Parola d’ordine, quindi, è ridurre le differenze. Tutti gli interessati sono invitati a presentare le loro opinioni in risposta alle domande formulate dal Libro verde entro il 30 aprile 2013.

Non è che di questi temi non si sia parlato finora. Anzi. Nel caso specifico delle pratiche commerciali sleali nel settore alimentare, è stata istituita nel 2010 una piattaforma di esperti sulle pratiche contrattuali tra imprese in seno al Forum ad alto livello per un migliore funzionamento della catena di fornitura alimentare, incaricata di cercare soluzioni al problema.

In occasione della riunione del Forum ad alto livello del dicembre 2012 (si veda IP/12/1314) è stato annunciato un approccio duplice. L’adozione del Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese interviene parallelamente alle attività del Forum e la Commissione intende avviare una valutazione d’impatto che analizzi diverse opzioni possibili per affrontare la situazione, dall’autoregolamentazione all’emanazione di un atto legislativo.

Finora sembra il classico gioco europeo di fare studi che rimandano a futuri studi. Vedremo se il passaggio a un piano d’azione porterà a provvedimenti più consistenti.