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L’Italia resta un po’ indietro, nel panorama europeo. Ma la ripresa tiene. E l’estate ha portato con sé qualche buona sorpresa, come la disponibilità di spesa del turista “di prossimità”. Che per fortuna, se l’offerta è gradevole, tira fuori il portafogli in aeroporto, anche per uno spostamento breve. Sono alcuni degli elementi emersi durante l’ultima Assemblea di Atri, presieduta da Stefano Gardini, dove la discussione è stata animata dagli spunti e dai dati di David Jarach, fondatore della società di consulenza diciottofebbraio.

Consuntivo dell’estate: recuperato il 64% domestico

Il presidente, nella sua relazione, ha sintetizzato gli elementi principali che hanno caratterizzato l’estate alle nostre spalle. Con 13 milioni di passeggeri negli scali nazionali, si è recuperato il 64% dei volumi del 2019. Le tratte domestiche hanno mostrato un lieve aumento (+6,5%) ma come è noto è mancato il turismo internazionale (-51% quello europeo, -65% l’extra Ue). La riapertura degli Stati Uniti, che dovrebbe scattare a novembre, e l’annuncio del Governo, prossimo ad attivare alcuni corridoi turistici outbound (Maldive, Sharm…) sono elementi che potrebbero invertire la rotta su questo fronte. Dopo la sua relazione il presidente, una volta terminata l’approvazione dei bilanci, ha introdotto la tavola rotonda, nutrita di numerosi ospiti.

In attesa del lungo raggio e del business travel

Fra i temi di maggior peso, la mancanza del turismo di lungo raggio, destinata purtroppo a durare. Anche perché, a fronte delle riaperture sopra citate, altri canali restano ancora strozzati. “La Cina resta ancora sostanzialmente chiusa. Manca in generale il Far East. Penso che il lungo raggio non si assesterà prima del 2023” ha ragionato David Jarach. Non mancano però tanti aspetti positivi. “Il cosiddetto revenge travel (l’attitudine a spendere più del solito per un viaggio, avendo risparmiato durante il Covid ndr) esiste. E si è visto anche nella filiera del viaggio di casa nostra: per il 2021 si prevedono 8 miliardi di euro di spesa food travel, non lontana dagli 8,9 del 2019, e circa 6,7 ascrivibili allo shopping in viaggio, contro 8,3 di due anni fa” ha spiegato l’esperto. Secondo le stime Unwto/Euromonitor, già nel 2022 entrambe le voci supereranno il fatidico 2019, l’anno che ormai il mercato prende come punto di riferimento tra un “pre” e un “post”.

La conferma di questo trend arriva dai grandi gestori di aeroporti. “Lo verifichiamo in questi mesi, in cui abbiamo spostato tutto il traffico domestico di Fiumicino negli imbarchi E, solitamente dedicati all’extra Schengen. L’utente domestico ha trovato un’offerta food e shopping migliore rispetto a quella che conosceva. E in effetti, lo scontrino medio è salito” ha raccontato Elisabetta Latini, responsabile Retail nella direzione commerciale di ADR. Sulla qualità della spesa del turista domestica, buono il riscontro anche di un operatore forte nel duty free come Top Line: “Abbiamo notato come il passeggero domestico, quest’estate, ha allargato il tiro anche su una fascia di prodotti più altra, come ad esempio il food gourmet, che solitamente era appannaggio degli stranieri. Un elemento su cui lavorare” ha detto l’amministratore delegato, Giulio Brandi. “Altro concetto che fa ben sperare: il business travel non è morto come sostenevano in tanti. La ripresa sarà morbida, più robusta dal secondo semestre 2022, ma ci sono già segnali secondo cui le imprese non rinunciano a recarsi dai clienti per rafforzare la parte commerciale e per fornire assistenza. Manca, e questa non tornerà del tutto, la parte dei viaggi di routine all’interno della stessa impresa” aggiunge Jarach.

Digitale: serve uno sforzo comune

Sullo sfondo però resta un tema cruciale. Il cliente ha poco tempo. “E oggi, vista la rigidità dei controlli, il cosiddetto duel-time si riduce. Non a caso, le direzioni sanitareie stanno diventando interlocutori del nostro settore, perché possono servire per snellire certi passaggi” ha detto il presidente di Atri, Stefano Gardini, direttore del business Non-aviation per l’aeroporto Marconi di Bologna. Poi, c’è il digitale. A parole, l’omnicanalità è sulla bocca di tutti. Ma come tradurla nel concreto? Qual è la ricetta giusta per sfruttarlo? “Associare la digitalizzazione allo spazio fisico del negozio resta determinante per ripartire. Ma serve anche una maggiore condivisione tra operatori retailer e gestori degli scali, per capire le dinamiche di mercato, le esigenze del cliente e rispondere di conseguenza” ha suggerito Fulvio Fassone, managing director di Heinemann Italia.

“Per quanto riguarda un operatore della ristorazione come il nostro, gli strumenti ormai sono pronti, dalla app, ai chioschi digitali salta fila, fino al Qr Code che si può utilizzare in tanti aspetti, non solo per il menù. E sul gradimento da parte del consumatore non ci sono dubbi” ha detto Marco Beretta, direttore Retail Concept, Marketing e acquisti di Areas Mychef. Anche il click and collect si sta diffondendo, come a Fiumicino nel duty free Aelia. Quel che manca, forse, è un’azione decisa e coordinata per far conoscere queste possibilità al viaggiatore e farle diventare un’abitudine. “Quel che serve è un buon lavoro di squadra tra tutti gli operatori coinvolti, che finora è un po’ mancato” secondo Alberto Niero, ceo per l’Italia di Lagardère Travel Retail. “Senza questo elemento, si fa poca strada”.

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