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Da una parte la politica, con le Regioni Lombardia e Veneto che chiedono al Governo di far chiudere tutti gli esercizi commerciali per 15 giorni, ad esclusione di alimentari e farmacie.

Dall’altra gli operatori stessi, che, nelle prossime ore, potrebbero decidere di chiudere migliaia tra negozi e ristoranti in tutta Italia, seguendo le indicazioni di Confimprese.

Dopo l’appello lanciato nei giorni scorsi sulle pagine de Il Sole 24 Ore al Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC), con cui chiedeva sostanzialmente un incontro e un accordo che portasse le proprietà a congelare temporaneamente gli affitti, e ancora la pubblicazione dei dati drammatici degli incassi nel secondo weekend di chiusura di centri commerciali e outlet (-96% nel fashion e -80% nel food/ristorazione), Confimprese sarebbe pronta a rivolgersi direttamente al Governo con una missiva e a dare indicazione ai propri associati di abbassare da subito le serrande.

Mario Resca, presidente Confimprese

«La crisi Covid 19 sta mettendo in ginocchio i retailer, in particolar modo chi opera nei centri commerciali/outlet e se non si interviene subito molti operatori potrebbero non avere le risorse per onorare le prossime scadenze di pagamento – ha dichiarato questa mattina Mario Resca, presidente Confimprese – Per questo serve una moratoria provvisoria sui canoni di affitto che dia temporaneo respiro finanziario alle aziende più colpite e con recupero nell’arco di 12-14 mesi. Confimprese si farà parte attiva presso il Governo e presso le proprietà immobiliari dei centri commerciali e outlet e le loro associazioni per ottenere da subito misure che garantiscano la continuità aziendale di tutte le parti coinvolte. Garantire la continuità aziendale e il mantenimento dei livelli occupazionali è la nostra principale preoccupazione. È fondamentale che, in momenti come questi, le associazioni di categoria si facciano garanti di soluzioni mediate, evitando che l’esasperazione e il disagio dei singoli producano posizioni individuali di difficile gestione. Non dimentichiamo che i franchisee, soprattutto quelli di piccole dimensioni, vivono degli incassi giornalieri e si troveranno ad avere il cassetto della cassa vuoto. Invochiamo la ragionevolezza e il buon senso di tutti per non aggiungere ulteriori elementi di crisi a un sistema già gravemente sotto stress. Il nostro obiettivo è garantire la tenuta del sistema e per farlo ognuno deve fare la sua parte. È necessario uscire vivi da questa situazione, che non sappiamo quanto potrà durare: retailer e landlord devono trovare un punto di accordo necessario per non soccombere». A.P.

ore 15:40: L’annuncio della chiusura

«Nell’attuale gravissima situazione di emergenza sanitaria nazionale e internazionale – specifica nel pomeriggio Mario Resca, presidente Confimprese – ci sono interessi superiori e preminenti cui le nostre scelte imprenditoriali devono necessariamente ispirarsi: la salute pubblica (ex art. 32 della Costituzione), la salute dei nostri dipendenti (ex D. lgs. 81/2008) e la nostra salute individuale (ex artt. 2 e 32 della Costituzione). Pertanto le nostre aziende chiuderanno i negozi su tutto il territorio nazionale».

I provvedimenti adottati dall’autorità pubblica per contenere l’emergenza sono da considerarsi causa di forza maggiore ai fini della disciplina dell’inadempimento delle obbligazioni secondo gli articoli 1218, 1256, 1258, 1463 e 1464 del codice civile. Questo esclude la responsabilità del debitore che ritarda o non esegue l’adempimento delle sue obbligazioni contrattuali. Analoghi esoneri da responsabilità andrebbero riconosciuti anche per gli operatori che, pur non essendo direttamente interessati dalle misure di contenimento, ne subiscono indirettamente gli effetti, riscontrando condizioni di impossibilità oggettiva nella gestione delle normali attività.

«I provvedimenti restrittivi che vietano qualsiasi forma di aggregazione pubblica o privata, come il caso di outlet e centri commerciali e il droplet imposto alle aziende della ristorazione, impattano direttamente sui retailer. Tale riconoscimento potrebbe agevolare una moratoria sul pagamento dei canoni di locazione a centri commerciali e outlet da parte dei retailer per il periodo di emergenza. Si tratta di canoni già elevati, che in media incidono dal 10 al 20% sul fatturato del singolo punto vendita e sono insostenibili nell’attuale contesto di riduzione del giro d’affari del 50%, in particolar modo per piccoli imprenditori in franchising» conclude Resca.

Confimprese ha inoltre reso noto di aver inviato “la seconda lettera al CNCC, che rifiuta il confronto“.

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