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L’epidemia da Covid-19 si è abbattuta come uno tsunami sull’intera società, accelerando percorsi di cambiamento già in essere e stravolgendo trend che sembravano destinati a una costante ascesa o a un inesorabile declino.

In base ai dati forniti dal Rapporto Coop 2020-Economia, consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani, se guardiamo alla distribuzione alimentare e alle abitudini di acquisto degli italiani, spiccano il boom dell’eGrocery, soprattutto quando abbinato a servizi di click&collect, l’avanzata del green e della sostenibilità, e ancora l’accentuarsi del fattore “prossimità”. Con quest’ultimo che, da una parte, ha ridato appeal anche alle piccole superfici di vendita indipendenti; dall’altra, ha dato un’ulteriore spallata ai grandi formati ubicati in location extraurbane.

All’interno del carrello della spesa, mentre hanno perso di interesse i cibi pronti, hanno riguadagnato importanza gli ingredienti base. E più in generale, nelle abitudini di vita e alimentari degli italiani, il cosiddetto away from home ha subito una forte battuta d’arresto in favore della realtà domestica, che rappresenta il rifugio dove, dai single alle famiglie, gli italiani si sentono al sicuro.

Albino Russo, direttore generale di ANCC-Coop

«Oggi viviamo in una bolla. Questa è la sensazione che abbiamo vissuto almeno una volta in questi mesi. Una bolla data dal distanziamento sociale sia verso le persone che conosciamo sia verso quelle che non conosciamo, che ci porta a rifugiarci negli spazi domestici. L’elemento che più avvertiamo è che questa pandemia ha cambiato il nostro futuro», ha esordito Albino Russo, direttore generale di ANCC-Coop, nella sua presentazione del Rapporto Coop 2020. Rapporto che, come lo stesso direttore generale di ANCC-Coop ha spiegato, quest’anno è stato realizzato last minute intervistando ad agosto 2000 italiani e un panel di esperti.

Come di consueto, la presentazione ha preso il via con una descrizione dello scenario generale nazionale e internazionale, nel quale Albino Russo ha parlato di un mondo che sposterà il proprio baricentro economico verso oriente e di un’Europa finalmente più solidale, che ha abbandonato le politiche dell’austerity mettendo sul piatto oltre mille miliardi di risorse da spendere, con l’Italia che in termini assoluti – non a livello pro capite – sarà il maggiore beneficiario. «Nella peggiore crisi dal dopoguerra, che penalizza l’economia italiana più di quella Europea e mondiale, il Recovery plan rappresenta forse l’ultima occasione per il nostro Paese di ripensarsi e di superare i propri deficit storici».

Gli obiettivi primari, come emerge dal Rapporto, devono essere: istruzione (43%), lavoro (36%), tecnologia/digitalizzazione (36%), infrastrutture (34%), sanità/salute (28%), imprese (26%), welfare e famiglia (25%), innovazione (18%), pubblica amministrazione (16%), ambiente (14%), consumi delle famiglie (11%), turismo (10%), arte e cultura (3%). Dall’edizione 2020 del Rapporto emerge inoltre che gli italiani sono tra i più pessimisti d’Europa, con il 38% che dichiara che subirà un impatto economico molto forte.

Ma nel “riscrivere la storia”, l’impatto del Covid ci ha portato indietro di 25 anni per quanto riguarda i consumi, mentre le spese per le vacanze tornano addirittura agli anni ’70. Parallelamente si registrano anche effetti opposti, come nel caso della didattica digitale, dello smart working e dell’eGrocery, che hanno fatto un balzo in avanti rispettivamente di 15, 10 e 5 anni.

