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Ogni mese un resoconto dall’ultima frontiera dello spazio retail. David Montorsi ci porta fra numeri e bilanci, cifre e trend, imprenditori e brand, là dove nessun uomo è mai giunto prima. Destinazione Gabel.

Nuovi partner per crescere con il retail in Nord America, sviluppo del progetto Polo del gusto per i brand extra caffè della family company triestina e acceleratore nel segmento sistemi porzionati. La “più grande tra i piccoli”, Illycaffè, parte da un trend di business in crescita e da bilanci solidi per proseguire sulla sua strada di sviluppo internazionale.

Il design di Illycaffè.

La news di questo autunno è che Illycaffè, azienda familiare italiana che produce e commercializza caffè 100% arabica, sta cercando un partner per avviare una “sinergia operativa più che finanziaria” per aumentare il network retail negli States con circa 200 milioni di dollari di investimenti. Si parla di duplicare o triplicare la rete ad oggi di una ventina di shop con Andrea Illy, presidente della company triestina, che ha descritto questa strategia come una operazione accelerate business per fare degli Usa il “mercato domestico” del Gruppo. Le opzioni sono co-investitore, joint venture, partecipazione nella Illy Nord America oppure ingresso diretto nell’azionariato della casa madre con una partecipazione minoritaria. In questo scenario lo sbarco in Borsa sarebbe un piano a 10 anni, mentre se la ricerca non darà esito positivo Illy anticiperà i tempi per finanziare la crescita worldwide. Inoltre il Gruppo triestino continua nella sua strategia di diversificazione del portafoglio e di specializzazione sull’altissimo di gamma con l’acquisizione di Prestat,una delle più antiche aziende britanniche del cioccolato, nonché tra i fornitori ufficiali della casa reale. L’operazione avvenuta questa primavera si iscrive nella volontà del Gruppo di posizionarsi sul segmento di lusso del food e del vino. Oltre al caffè, business storico della famiglia (i prodotti caffè nel 2018 erano l’87% del giro d’affari, le macchine espresso il 5% e gli altri prodotti il restante 8%), Illy conta infatti il brand Domori (cioccolato di alta qualità), Mastrojanni (azienda vinicola in Montalcino), Dammann Frères (casa di thè francese) e Agrimontana (confetture e pasticceria al 40%). Aziende medio piccole che potrebbero entrare nel Polo del gusto, una sub-holding del Gruppo in via di costruzione guidata da Riccardo Illy con l’obiettivo di sviluppare le “sorelle minori” attraverso l’internazionalizzazione fino alla quotazione. Il progetto, illustrato un paio di anni fa da Massimiliano Pogliani, primo ceo di Illycaffè spa esterno alla famiglia entrato nella company nel 2016 (ex Nespresso-Nestlè), è quello di raddoppiare in dieci anni la taglia di un’azienda che è la più grande tra lepiccole del settore, soprattutto con mezzi propri in maniera organica. In un mercato globale del settore che si sta consolidando tra pochi grandi player o restringendo in micro coffee roaster, le direttrici di crescita su cui punta l’azienda sono tre: allargamento della leadership qualitativa globale nel canale premiun hospitality, accelerazione sullo sviluppo internazionale del canale monomarca e aumento della quota di mercato dei sistemi porzionati. In questa direzione si inserisce l’ingresso nell’ottobre dell’anno scorso di Illycaffè nel mercato delle capsule compatibili con Nespresso, con una licenza con la tedesca Jab. Insomma, l’obiettivo è consolidare il business-to-business (vendita ai bar), la parte storica per entrare nel business-to-consumer (sistemi porzionati) che ha tassi di crescita più elevati, insieme allo sviluppo del network retail per reggere la concorrenza puntando sul legame con il lifestyle italiano che ha un valore aggiunto nei mercati internazionali.

Fatturato, marginalità e debiti: la crescita è organica

Andrea Illy, presidente della company triestina.

