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Con la nomina di Lucio Rossetto a business chief officer, Lagardère Travel Retail si appresta ad affrontare il 2021 puntando sul mercato cinese: «Là noi riusciamo già oggi a realizzare vendite che sono superiori a quelle dell’anno precedente grazie a un traffico ormai prossimo ai livelli pre-pandemici», ha raccontato Rossetto.

Il 2020 del travel retail ha rappresentato il punto più basso nella storia dell’industry. La pandemia Covid-19, la limitazione agli spostamenti, la riduzione dell’offerta aeronautica e quella sensazione di insicurezza che ha pervaso i possibili viaggiatori hanno rappresentato degli ostacoli quasi insormontabili per molte aziende del settore. Fra queste, anche la francese Lagardère Travel Retail che ha chiuso il terzo quarto con una riduzione del fatturato del -66% a livello globale. A brillare, però, è stato il mercato cinese (dove il subconcessionario è presente dal 2007 e conta oltre 400 store in 26 aeroporti) che ha messo a segno un incoraggiante +35% grazie al boom del traffico
locale, nuove aperture e social commerce. «Il mercato cinese ha dimostrato che, una volta venuta meno la minaccia del virus, la domanda di viaggio è pronta al rimbalzo», ha affermato a r&f Lucio Rossetto, business chief officer di Lagardère Travel Retail.

Da poco ha lasciato la sede italiana per volare a Parigi a seguito della nomina a business chief officer. Quali sono i compiti, le mansioni e le aree di competenza del suo nuovo ruolo?

Lagardère ha una dimensione prevalente che è la geografia, quindi ogni Paese in cui siamo presenti fa capo a una business unit nazionale che gestisce il conto economico della propria entità. A queste si sommano delle strutture di supporto trasversali che gestiscono competenze per ciascuna business line. Tali competenze rappresentano l’oggetto della mia mansione insieme alle infrastrutture, al rapporto con i brand, agli acquisti, al marketing fino anche alla parte IT e logistica. Infine, c’è tutta la parte del corporate e social responsability in quanto strettamente collegato alla capacità delle varie business line proporre prodotti e creare l’offerta.

Nel mercato aeroportuale europeo, l’ultima novità è stata l’apertura del nuovo aeroporto di Berlino-Brandeburgo. Qual è la presenza di Lagardère?

Nel nuovo aeroporto di Berlino abbiamo aperto dieci negozi, tutti dedicati al travel essential con sei marchi diversi. Si tratta di una combinazione di insegne internazionali, come Relay che qui vede l’implementazione del nuovo format next generation, e brand locali.

Nonostante questa apertura, il travel retail, soprattutto quello aeroportuale, rimane in difficoltà. Che spazio c’è per soluzioni digitali che aiutino il settore a uscire dalla crisi?

Credo che la difficoltà in cui si trova il comparto non faccia altro che accelerare alcune tendenze precedentemente solo abbozzate o in ancora in fase di sviluppo piuttosto che farne emergere di nuove. Questo è vero in particolare per il digitale dove ovviamente c’è una maggiore necessità di tenere il passo con l’evoluzione delle abitudini dei clienti che in pochi mesi hanno raggiunto un livello di maturazione senza precedenti nell’utilizzo delle tecnologie. Insomma, un salto in avanti su una direzione che era già tracciata: marketing digitale, esperienze d’acquisto omnicanale, implementazione dell’eCommerce, ecc. sono fenomeni che esistevano già prima della pandemia ma che si manifestano con maggior urgenza adesso.

E per quanto riguarda format e layout dei punti vendita?

Attualmente non hanno subito grandi stravolgimenti. D’altronde, parallelamente all’adozione dei vari protocolli di sicurezza i volumi di traffico sono drammaticamente calati e questo ha impedito che nei nostri locali si toccassero
quei livelli di saturazione tali da dover modificare format e layout. Certo, questo non significa che dei cambiamenti non siano stati realizzati. Ci siamo concentrati principalmente nel garantire la sicurezza di clienti e dipendenti al fine di creare un ambiente che sia allo stesso tempo rassicurante e funzionale.

C’è il rischio che l’attuale situazione del mercato polarizzi la propensione alla spesa verso un’offerta convenience?