Consumi alimentari
Arrivando al cuore del Rapporto, quello dedicato ai consumi, la fase attuale premia quelli legati alla casa, da quelli obbligatori alla spesa alimentare, mentre gli acquisti di beni durevoli così come le voci di costo per viaggi e intrattenimento possono essere rimandati. «Il revenge shopping si ristringe alla classe agiata che nel Paese rappresenta una minoranza: circa un sesto della popolazione», ha proseguito Russo. Quindi, la casa come salvagente a cui tenersi stretti fa il paio con un’altra costante che distingue ancora nel postcovid gli italiani dai cugini europei: il cibo. Alla spesa alimentare, pur nell’emergenza e in una evidente contrazione generalizzata degli acquisti, gli italiani non rinunciano e solo il 31% dichiara di voler acquistare prodotti di largo consumo confezionato più economici a fronte di un 37% della media europea; un dato decisamente inferiore al 50% registrato lo scorso anno e al 57% del 2013 (anno in cui eravamo in piena crisi economica con un Pil a -1,8%). E anche a emergenza sanitaria finita, solo il 18% dice di voler acquistare prodotti più economici.

Guardando dentro al carrello si nota una straordinaria inversione di tendenza rispetto alla fotografia scattata appena un anno fa dal Rapporto Coop 2019. Allora era “fuga dai fornelli”, un fenomeno che in realtà continuava in progressione costante tanto da dimezzare in 20 anni il tempo passato a cucinare ogni giorno ridotto allora a appena 37 minuti. Complice il lockdown, invece, gli italiani hanno rimesso le mani in pasta e anche nel postcovid il cook@home è una costante che spiega la forte crescita nelle vendite degli ingredienti base (+28,5% in GDO su base annua) a fronte della contrazione dei piatti pronti (-2,2%). Supportati o meno da aiuti tecnologici (la vendita dei robot da cucina ha fatto registrare a giugno +111% rispetto all’anno prima), il 30% dedicherà ancora più tempo alla preparazione del cibo e il 33% sperimenterà di più. Uno su tre lo farà per “mangiare cose salutari”, ma c’è anche un 16% che lo ritiene un modo per mettersi al riparo da possibili occasioni di contagio. La preparazione domestica dei cibi è probabilmente anche la nuova strategia degli italiani per non rinunciare alla qualità e contemporaneamente alleggerire il proprio budget familiare.

Nella bolla si accorcia anche la filiera del cibo e per un italiano su due l’italianità e la provenienza dal proprio territorio acquistano ancora più importanza di quanta ne avessero in periodo pre-covid dove già godevano di ampia popolarità. E sempre per questioni di sicurezza nell’estate appena trascorsa abbiamo assistito a una vera e propria rivincita del food confezionato che cresce a un ritmo più che doppio rispetto all’intero comparto alimentare se paragonato a un anno fa: +2,3% contro +0,5% (giugno-metà agosto 2020). Il packaging protettivo e avvolgente sembra in questo caso fare la differenza in tutti i comparti: l’ortofrutta e persino i salumi e latticini. Mentre, guardando i carrelli sempre nell’estate, riacquista forza il gourmet (+16,9%), l’etnico (+15,4%) e il vegan (+6,9%).

Dopo il boom del lockdown non accenna a diminuire nemmeno la corsa all’efood. A fianco dell’eCommerce puro, però, gli italiani sembrano voler scegliere soluzioni miste. Il click&collect, ad esempio, passa dal 7,2% delle vendite on line del 2019 al 15,6% nella fase successiva alla pandemia. E c’è anche chi (è il 42%) ritiene comunque importante il consiglio del negoziante/addetto al banco a riprova che la parola chiave sembra essere sempre più la multicanalità. A costituire un deterrente è il caro prezzo dell’online: +25% rispetto al carrello fisico (marzo-giugno 2020). Un divario di prezzo diminuito rispetto al 2019 quando si attestava su un +35%, ma comunque tale da far sì che la spesa digitale sia un’abitudine diffusa tra le famiglie con redditi medio alti: la quota di acquirenti eGrocery passa dal 39% dei ceti popolari al 53% della upper class. E sarà ancora quest’ultima a trainare la domanda nel futuro prossimo (lo dichiara il 43%).