A sostenere questo piano di sviluppo ci sono i numeri della company fondata nel 1933 da Francesco Illy, nonno dell’attuale presidente. Il Gruppo (una trentina di società controllate worldwide) ha chiuso nel 2018 un bilancio consolidato brillante con 483,4 milioni di fatturato (+3,5% e +5,1% a cambi costanti sul 2017 migliorando il trend comunque positivo sul 2016) e 75,3 milioni di Ebitda adjusted (68 milioni nel 2017 con +10,7% e 65,2 milioni l’anno prima). Va benone anche l’utile netto che si assesta su 18,1 milioni (+39,1% sull’esercizio precedente e +1,5% sul 2016), mentre l’utile netto normalizzato (comparabile con il 2017) segna 16,7 milioni in crescita dell’8,4% sull’anno prima e una posizione finanziaria netta in miglioramento che si attesta a 117,3 milioni (129,7 nel bilancio 2018 e 121,4 nel 2016), grazie alla buona redditività netta che ha più che coperto l’assorbimento di cassa determinato dalla variazione del Capitale circolante netto. Vanno bene anche gli indicatori principali con un ROI a 10,7% leggero rallentamento (11,7% l’anno scorso e 12,4% nel 2016), mentre sale il ROE a 13,2% (+3% sul 2017 e +0,3% sull’anno prima). Con il calare della posizione finanziaria netta e il rafforzarsi della marginalità scende il rapporto PFN/Ebitda adj a 1,56 (1,91 e 1,86 i precedenti esercizi). La quota di fatturato all’estero rimane proporzionalmente costante al 65% (39% Emea, 18% Usa e Canada e 8% Resto del mondo), ma cresce in termini di volumi (+3,7%) e valore (+4,1%) con la buona performance della controllata americana (+8,4% vendite a volume) e del mercato cinese (+12,2% vendite a volume). Il mercato italiano segna +3,2% in volumi e quasi il 4% in valore con l’eCommerce che sfiora il +80% a volume. Numeri importanti in un mercato internazionale che dopo una fase di espansione dà segnali di rallentamento (il 2018 nella zona Euro è stato l’anno con il più basso tasso di crescita dal 2014 con Italia a +0,8%, ma in contrazione a +0,2% nell’ultimo trimestre e Francia e Germania a +1,5%). Il Gruppo (quasi 1.300 addetti in leggera crescita sugli anni precedenti) opera in 140 paesi e, insieme al fatturato, nel 2018 ha visto crescere i volumi del quasi +5 per cento.

Massimiliano Pogliani

Family company, ma si guarda anche fuori per crescere

Da segnalare anche l’impegno di Illycaffè nel business etico con lo sviluppo dell’approvvigionamento diretto e del riconoscimento ai coltivatori di un prezzo superiore per una maggiore qualità e partnership siglate in base ai principi dello sviluppo sostenibile (Ethisphere institute certifica nel 2018 Illy tra le World’s Most Ethical Company per il sesto anno consecutivo). Oggi l’azienda è guidata dalla famiglia Illy (che ne controlla integralmente il capitale sociale) e vede Anna Rossi Illy, la moglie di Ernesto Illy (morto nel 2008), figlio del fondatore Francesco Illy, presidente onorario, mentre il figlio Andrea è presidente con Massimiliano Pogliani come amministratore delegato (Premio CEO Italian Awards 2018 Business International e Forbes Italia). A febbraio di quest’anno è stato rinnovato il CdA con la nomina di Enrico Tommaso Cucchiani (Think Global Investments) come vicepresidente a rafforzare i legami tra la family company triestina e il mondo finanziario internazionale anche in previsione di probabili future partnership del Gruppo. Da segnalare inoltre la presenza nel CdA, oltre ad Anna Illy (Chief Ethics Officer), di Alberto Baldan (Grandi Stazioni Retail), Cristona Scocchia (Kiko) e Roberto Eggs (Moncler) tra gli altri. Per il retail, a febbraio di quest’anno, è stata nominata Alessandra De Gaetano come retail director. La family company triestina è alla terza generazione: da Francesco, inventore del sistema di confezionamento e conservazione a pressurizzazione con gas inerte del caffè, fino a metà degli anni ’50 nella prima fase di avviamento imprenditoriale della società, per passare poi a Ernesto con lo sviluppo e l’industrializzazione (nel 1965 viene costituita l’attuale sede amministrativa e produttiva dell’azienda), per arrivare agli anni ’80 con Riccardo Illy che apporta in azienda il valore del marketing con un approccio innovativo verso la distribuzione organizzata e l’apertura verso i mercati internazionali. È del 2003 l’avvio con i primi bar/negozi monobrand del network retail che nel 2018 ha visto aprire 37 punti vendita, di cui 32 Illy Caffè (uno di proprietà a Vienna), mentre gli altri sono Illy Shop. Nell’area Emea sono stati inaugurati 19 bar, mentre in Medio Oriente si sta sviluppando un progetto della rete in Arabia Saudita con un contratto in master franchising. In Asia, dove Illy ha aperto una filiale a Shanghai quasi una ventina di anni fa, in anticipo sui trend del business internazionale, cresce il network con 10 nuovi bar monomarca e cinque shop (Corea del Sud, Filippine e Giappone), mentre nel Nord America le opening sono state tre. A fine 2018 la rete di insegne della company giuliana vede 259 insegne worldwide di cui 179 Illy Caffè (17 a gestione diretta) e 80 Illy Shop (cinque diretti). Il saldo segna un trend positivo del Gruppo (7 milioni di tazzine di caffè all’anno nel mondo) dai 244 negozi/bar in 43 paesi del 2017.

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