Dopo Alice Pizza e Legami, il braccio finanziario di De Agostini tiene le antenne orientate sul segmento consumer. Possibili target: ristorazione quick service e moda fast fashion. La nostra intervista a Pierluca Antolini, Managing director del Fondo Taste of Italy, e Vincenzo Manganelli, che ricopre lo stesso incarico per i Fondi Special Situation.
DeA Capital è una piattaforma indipendente di Alternative Asset Management, al 100% controllata dal gruppo De Agostini, con asset in gestione per oltre 27 miliardi di euro. Le sue attività spaziano dall’immobiliare ai fondi di investimento, passando per il private equity. Tra i suoi “bracci armati”, DeA Capital Alternative Funds è la Sgr che per lo più si occupa di mettere a segno gli investimenti nelle aziende che vanno a toccare il lato consumer, alcune delle quali sono importanti protagoniste del retail e delle catene di ristorazione. La Piadineria, Alice Pizza, Legami, le pizzerie spagnole Carlos sono alcuni dei marchi più significativi che fanno, o hanno fatto parte, del portafoglio. Qual è la posizione della società rispetto agli investimenti retail? Ci sono novità in arrivo in questo 2024? Ne abbiamo discusso con Pierluca Antolini, Managing director del Fondo Taste of Italy, e con Vincenzo Manganelli, che ricopre lo stesso incarico per i Fondi Special Situation.
Il portafoglio di DeA Capital Alternative Funds racchiude nomi come Alice Pizza e Legami, ma anche le pizzerie spagnole Carlos. Qual è attualmente la posizione della società in questi ambiti tipicamente consumer? Potrebbero esserci nuove operazioni nel primo semestre 2024?
(Antolini, nella foto a sinistra): I fondi gestiti da DeA Capital Alternative Funds sono attivi e pronti a cogliere opportunità di mercato interessanti nell’ambito dei settori retail e ristorazione, con particolare attenzione a iniziative in grado di coniugare crescita dimensionale e creazione di valore per gli stakeholder. Al momento sono in fase di analisi preliminare alcune opportunità di investimento consumer che potrebbero trovare una conclusione positiva nella prima metà del 2024.
Come possiamo definire la vostra strategia d’investimento? Ad esempio, da poco avete investito in Legami con una quota di minoranza. Da che cosa dipende la scelta?
(Manganelli): Flexible Capital investe in aziende che desiderano affrontare un percorso di business transformation, vale a dire cambiamenti rilevanti nella governance, nei processi o nella struttura organizzativa, nel go to market. I processi di cambiamento richiedono un mindset di lungo periodo. Il Flexible Capital può investire indifferentemente in quote di maggioranza o di minoranza. In Legami abbiamo investito in una quota di minoranza perché abbiamo sostituito il precedente socio di minoranza, ma soprattutto perché abbiamo trovato con l’imprenditore piena e totale sintonia sulle strategie future della società.
Qual è il rapporto che il fondo cerca di intrattenere con il management dell’azienda?
(Manganelli): Il management è la risorsa chiave per i processi di cambiamento, spesso sono necessari nuovi innesti per accelerare il cambiamento culturale. Nel rispetto dei diversi ruoli, noi non facciamo mai mancare il nostro supporto costruttivo.
Quale deve essere la classe dimensionale minima di una società interessante per DeA Capital Alternative Funds come giro d’affari o presenza di negozi sul territorio?
(Manganelli): Il Flexible Capital ha dei parametri minimi: ad esempio, il fatturato non può essere inferiore ad euro 50 milioni.
Il 2023, specialmente nella seconda metà, è stato un anno di calo dei consumi, dall’alimentare, all’abbigliamento, mentre la ristorazione ha tenuto meglio. Nel 2024 il livello dei prezzi dovrebbe stabilizzarsi e si auspica un allentamento a livello di tassi di interesse. Queste considerazioni legate alla congiuntura, che peso hanno nella scelta dei vostri investimenti?
(Antolini): Generalmente nella valutazione di possibili investimenti prendiamo in considerazione tutti i fattori che possono incidere sulle prospettive di sviluppo e sulle performance aziendali. Ciò premesso, operando su un orizzonte temporale di valorizzazione di 5/6 anni e con un approccio più industriale che strettamente finanziario, privilegiamo considerazioni di crescita sostenibile nel medio lungo termine piuttosto che situazioni di ritorno a breve periodo. Per DeA Capital Alternative Funds un investimento di successo si può dire tale se, una volta concluso il nostro ciclo di sostegno e di crescita e ceduta la partecipazione, la società prosegue il suo percorso di sviluppo con il nuovo azionista di riferimento. Ne sono testimonianza i casi di Lurisia, ceduta a Coca-Cola, e di Gruppo La Piadineria, per rimanere nell’ambito retail, che dopo il periodo di nostra gestione ha più che triplicato i propri punti di vendita mantenendo un elevato profilo di redditività.
