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A poco più di tre anni dalla prima apertura a Firenze Santa Maria Novella, il brand di abbigliamento Flo’reiza ha conquistato anche la piazza di Milano, con l’opening di un flagship store in via Torino, mentre l’obiettivo per il 2017 è di arrivare a quota 80 punti vendita in Italia. Oltre ai numeri, a dare l’idea di uno sviluppo di ampio respiro la strategia di penetrare parallelamente diversi canali, dall’high street ai centri commerciali sino ai factory outlet village, di avviare un progetto franchising e di varcare anche i confini nazionali. Siamo quindi andati alla scoperta del brand di fast fashion “styled in Florence”, nato dallo spirito imprenditoriale di Tommaso Baroncelli che ha maturato il proprio know how in ambito retail attraverso un’esperienza quindicinale in Patrizia Pepe e Zuiki.

Quali le caratteristiche di Flo’reiza che ne stanno determinando il successo nel giro di pochi anni?

La caratteristica principale, dal punto di vista retail, è di aver sviluppato un concept negozio con una cultura degli spazi da boutique, attirando quindi investimenti da boutique e non da punto vendita di mass market o di grandissima superficie, ma con un approccio fast fashion. Questo si traduce in un approvvigionamento costante di merce e nel giusto rapporto qualità prezzo, con collezioni esclusive studiate nel nostro headquarter in Toscana e realizzate in Italia pressoché al 100 per cento. Il connubio con cui siamo riusciti a creare “una boutique a prezzi accessibili” ci permette di crescere rapidamente anche in virtù di una dimensione del punto vendita di circa 100-120 mq, più veloce da sviluppare rispetto alle metrature superiori su cui si concentrano i competitor.

 

Nel febbraio 2014 la prima apertura, ma quando e come nasce questo progetto?

Nasce un anno prima durante quello che considero il mio anno sabbatico. Dopo 15 anni di retail trascorsi in marchi italiani ho deciso di girare un po’ tutta l’Europa, dai mercatini classici degli ambulanti in Toscana a numerose realtà internazionali sviluppate soprattutto sulla costa mediterranea. E da qui è nato il marchio Flo’reiza, che è l’acronimo di un viaggio condotto da Firenze a Ibiza. Abbiamo impiegato circa un anno per capire quale prodotto volessimo realizzare, anche se in realtà il progetto era nella mia mente sin dal 1996, quando ho lavorato da Topshop a Londra. L’aver aperto il primo negozio a Firenze nel contesto della stazione è stato poi un biglietto da visita importante, perché ci ha permesso di testare la realtà locale toscana (la seconda apertura è stata a Pisa in Corso Italia) e allo stesso tempo di rivolgerci a una clientela internazionale. Per questo siamo anche pronti per uno sviluppo all’estero: abbiamo aperto un primo punto vendita a Francoforte un anno fa in franchising e da circa un mese abbiamo avviato cinque corner in Grecia ad Atene, che sono partiti bene, mentre per il 2018 la maggior parte dello sviluppo la dedicheremo alla penisola iberica, Spagna e Portogallo, partendo molto probabilmente da Madrid.

 

In generale quali sono i numeri di Flo’reiza e come si presenta il concept store?

Indicativamente abbiamo sempre presenti in ogni magazzino dai 3mila ai 5mila capi, con approvvigionamenti 52 settimane l’anno. Non chiudiamo mai né i negozi, né le catene produttive e neanche la parte amministrativa, escludendo le feste canoniche. Sviluppiamo mediamente circa 600mila euro annui, pensando a un negozio standard di 100 mq, mentre l’allestimento in arredi costa circa 250 euro al metro quadrato. Quest’ultimo è completamente flottante, quindi smontabile dal pavimento agli arredi: lo abbiamo scelto con questa caratterista perché offre una possibilità maggiore qualora capitasse di aprire in una posizione sbagliata, in quanto ci permetterebbe di scegliere una posizione più consona senza reinvestire il 100% dell’esborso ma solo la parte relativa alle opere murarie e agli impianti meccanici ed elettrici. Lo scontrino medio infine si aggira sui 65 euro nella stagione autunno inverno e sui 53-54 nella stagione primavera estate, saldi esclusi.

