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Il travel retail aeroportuale sta lentamente ripartendo. E fra i primi a muoversi c’è stato Heinemann Italia che, a fine maggio, ha ripreso il progetto di restyling di uno spazio da 400 mq per due punti vendita all’interno dell’aeroporto di Bari dedicati ai prodotti core duty free e alle specialità food&wine italiane e locali.

A guidare l’operazione, Fulvio Fassone che da gennaio 2020 ricopre la carica di managing director per le attività tricolori del brand che in Italia conta otto punti vendita (due a Bologna, uno a Torino e cinque a Catania).

Come è stata la vostra ripresa? Da che progetti siete ripartiti?

Pensare al futuro è stato il modo migliore per gestire i lunghissimi mesi di lockdown. Insieme a tutti i colleghi e alla sede di Amburgo abbiamo ragionato sui processi, in particolare quelli che riguardano il mix e la logistica dei prodotti italiani e regionali, che per la ripartenza saranno fondamentali, e sull’implementazione del nuovo software gestionale. Inoltre abbiamo lavorato per permettere il restyling e l’apertura dei due punti vendita dell’aeroporto di Bari. Un’esperienza interessante che ci ha permesso di capire come le idee e la condivisione tra di noi, con la società
di gestione che ci ha supportato e con l’operatore uscente siano stati in grado di farci superare ogni ostacolo; fra smart working e cassa integrazione.

Quali criticità e opportunità ci sono sul piatto per il settore duty free?

Evidenzierei due aspetti. Per prima cosa è emersa la consapevolezza che manca una visione integrata, di sistema nell’ambito delle attività in cui il travel retail è inserito. La sostanziale assenza di supporto per il settore aeroportuale
abbandonato a se stesso a favore di un operatore aereo che continua a condizionare fortemente lo sviluppo del traffico italiano e mina l’economicità e lo sviluppo del settore stesso ha fortemente colpito anche le attività travel retail. In secondo luogo, secondo me, in futuro dovremmo ripensare il nostro posizionamento all’interno dell’industry aeroportuale e questo diventa una opportunità.

In che senso?

Il travel retail, solo negli aeroporti italiani, fattura 1,2 miliardi di euro e dà lavoro ad oltre 7.500 persone. Credo che possa a giusto titolo essere considerato parte dell’attività aeroportuale e valore aggiunto in un contesto dove fare massa critica anche nei confronti delle istituzioni potrebbe consentirci di ottenere migliori risultati.

State valutando o avete integrato soluzioni digitali per la passenger experience?

Ritengo che la forza del travel retail sia ancora il punto vendita . Non voglio dire che non sia necessario seguire con attenzione lo sviluppo dell’eCommerce o altro ma il passeggero vive sempre di più gli aeroporti come parte del
viaggio. Le soluzioni digitali vanno inserite all’interno di questo contesto per comunicare, informare, proporre i migliori prodotti. Ad Amburgo, nella sede centrale di Heinemann, per esempio, è stata installata una stampante
3D con la quale si possono personalizzare moltissimi prodotti in pochi minuti. Credo che il travel retail debba crescere utilizzando sempre più soluzioni di questo tipo ma continuando ad avere il punto vendita come centrale
nell’esperienza del passeggero.

Viste le disposizioni sanitarie, come si evolve il modello walkthrough?

Non vedo particolari problemi. Le aree commerciali walkthrough sono generalmente molto grandi e strutturate per ospitare molti clienti seguendo i criteri delle infrastrutture aeroportuali. Se di evoluzione di modello dobbiamo parlare credo che sia la configurazione esperienziale di questo format che deve continuare a mutare per venire incontro alla voglia di nuovo dei nostri clienti.

Con un traffico prevalentemente domestico e nel pieno della stagione estiva, come cambiano il profilo e il consumo dei passeggeri?

Certamente alcune categorie merceologiche saranno svantaggiate, come il fashion e gli accessori, ma in generale direi che il problema principale sarà la propensione all’acquisto e quindi una conseguente diminuzione della
spesa per passeggero che potrebbe essere fortemente ridotta sia per la tipologia del cliente, in generale meno spendente, che per l’operatività di vettori e aeroporti che potrebbe richiedere modalità e tempi non sempre consoni
con il tempo da utilizzare per visitare negozi e fare degli acquisti.

L’emergenza Covid-19 ha colpito l’intero settore in momenti diversi. E alcuni mercati sono già ripartiti. Ci sono esperienze e/o progetti a cui guardate?

Mi ha colpito molto l’esperienza di alcune unit aeroportuali del Gruppo che, essendo inserite in sistemi Paese più integrati e partendo da modelli di business diversi, sono state in grado di gestire una situazione molto difficile con task force coordinate e piani di recovery messi in atto poco dopo l’inizio della crisi. In generale vorrei sottolineare la
necessità di trovare forme di cooperazione evolute tra operatori travel retail e società di gestione, passando a modelli di business e profit sharing che aumentino il senso di partecipazione e di responsabilità di entrambe
le parti.

N.G.

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