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Al Covid-19 question time organizzato da Federfranchising e Fiepet alla vigilia della riapertura, i vertici delle associazioni hanno illustrato le ripercussioni della crisi sulle aziende di ristorazione. Nella tavola rotonda virtuale, moderata da r&f, le testimonianze anche di Capatoast, Löwengrube e CIR FOOD Retail

Retail Food e somministrazione, come sarà la ripartenza? Una risposta, lo scorso 15 maggio, alla vigilia della riapertura generale che ha avuto luogo lunedì 18, è arrivata nel webinar organizzato da Federfranchising e Fietep, con retail&food nel ruolo di media partner. Dubbi e preoccupazioni solo in parte chiariti e dissipate a fronte dell’accordo Stato – Regioni maturato nel weekend, che ha permesso la riapertura di bar e ristoranti superando ad esempio le indicazioni Inail definite insostenibili sia dalle associazioni di categoria sia dai player.

Alessandro Ravecca, presidente di Federfranchising-Confesercenti

Ma, facendo un passo ancora più indietro, un commento, positivo, è arrivato sul Decreto Rilancio: «L’inserimento del credito d’imposta anche per gli affitti di ramo d’azienda e soprattutto la possibilità di cederlo alle proprietà immobiliari, elemento non secondario in un periodo caratterizzato da una forte mancanza di liquidità, sono il risultato di una lunga battaglia condotta da Confesercenti», ha dichiarato nell’intervento di apertura Alessandro Ravecca, presidente di Federfranchising-Confesercenti.
Un bocciatura senza appello, invece, quella di Ravecca sulle linee guida Inail che imponevano uno spazio di 4 mq per persona: «Rappresentano un problema sia per i piccoli imprenditori sia per le grandi catene. Se venissero adottate genererebbero una perdita di fatturato del 50-60%». In quelle condizioni, a 72 ore circa dalla riapertura, il presidente di Federfranchising ha denunciato la grave incertezza in cui versavano gli operatori. E proprio sulla mancanza di un protocollo da seguire ha esordito Giancarlo Banchieri, presidente nazionale Fiepet, che ha poi puntato il dito contro i costi fissi, a partire dal costo del lavoro, sino alla tassa sui rifiuti, passando per il tema affitti: «La Fase 2 sarà lunga e se la capacità ricettiva sarà limitata, allo stesso tempo per un settore che conta 300mila aziende e 1,2 milioni di posti di

Giancarlo Banchieri, presidente nazionale Fiepet

lavoro anche i costi fissi dovrebbero essere ridotti».
Riprendendo, al termine dell’incontro, i contenuti espressi dagli operatori, i due presidenti non hanno mancato di fare proprie quelle istanze. In particolare il tema della burocrazia e della liquidità, con la seconda che «non è stata messa a disposizione delle aziende a causa della prima», ha denunciato Ravecca. E ancora, «l’economia delle piattaforme di delivery, le commissioni dei ticket restaurant (buoni pasto smart working, ndr) e il costo della moneta elettronica erano fattori molto complessi già prima della crisi Coronavirus, rispetto ai quali dobbiamo sfruttare questo momento storico per intervenire», ha sottolineato il presidente nazionale di Fiepet.