Attualmente i fondi Taste of Italy sono quelli legati al food, l’ultimo nato Flexible Capital ha investito in Legami. Continueranno questi ad essere gli strumenti operativi nel retail/ristorazione?
(Antolini): I fondi diretti specializzati legati al food & beverage e il fondo Flexible Capital sono il veicolo preferenziale per gli investimenti di DeA Capital Alternative Funds dedicati ai settori retail e ristorazione. Il motivo di tale scelta risiede principalmente nell’esperienza sviluppata dai team di gestione nello specifico campo di investimento. Ogni fondo gestito da Dea Capital Alternative Funds è guidato da un team dedicato e l’esperienza maturata in anni di analisi di aziende, scenari competitivi e contesti di mercato rappresenta un patrimonio di know how unico e difficilmente ricostruibile in poco tempo o con risorse diverse.
Qual è il profilo degli investitori di questi fondi?
(Antolini) Sono sia soggetti istituzionali nazionali ed esteri, quali casse previdenziali, assicurazioni, istituti di credito, fondazioni bancarie e fondi intergovernativi, sia family office e imprenditori del settore. Quello che li accomuna è la convinzione che i settori retail e alimentare rappresentino un ambito di investimento molto interessante sia in Italia che in Spagna che, se non del tutto immuni dall’andamento di sfavorevoli fattori congiunturali, abbiano una sensibile capacità di ripresa e assicurino un ritorno significativo nel medio lungo periodo.
Secondo l’osservatorio di Deloitte, il mercato italiano del foodservice vale 103 miliardi. Le catene assorbono meno del 10% e le insegne si dividono circa al 50% in “full service”, 31% “quick service” e il resto da ascrivere a bar/caffetterie. Qual è il più promettente? In questo contesto, Alice Pizza finora è una scommessa vinta?
(Antolini): Alice Pizza costituisce un’operazione di successo per il Fondo Taste of Italy, avendo superato brillantemente il periodo del Covid e l’incremento dei prezzi delle materie prime, mantenendo un solido percorso di crescita dimensionale e di risultati economici. La società gestisce direttamente oltre 100 punti di vendita e ha avviato di recente un processo di espansione internazionale che apre ulteriori significative opportunità di crescita, oltre a quelle offerte dal mercato domestico. Crediamo molto nel modello di business del quick service, che riteniamo un formato di ristorazione particolarmente adatto a rispondere alle attuali tendenze di consumo. In questo ambito cerchiamo di privilegiare modelli e formati che siano caratterizzati da flessibilità in termini di location, trasversalità di fruizione, offerta focalizzata, linearità gestionale e scalabilità nazionale ed estera.
Avete mai preso in considerazione di investire in un marchio di moda/abbigliamento? Quale settore vedreste meglio, tra fast fashion, alto di gamma o altri segmenti?
(Manganelli, nella foto a destra): Non escludiamo di investire in marchi di abbigliamento. La nostra lettura del mercato, attuale e prospettica, ci porta a valutare posizionamenti nel basso di gamma. Ecco, possiamo affermare che con questo atteggiamento otteniamo già buoni risultati. Naturalmente ciò non esclude che se dovessero presentarsi nuove opportunità di investimento noi saremmo pronti a coglierle.
“Omnicanalità” ed “esperienzialità” sono tra i concetti più utilizzati (anche un po’ abusati) per definire alcune dei requisiti che il commercio di oggi deve avere, per restare al passo con i desiderata degli utenti. Qual è la vostra considerazione su questi aspetti?
(Antolini): Teniamo in grande considerazione la comunicazione con i clienti delle nostre aziende retail e l’esperienza da loro vissuta nei punti di vendita e nella rete. I nostri progetti sono concentrati nel rendere sempre più agevole l’accesso e gratificante l’utilizzo dei prodotti e dei servizi offerti, lavorando per migliorare costantemente le nostre performance, anche grazie alla strutturazione di un avanzato sistema di monitoraggio basato su specifici KPI. Chiaramente questo richiede sia investimenti materiali che in capitale umano, mirati in particolare a ridurre i tempi di attesa e a consentire una scelta sempre più informata e consapevole, ad esempio sviluppando progetti digitali e di fidelizzazione, o a migliorare il contatto e il servizio alla clientela con corsi di formazione, motivazione e aggiornamento dedicati al personale.
di Adriano Lovera
L’articolo completo è disponibile sul numero di gennaio-febbraio 2024
Riproduzione riservata retail&food