L’aeroporto rappresenta la principale porta d’accesso all’isola scandinava da cui, nel 2018, sono passati 9,8 milioni di passeggeri (soprattutto turisti). Un flusso in continuo aumento che costituisce la base per il masterplan 2040: espansione del terminal, maggiori punti travel retail e un forte sense of place.
Nel 1945, a due anni dall’apertura dell’aeroporto come base militare americana, l’Islanda accolse 500 turisti. Nel 2018 quel numero è lievitato a 2,3 milioni. Basterebbero questi numeri per capire l’importanza dello scalo di Keflavik, una quarantina di minuti dalla capitale Reykjavik e porta d’ingresso per circa 9,8 milioni di passeggeri nel 2018 tra cui numerosi turisti che hanno messo nel mirino l’isola dei ghiacci e dei geyser come meta per le proprie vacanze. Nonostante la crisi economico-finanziaria del 2008 e l’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull del 2010, l’Islanda è riuscita a riprendersi grazie al traffico incoming (per un giro d’affari vicino ai 4,2 miliardi di euro che pesa per il 42% dell’export dell’isola). A disposizione degli utenti, il gestore Isavia ha messo a punto un’offerta travel retail che enfatizza il sense of place e sfrutta a pieno i quattro punti vendita duty free (il più grande è posizionato agli arrivi ed è costruito attorno a un format che richiama quello della Gdo, con tanto di casse a nastro e carrelli per la spesa). Un mix che ha reso lo scalo la sede ideale per ospitare l’ultima Airport Commercial and Retail Conference & Exhibition 2019 organizzata da Aci Europe, a cui anche r&f ha partecipato (18-20 marzo).
Hub o destinazione?
Prima di addentrarci nella descrizione dell’offerta travel retail dell’aeroporto Keflavik, è importante sottolineare la centralità dello scalo all’interno del traffico aereo internazionale. Se, geograficamente, l’Islanda è sempre stata un ponte naturale fra Europa e Stati Uniti (con distanze, via aerea, che si aggirano rispettivamente fra le tre e le cinque ore di viaggio), solo recentemente
ha saputo sfruttare il proprio potenziale turistico sopperendo alla lenta ripresa del traffico cargo che ha impiegato circa 10 anni per ritornare sui livelli pre-crisi. Non sorprende, quindi, che solo il 10% dei passeggeri viaggi per motivi business mentre quasi il 90% lo faccia per turismo. Fra questi, la prima nazionalità è rappresentata dai cittadini Usa (23%), seguiti dagli islandesi (22%) e dagli inglese (10%). Il recente avvento delle compagnie low cost, inoltre, ha ampliato il ventaglio di nazionalità e promosso la connettività con il 60% dei passeggeri che dall’aeroporto di Reykjavik rendono un altro volo verso la destinazione finale. Di questo movimento si è avvantaggiato Duty Free Iceland: «Gli islandesi sono viaggiatori frequenti e utilizzano il duty free per fare scorta, avvantaggiandosi dello sconto sulle tasse, di prodotti come alcol, cosmetici e profumi, tecnologia. Per i turisti, invece, è l’occasione di assicurarsi qualcosa di tipico, magari un dono o un ricordo originale da portare a casa. Cerchiamo di dare risposta a entrambe le richieste», spiega Gunnhildur Vilbergsdottir, commercial manager di Isavia.
2015, l’anno della consapevolezza
L’attuale conformazione dell’aeroporto Keflavik copre un’area di 70mila mq di cui circa 8.700 dedicati alle attività travel retail. A determinare l’assetto interno è stata la fase preliminare del masterplan 2015-40, periodo in cui Isavia si aspetta di toccare quota 13 milioni di passeggeri: «Nel 2015 abbiamo rinnovato e ridisegnato gli interni e lo spazio commerciale del terminal. Il nostro obiettivo principale era migliorare il flusso dei passeggeri, nonché potenziare l’offerta food&beverage attraverso una maggiore valorizzazione della visibilità dei punti vendita. Un’operazione che ha avuto un grande successo grazie alle risposta dei passeggeri, la cui spesa pro capite è andata via via aumentando fino al +17% registrato nel 2018 rispetto al 2017», ricorda Vilbergsdottir. A fine 2018, inoltre, Isavia ha dato avvio a una nuova fase di lavori che, entro il 2021, dovrebbero mettere a disposizione dei passeggeri nuovi spazi con un allargamento del terminal verso sud e verso est. Queste aree accoglieranno i controlli bagagli, una nuova area acquisti e ristorazione, un collegamento diretto con l’East Pier (che sarà costruito nei 5-7 anni successivi). Parallelamente, saranno
