La segnaletica digitale è sempre più diffusa: i prezzi si abbassano, la tecnologia si adatta a ogni situazione, i soggetti lungo la filiera si consolidano. Ma si parla sempre di singoli progetti, quasi mai di circuiti efficienti. Il rischio è di regalare anche questo comparto a operatori stranieri. Su questi temi si concentra l’analisi di mercato dedicata al digital signage, in pubblicazione sul numero di marzo di r&f. Di seguito ne pubblichiamo un estratto.
“Cosa succede quando il visual merchandising incontra la tecnologia del digital signage? Potenzialmente può fare bingo: catturare l’attenzione del cliente e spingerlo all’acquisto tramite una “call to action”, per esempio avvisandolo che una promozione è in corso. Come si può osservare passeggiando nelle grandi città, il ricorso agli schermi (led o lcd) nei negozi è in aumento.
Un esempio su tutti: la zona di piazza San Babila a Milano, la piccola Las Vegas d’Italia. Qui ci sono i tre casi più interessanti sviluppati di recente nello Stivale, spiega Daniele Tirelli, presidente di Popai Italia.
Si tratta di uno store di Brian&Barry, all’inizio di via Durini, a pochi metri dalla piazza. Il flagship store del marchio anglofono, ma monzese, è una delle più grandi installazioni d’Europa, con 154 monitor sincronizzati in 17 vetrine, installati e gestiti dalla società M-Cube.
Poco distante ci sono il negozio di Vodafone, all’inizio di corso Europa, anch’esso ricco di schermi, e il nuovo Kiko Make Up Milano (gruppo Percassi), nei pressi della chiesa di San Carlo. Quest’ultimo (realizzato da Tecnovision) si fa notare per una spettacolare installazione a led sul soffitto, con disegni e messaggi che mutano di continuo”.
Nell’articolo completo, le interviste a LG Electronics, M-Cube, Tecnovision, Gruppo Masserdotti, Majrani Group, Mainsoft, Bbs.
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