Tra le costanti che il Covid non ha spazzato via riemerge con forza l’attenzione prestata dagli italiani ai temi della sostenibilità. Se è vero che per il 35% dei manager intervistati nella survey “Italia 2021, il Next Normal degli italiani” lo sviluppo della green economy è una delle tendenze che caratterizzeranno in positivo il postcovid, questa sorta di nazionale coscienza verde si traduce in acquisti correlati. Nel confronto internazionale non c’è gara. Il 27% degli abitanti del Bel Paese acquista prodotti sostenibili/ecofriendly di più rispetto a prima del Covid (i francesi e gli spagnoli seguono distanziati con un 18% in percentuale); il 21% – in questo caso appaiati agli spagnoli – ha aumentato gli acquisti in punti vendita che promuovono prodotti sostenibili (contro un 17% degli americani e un 15% dei tedeschi) e il 20% acquista di più da aziende che operano nel rispetto dei lavoratori. Degno di considerazione anche quell’1,7 milioni di italiani che sperimenteranno gli acquisti green per la prima volta a emergenza finita.

Gli interventi

Da sinistra: Marco Pedroni e Maura Latini, rispettivamente presidente e AD di Coop Italia

«È indubbio che il Covid abbia cambiato i comportamenti degli italiani come il Rapporto ci racconta – sottolinea Maura Latini, amministratore delegato Coop Italia – Ci conforta ritrovare in questi mutamenti delle conferme su tendenze già individuate da Coop e su cui ci stiamo posizionando con forza distinguendoci anche dai competitor. La sensibilità green degli italiani in primis su cui stiamo molto investendo e che abbiamo visto riconfermata anche durante e dopo il lockdown nei nostri dati interni. Il nostro marchio di prodotti biologici Vivi Verde è il primo brand bio venduto nella grande distribuzione in Italia con oltre 150 milioni di fatturato nel 2019 e non ha cessato di crescere durante e dopo il lockdown con un trend a valore del +9%. Ma è più in generale tutto quanto attiene al tema sostenibilità e cibo su cui il nostro prodotto a marchio non teme rivali. Voglio ricordare l’impegno che ci siamo presi con i nostri soci e consumatori sia bloccando i prezzi dei nostri prodotti fino alla fine del mese di settembre e l’offerta di 10 dei nostri prodotti al prezzo di 10 euro (“Operazione Forza 10”). Continueremo a lavorare in questa direzione sia sull’offerta, potenziando l’assortimento con prodotti Coop avanzati e innovativi sul versante della qualità e della sostenibilità, convenienti e accessibili alle fasce deboli della società. Ma ripenseremo anche i nostri punti vendita seguendo la logica delle nuove necessità mostrate dagli italiani: qui la scommessa non è offrire un servizio in più e mantenere lo status quo dell’offerta tradizionale, viceversa è rimettersi in gioco».

«Coop fa parte con orgoglio di quella filiera agroalimentare che ha saputo reagire positivamente alla crisi del Covid-19 e grazie all’impegno dei nostri colleghi di punto vendita ha fornito un servizio basilare alla collettività – dichiara Marco Pedroni, presidente Coop Italia – Non ci siamo certo arricchiti, i dati delle vendite di marzo (con picchi anche del +20%) si sono successivamente ridimensionati, come è naturale. A giugno e luglio poi gli andamenti della grande distribuzione sono stati negativi, mentre ad agosto si registra una tenuta. Per la sicurezza e per il sostegno alle famiglie abbiamo fatto investimenti aggiuntivi di oltre 100 milioni in questi mesi. Come Coop prevediamo di chiudere l’anno con un leggero miglioramento del fatturato stimato in un + 1% e dunque un valore superiore a 13 miliardi di euro nella sola parte retail. Confermiamo la nostra strategia che punta a prodotti buoni e sostenibili accessibili a tutti, non solo alle fasce che stanno meglio. In questa fase si mescolano incertezza sul futuro e speranze nuove; la ripresa della domanda interna e dei consumi è fondamentale, non basta l’export. Crediamo che le istituzioni e il Governo, sulla spinta anche delle risorse UE, debbano essere protagoniste di uno straordinario piano di rilancio. Un piano che favorisca gli investimenti privati e pubblici per ammodernare il Paese, che defiscalizzi il lavoro, che sia di sostegno alla svolta “green”. Per quanto ci riguarda più direttamente crediamo che sarebbe importante una fiscalità e un sostegno alle produzioni e ai consumi verdi. Invece della plastic-tax che è un errore, azzeriamo l’IVA su chi usa plastica riciclata o per chi adotta soluzioni a basse emissioni».

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