Ci sono due tendenze contrastanti. Da un lato, se si dovesse ulteriormente ampliare la base di persone che viaggiano, come è successo stabilmente negli ultimi anni, è possibile che la capacità di spesa si diluisca a causa di passeggeri basso spendenti. Dall’altro lato, il miglioramento del mix delle nazionalità, con una larga fetta occupata dalle classi medie dei paesi lontani ed emergenti, porterà nei nostri aeroporti dei passeggeri ben disposti all’acquisto.

A differenza degli altri mercati, quello asiatico ha avviato la propria ripresa. Quali sono le evidenze emerse in questa fase post-Covid?

Più che il mercato orientale, è quello cinese a farla da padrona. A Singapore, per esempio, si parla di pochi voli al giorno, che si contano su due mani al massimo. La Cina, invece, è in una situazione diversa. Là noi riusciamo già oggi a realizzare vendite che sono superiori a quelle dell’anno precedente grazie a un traffico ormai prossimo ai livelli pre-pandemici. Evidenze che rafforzano alcune previsioni. In primo luogo, l’importanza del mercato interno. Un’opportunità che, durante il rimbalzo estivo, l’Europa non è riuscita a cogliere a causa delle normative non armonizzate a livello comunitario. In secondo luogo, il mercato cinese ha dimostrato che, una volta terminata
l’emergenza sanitaria, il traffico riprende molto velocemente, soprattutto quello di corto raggio. Un messaggio di speranza in vista dei prossimi mesi.

Andando più nello specifico, che soluzioni possiamo importare dalla Cina?

Sicuramente vedremo un maggiore avanzamento della digitalizzazione in alcuni processi. Mi riferisco in particolare a pagamenti, ordini e delivery.

Proprio il delivery sembra uno degli strumenti maggiormente in voga. Tattica o strategia?

Anche prima del Covid ci sono stati dei tentativi per introdurre questo servizio nelle hall aeroportuali. La stessa Lagardère aveva iniziato a ragionarci assieme ad alcuni partner. Di sicuro si tratta di una possibilità in più offerta sia al foodservice sia al retail più tradizionale. Credo però che i fondamentali della ristorazione in aeroporto rimarranno gli stessi. Il delivery, quindi, diventa un pezzo della torta ma non la torta intera. Con lo sviluppo dei voli low cost e la necessità di accelerare alcune tempistiche in aeroporto, per esempio, la consegna diventa uno strumento aggiuntivo per garantire l’opportunità al passeggero di consumare prima di imbarcarsi.

Nelle ultime settimane ACI Europe e ETRC si sono impegnate in una campagna a favore dell’estensione del regime duty free anche agli arrivi, come già avviene in alcuni mercati extra-UE. Che vantaggi?

Si tratta di una grande opportunità di mercato, un ulteriore elemento dell’esperienza di viaggio e un sostegno al settore aeroportuale in un momento di gravissima crisi. Secondo le stime, l’introduzione del regime duty free agli arrivi potrebbe aumentare le vendite fino al 20-30% senza andare incontro a sostanziali danni erariali in quanto, tipicamente, questa vendita si rivolge a clienti che avrebbero altrimenti comprato nei paesi d’origine.

Per quanto riguarda l’Italia, in quanto vice-presidente di ATRI (Associazione Travel Retail Italia), cosa ci resta
di questo 2020?

Credo ci siano ancora tante paure sul futuro del travel retail. Ma allo stesso tempo sono convinto che i driver che hanno sostenuto la crescita del comparto saranno anche quelli che traineranno la ripresa. Come abbiamo visto in Cina, non appena viene meno la minaccia contingente del virus riemerge un forte desiderio di viaggiare. L’Italia poi gode di un forte appeal nei confronti dei passeggeri stranieri che considerano il Belpaese come meta principe per il turismo. Rimangono maggiori incertezze sul traffico business che, come abbiamo visto nell’ultimo periodo, può essere in parta sostituto da meeting virtuali. Infine, la questione della sostenibilità ambientale può essere un’occasione più che un ostacolo per sviluppare un nuovo modello di viaggio. L’industria aeronautica ha già cominciato da tempo a lavorare su obiettivi di lungo termine per introdurre nuove tecnologie a basso impatto ambientale. Inoltre in una logica di intermodalità si potrà reindirizzare i passeggeri verso il treno e l’auto elettrica senza nel complesso intaccare la richiesta di viaggio complessiva.

N.G.

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