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In occasione di Mipel e Micam (15-18 settembre, Rho Milano Fiera) abbiamo tracciato i contorni del settore su cui pesa la mancata ripresa dei consumi. A trainare è l’estero, con l’Europa che si consolida e l’Estremo Oriente che corre per una bilancia commerciale in positivo di 9,4 miliardi di euro.

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C’è chi ha già iniziato i preparativi per il cambio d’armadio stagionale, chi attende gli ultimi saldi e chi butta un occhio alle novità. Almeno per quanto riguarda il settore pelletteria, borse e calzature che a settembre si riunisce agli appuntamenti di Mipel e Micam (15-18/9, Rho Fiera Milano) per presentare al mercato prodotti, soluzioni e tendenze. I due eventi, promossi da Assopellettieri e Assocalzaturifici, ospiteranno oltre 1.700 espositori e circa 47mila visitatori. Un pubblico di addetti al settore che devono fare i conti con un mercato in chiaroscuro dove i grandi marchi determinano le dinamiche di vendita e distribuzione a fronte di consumi interi che rallentano ancora per una bilancia commerciale con l’estero rispettivamente pari a 5 miliardi per la pelletteria e a 4,4 miliardi per le calzature.

Verso l’estero

L’export è da sempre il traino per il settore. E i dati aggregati relativi al 2018 non fanno differenza: 8,2 miliardi di euro per la pelletteria e 9,6 miliardi di euro per le calzature. Cifre che testimoniano quale sia la direzione del flusso commerciale della produzione italiana. «I mercati orientali come la Corea, la Cina e il Giappone, a cui aggiungiamo anche gli Stati Uniti, performano meglio perché sono contesti fiorenti dove il Made in Italy è vincente per le sue caratteristiche: il famoso “bello e ben fatto” rappresenta ancora per quei paesi un valore aspirazionale», ha spiegato Franco Gabbrielli, presidente di Assopellettieri. Ma senza andare troppo lontano, è la cara e vecchia Europa a dimostrarsi una destinazione solida per la merce nostrana. Per quanto riguarda la pelletteria, la Ue registra un +5,6% in valore, ma con una contrazione del 13% nelle quantità che ha colpito maggiormente Francia, Spagna e Regno Unito che chiude con un -25,8 per cento. Nel comparto calzature, il mercato unico pesa per due vendite all’estero su tre e registra la stessa dinamica in termini di valore (+3,6%) e in volume (-6,6%). Menzione a parte spetta alla Svizzera che ha conquistato il ruolo di hub logistico continentale per entrambi i mercati grazie alla presenza dei brand del lusso sul suolo elvetico da cui dirigono le operazioni a livello globale. Dal Far East al Medio Oriente passando per Russia e Usa, le destinazioni delle esportazioni sorridono in Cina (+17% per le calzature e +22% per la pelletteria) e Sud Corea (rispettivamente +11,4% e +21,2%). Negativi il mercato russo (-11% in valore per le scarpe e -6% per i lavorati in pelle) e ucraino (-3,4% in volume nel primo caso ma +15% nel secondo) su cui pesa il nodo sanzioni. Un ostacolo in meno per il Giappone, invece, che grazie alla firma sul trattato di libero scambio con la Ue può avvantaggiarsi delle minori tariffe doganali. «Lo scenario commerciale globale dipende molto dalla prospettiva sui dazi che ancora non ha una definizione precisa. Resta mia opinione che siano un problema enorme: la linea degli industriali deve essere volta ad abbatterli. D’altronde, il mercato si basa sulla concorrenza e gli spazi sono pochi. A noi il compito di difendere gli interessi delle piccole e medie imprese», ha tagliato corto Gabbrielli. La domanda peraltro non manca: le esportazioni di scarpe in pelle aumentano il valore dello 0,5% contrastando la diminuzione delle quantità; quelle in tessuto salgono del 5,5% in volume; mentre calano le produzioni della pantofoleria e quelle con tomaia in gomma. Con riferimento alle categorie merceologiche della pelletteria, risultano in crescita sia le esportazioni di prodotti in pelle (+8,1%) sia di quelli realizzati in materiali alternativi (+17,7%). Le borse restano stabili, le cinture evidenziano dinamiche di lieve crescita nei chili (+4,2%), mentre la piccola pelletteria (portafogli, borsellini, portachiavi, astucci per oggetti) registra un +17,7 per cento.

Il mercato interno non si sblocca

Più delineata, in negativo, la situazione del mercato interno che sconta una contrazione dei consumi decennale in cui la questione prezzo gioca un ruolo fondamentale per attrarre i clienti italiani. Le vendite nel Belpaese rivestono un’importanza strategica sia per il brand della pelletteria che per quelli delle calzature, dove ricoprono un terzo dell’intero giro d’affari. Persiste, però, un trend a ribasso con un -0,7% in quantità e -0,5% in valore per scarpe e affini; -0,4% in termini di spesa ma +0,1% in quantità per la pelletteria. In termini di canali continua la concentrazione e la gestione dei network di vendita: se i negozi tradizionali di calzature scontano una flessione di oltre il 10% negli acquisti a favore di catene e shopping online (passato da una quota del 3,6% a una dell’11% sul totale della spesa), quelli indipendenti specializzati in pelletteria subiscono lo steso fenomeno con un -11% di spesa che lascia spazio a catene e marketplace (il cui peso è cresciuto fino a una quota del 12,1% sul totale degli acquisti). «La domanda interna resta stagnante perché l’andamento del mercato in Italia è, purtroppo, ancora al ribasso. In un panorama retail in progressiva e veloce evoluzione e dove l’eCommerce è sempre più presente il risultato favorisce i grandi gruppi ma penalizza le piccole imprese», ha commentato Gabbrielli. La fluttuazione del prezzo, come detto, gioca un ruolo fondamentale. Soprattutto in un mercato in cui sconti, svendite, vendite evento e simili danno forma ai momenti e alle tempistiche d’acquisto oltre la tradizionale stagionalità per un importo sullo scontrino medio che si aggira intorno ai 40,71 euro per i prodotti di pelletteria e fra i 20 e i 60 euro per il 40% degli acquirenti di calzature.

Produzione a doppia velocità

Per fotografare la situazione a livello produttivo, partiamo dalle elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Moda per il comparto. Nel 2018 le stime parlano, per l’insieme degli operatori con sede sul territorio italiano attivi nella pelletteria, di un incremento del fatturato del +3,1%: un trend più modesto rispetto al +5,7% del consuntivo 2017 ma comunque non trascurabile, soprattutto alla luce dell’intonazione assai poco brillante dell’economia italiana in cui operano 4.602 aziende (-54 rispetto al 2017) e 34mila addetti. Per quanto riguarda le calzature, invece, la situazione appare piuttosto disomogenea tra le imprese anche se risultano maggioritarie le indicazioni negative con il 55% del campione che si aspetta una contrazione dei livelli produttivi. «L’ennesimo rinvio della ripresa e il peggioramento del quadro economico hanno avuto pesanti ripercussioni sul tessuto produttivo e sulle dinamiche occupazionali», si legge nell’ultimo report di Assocalzaturifici. In questo comparto le aziende attive in Italia sono passate da 4.708 a 4.505 (-4,3%) con una riduzione dell’1,2% degli occupati.

N.G.

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