migliorati i flussi per evitare congestioni ai gate. Da un punto di vista travel retail, la situazione attuale è caratterizzata da un forte focus sulla parte airside, con il landside che accoglie solo due punti vendita: il minimarket 10-11, ideale per i passeggeri in arrivo grazie alla sua selezione di cibi pronti e confezionati, nonché una proposta di articoli di prima necessità; e la caffetteria Joe and the Juice, catena danese in franchise diffusa in 11 paesi in Nord Europa. Grande spazio è poi lasciato agli operatori rent-a-car che rappresentano una delle principali soluzioni per visitare l’isola. Passati i controlli di sicurezza, si entra nel duty free in cui appare chiaro fin da subito il tocco local grazie a referenze Made in Iceland in confezioni pensate appositamente per il viaggio. Concluso il walkthrough, si apre la piazza centrale dell’airside il cui perimetro è occupato in prima istanza da brand di abbigliamento, accessori e cosmetica: 66° North offre abbigliamento tecnico di alta qualità adatto per affrontare il clima islandese in cui le condizioni atmosferiche possono cambiare repentinamente; il multimarca Airport Fashion copre, invece, la richiesta di prodotti moda accessibili con marchi come Esprit, Moschino, Hugo Boss, Max Mara, Tommy Hilfiger; Elko prevede una selezione di articoli tecnologici da viaggio; Optical Studio si pone a metà fra vendita e servizio di occhialeria; Penninn Eymudsson porta in aeroporto il catalogo di libri in vendita nella sua rete diffusa in Islanda. Discorso a parte meritano i format locali che, in questo senso, rappresentano un trait d’union naturale con gli articoli in vendita al duty free e raccordano la parte retail con quella food. Si tratta, nello specifico, del negozio di souvenir a tema islandese Rammagerdin (maglioni, ceramiche, filati e soprammobili in legno), della bottega Pure Food Hall (con una selezione di prodotti tipici di prima qualità) e l’iconico Blue Lagoon che richiama l’omonimo sito turistico famoso per le sue terme e i trattamenti a base di fanghi (gli stessi che si possono acquistare allo store sotto forma di creme, lozioni, saponi). Da notare che tutti gli store elencati presentano, dietro il punto cassa, schermi informativi su voli e gate. «La varietà e la differenziazione che offriamo ai nostri passeggeri – sottolinea Vilbergsdottir – rispondono in modo abbastanza completo alle loro esigenze. Nonostante molte attività abbiano un contratto in scadenza nel 2020-23, non abbiamo intenzione di rivoluzionare la nostra proposta ma vorremmo comunque apportare degli aggiustamenti. In generale, i futuri spazi aggiuntivi ci permetteranno di essere più flessibili lasciandoci margine per qualche esperimento. L’idea rimane comunque
quella di attrarre partner che, al di là del format e del layout, riescano a trasferire la sensazione di trovarsi in Islanda».
Cibo in tempo per l’imbarco
A sorprendere, a queste latitudini, è l’ampia offerta food&beverage: «Il trend generale nel business aeroportuale è quello di dedicare sempre più spazio a queste attività e Keflavik non è da meno. Anzi, riscontriamo una crescente domanda per questo segmento, soprattutto in termini di varietà sebbene la maggior parte dei nostri passeggeri continui a ricercare quel local touch che hanno apprezzato durante il loro soggiorno. L’obiettivo, quindi, è quello di alzare l’asticella e ricavare una maggior spesa per passeggero senza perdere i tratti che ci contraddistinguono», racconta Vilbergsdottir. A questo approccio rispondono tutti i punti vendita food retail presenti; a partire dal raddoppio di Joe and the Juice. Fiore all’occhiello è senza dubbio Nord, ristorante dal layout semplice e accessibile che tradisce un’offerta gourmet fatta di piatti a base di pesce a cui abbinare una selezione di vini alla carta. Per chi viaggiasse con la famiglia, invece, il punto di sosta è sicuramente Mathus, ristorazione self-service con referenze confezionate e una serie di banchi per i piatti espressi. Più spostato, il coffee bar Segafredo che abbina il servizio caffetteria a una selezione di spuntini veloci. Avvicinandosi ai gate, infine, la proposta si fa più business e grab&go: Hjà Hollu offre pizza cotta in forno a legna e un ventaglio di referenze healthy, pensate per il take away; Kvikk Café rivisita la caffetteria tradizionale con un tocco scandinavo (visibile fin dagli arredi in legno chiaro, tipici del Nord Europa); Loskins Bar risponde invece a una clientela premium con un menù a base di cocktail e birre locali. In generale, l’offerta spazia su tutto l’arco della giornata e si adegua al traffico aereo cercando di offrire una valida alternativa anche ai tanti passeggeri in transito. «A livello di fruizione, più che la tipologia di passeggero quello che fa la differenza è il tempo a disposizione – ricorda Vilbergsdottir – Per questo abbiamo investito fortemente su soluzioni self-service e una maggiore efficienza di servizio al fine di aumentare il dwell time generale».
Riproduzione riservata © retail&food