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Philip Green ce l’ha fatta, ha salvato Arcadia dai creditori assicurandosi un accordo con i landlord dei brand che l’azienda gestisce in Gran Bretagna dove ha una rete di 570 negozi standalone con i marchi Topshop, Burton, Dorothy Perkins, Topman, Wallis, Evans, Outfit e Miss Selfridge. 

Il piano di ristrutturazione di Arcadia, tuttavia, prevede la chiusura di 50 store e il licenziamento di mille dipendenti.

La mossa vincente

La svolta nel caso Arcadia è arrivata mercoledì, quando la famiglia Green è riuscita a vincere le resistenze dei landlord e la fiducia dei creditori. All’inizio, sul tavolo, la proposta formulata assieme agli esperti di Deloitte e il consulente GCW, prevedeva di cedere il 20% del capitale e investire 50 miloni di sterline negli store come parte di un piano di salvataggio da 135 milioni. Cifre che non hanno acceso l’entusiasmo delle parti in causa. Alla fine l’accordo si è trovato attorno a un finanziamento da 9,5 milioni di sterline per tre anni cosicché le chiusure si potessero abbassare dal 70 al 25%. «Sono fiducioso sul futuro di Arcadia e la nostra abilità di fornire ai consumatori la migliore esperienza multi-channel possibile, offrire loro la moda che chiedono e ispirarli verso una rinnovata fedeltà ai nostri marchi che supporti la crescita a lungo termine», ha commentato Ian Grabiner, chief executive di Arcadia Group.

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