I player

Antonio Pepe, founder & head of technical area, Capatoast

Il marchio è nato nel novembre del 2014, conta 36 locali, di cui 10 diretti e 26 in franchising, distribuiti un po’ in tutta Italia. Ad oggi (15 maggio, ndr), causa Covid, sono aperti solo 4 locali. Il fatturato attuale, parametrato allo stesso mese dell’anno precedente, è intorno al 20-22%, di cui l’80% generato dal delivery. Ma pensare di lavorare in futuro solo con il delivery sarebbe impossibile, perché i player più importanti impongono commissioni che variano dal 20 al 35 per cento. Con percentuali del genere o si lavora in perdita o si scarica il costo sul cliente, ma ciò porterebbe a non essere competitivi sul mercato. Per questo motivo abbiamo sviluppato una App interna, dotata di menu a tendina, che consente di scegliere, comprare e pagare con carta di credito e PayPal, mentre il servizio di delivery è portato avanti da dipendenti richiamati dalla cassa integrazione. Guardando ai prossimi mesi, stimiamo una perdita di fatturato più marcata a maggio, giugno e luglio, con una previsione del -85% rispetto allo stesso periodo del 2019, e via via più contenuta sino ad arrivare ai valori pre-Covid a febbraio 2021. In tutto questo incidono due parametri: l’incognita degli affitti e la speranza che lo Stato prolunghi la cassa integrazione, altrimenti saremo costretti a licenziare gran parte dei nostri dipendenti. Infine un messaggio positivo: in questo periodo abbiamo continuato a siglare nuove affiliazioni, due già firmate e la terza in dirittura d’arrivo.

Pietro Nicastro, ceo & founder, Löwengrube Italia

Abbiamo 22 punti vendita in Italia, suddivisi in tre formule: Stube, i locali destination; Klein per il segmento travel; e Wagen, la formula street food, che inseriamo in centri commerciali e outlet. In questo periodo abbiamo reagito con il coraggio di continuare a investire. In particolare abbiamo realizzato un’applicazione che ci consente di fare take away e delivery, avvalendoci dei nostri dipendenti, e dotata anche di un’opzione per la geolocalizzazione del cliente. Inoltre, all’interno della App abbiamo inserito una sezione di bottega per la vendita di prodotti. Parallelamente stiamo studiando la corsia drive, ulteriori format, ancora più economici, da inserire ad esempio nei centri città e stiamo lavorando sul packaging del delivery perché ci siamo resi conto che quello usato in precedenza non era idoneo a conservare la giusta temperatura del prodotto. Tutte queste iniziative, specifico, servono per sopravvivere. Siamo ben consapevoli, infatti, che i fatturati sono molto bassi: ad oggi con il delivery siamo neanche al 20% dei volumi, ma speriamo che questi progetti diventino un asset in futuro.

Leopoldo Resta, amministratore delegato CIR FOOD Retail

CIR FOOD Retail nasce dalla strategia del Gruppo di creare un polo di ristorazione commerciale. Con questo obiettivo sono stati acquisiti lo scorso anno la micro catena Kalamaro Piadinaro, che conta 4 punti vendita, e di recente Antica Focacceria San Francesco, che ne conta 13 di cui metà in diretta e metà in franchising, per cui contiamo di continuare a sviluppare entrambe le modalità. Sono in previsione acquisizioni di ulteriori catene, sempre in una logica non speculativa ma industriale, per cui puntiamo allo sviluppo del numero di locali, alla diffusione dei marchi e alla loro sostenibilità. Pensando al presente, non abbiamo alcuna fretta di riaprire: in questa condizione di totale incertezza preferiamo continuare a ragionare sul da farsi. Il nostro approccio, infatti, è di immaginare con grande ottimismo il 2021, pensando che sarà un mondo normale in cui tutte le esperienze che stiamo costruendo in questo periodo lasceranno qualcosa in termini di trend di consumi, ma nel quale la ristorazione tornerà a essere socializzazione. E con altrettanto pessimismo vediamo quest’anno, rispetto al quale prevediamo vendite bassissime sino a Natale. Nel concreto apriremo qualche punto vendita ai primi di giugno, laddove crediamo che ci sia maggiore propensione alla pausa pranzo; mentre tutti i locali che vivono di una forte propensione turistica e/o di socialità serale resteranno chiusi. Stando chiusi, infatti, si possono sfruttare appieno gli ammortizzatori sociali e si può agire maggiormente sul landlord. Da questo punto di vista ci stiamo ponendo come un muro: chiediamo di non pagare un euro nel periodo di chiusura e di variabilizzare il canone nei mesi sino a fine anno. A.P.

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