 

Il nuovo store di Milano tuttavia si presenta molto più grande dei 100 mq che ha menzionato come standard…

In via Torino abbiamo aperto, tra l’altro con un’ottima affluenza di pubblico, un negozio multipiano, di 300 mq, che definisco oversize. Non è della nostra dimensione abituale e infatti abbiamo inserito sui tre piani tutte le nostre collezioni, anche quella “MAMA Y NIÑA” che è la linea, ultima nata, rivolta alla mamma e alla bambina, speculare nei modelli: sono gli stessi capi che possono essere acquistati sia dalla mamma, quindi con le taglie normali dalla 40 alla 46, sia al segmento bambina, non neonata e non teenager. Mentre il piano di ingresso è fondamentalmente “una mostra” perché sviluppiamo la vendita con servizio camerini al piano superiore a in quello interrato. Qualche giorno dopo Milano abbiamo aperto a Bolzano: anch’esso uno store multipiano su tre livelli, di circa 200 metri quadrati. Sottolineo che questi negozi sono oversize solo perché insistono su piazze particolari: Bolzano è una meta altamente turistica, una finestra sull’Europa continentale, mentre Milano è una finestra sul mondo.

 

Al momento avete presidiato diversi canali distributivi, dai centri città ai centri commerciali anche di primissima fascia sino agli outlet. A cosa è dovuta questa scelta e come avete attuato questa strategia?

In aggiunta alla mia esperienza quindicinale, per i centri stortici ci siamo avvalsi di una rete di mediatori e di consulenti immobiliari, mentre per i centri commerciali ci siamo avvalsi e ci avvaliamo tuttora di una società di consulenza e sviluppo che si chiama ISG. Questa strategia multicanale è dovuta alla mia volontà di essere trasversali sin dall’inizio. Ci sono molte aziende che si definiscono low price e che quindi sviluppano solamente nei centri commerciali low price o nelle città con tantissimo flusso, mentre ci sono dei marchi che al contrario definiamo high price e che non sviluppano nei centri commerciali o negli outlet, noi cerchiamo di essere una boutique a prezzi accessibili e quindi di intercettare, attraverso una logica di trasversalità, sia una nicchia di clientela che può essere presente nei grandi flussi di un outlet o di un centro storico sia di offrire in città meno frequentate una gamma di prodotto estesa per cui, anche se c’è meno flusso, riusciamo a rivolgerci a un ventaglio più ampio di persone.

 

Oltre la metà dei vostri negozi è a gestione diretta, ma nel prossimo futuro lo sviluppo in franchising dovrebbe essere il vostro principale modello di crescita. Quali motivazioni sottendono questo cambio di rotta e quali condizioni applicate ai franchisee?

È chiaro che l’investimento diretto ci consente un controllo maggiore e quindi di testare il prodotto. All’inizio avevamo bisogno di conoscere noi stessi prima ancora di saperci vendere agli altri, motivo per cui il primo anno siamo partiti con una decina di negozi diretti. Testate le zone, dopo l’incontro con vari interlocutori abbiamo lanciato il progetto franchising. Tuttavia il nostro modello di business prevede che prima, tendenzialmente, si avvii un flagship diretto e poi si proceda a sviluppare l’area in affiliazione. Esempio lampante è la recente apertura in Puglia: abbiamo aperto a Bari in via Sparano, investendo direttamente, e poi siamo andati nel resto della Regione, a Taranto, Brindisi e Foggia cui si sommeranno nuove aperture.

 

Generalmente, il vantaggio di un’insegna nata da pochi anni è quello di aver contemplato da subito il fattore dell’e-commerce e di poter quindi sviluppare un modello di business che integri più facilmente online e offline. Quali progetti digitali avete avviato o vi apprestate ad avviare?

È chiaro che le nostre vendite e-commerce sono concentrate nelle zone su cui siamo presenti con i negozi fisici. Tuttora stiamo investendo in fotografia, restyling e immagine del prodotto, e parallelamente stiamo sviluppando una APP. Ma quello che vorrei portare come peculiarità del marchio Flo’reiza è il servizio di boutique, ovvero un personal shopper, sull’online.

 

In questa dinamica di e-commerce, come gestite il rapporto con il franchisee affinché non diventi, di fatto, l’anello debole?

Gestiamo l’e-commerce a livello territoriale: se una vendita è generata in un territorio vicino a un negozio in franchising, sia la fatturazione sia la spedizione vengono se possibile realizzate presso quello store. Per cui anche il franchisee trattiene una fetta delle vendite online. A.P.

(L’intervista è tratta dal numero di giugno di retail&food)

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