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Nato in Francia nel 2009 e arrivato in Italia nel 2013, il brand di KellyDeli rappresenta la perfetta cerniera fra grande distribuzione e gastronomia grazie a 159 corner standalone. 

Cosa ci fanno 15 operatori in uno spazio di 180 mq alle porte di Milano? Preparano 420mila vassoi di sushi all’anno. O almeno così è all’interno della Central Kitchen inaugurata a inizio ottobre da Sushi Daily. Il marchio, nato nel 2009 in Francia e di proprietà dell’azienda KellyDeli, ha aperto le porte del proprio polo produttivo per raccontare le prossime tappe dello sviluppo. A partire da una maggiore penetrazione nel mercato italiano, soprattutto al Centro-Sud (con 40 aperture previste per il 2020). Ma come? Puntando su artigianalità e materie prime ad alto valore nutrizionale (con il debutto della linea “Super + Benessere”) da un lato, e su una organizzazione logistico-produttiva più capillare che riesca a rifornire canali diversi dalla tradizionale Gdo, dall’altro. A dirigere le operazioni c’è Emanuele Scalera, managing director di KellyDeli per l’Italia, a cui abbiamo rivolto le nostre domande.

Emanuele Scalera, managing director di KellyDeli per l’Italia

Come si sviluppa la presenza di Sushi Daily in Italia?

Sushi Daily arriva in Italia nel 2013 con l’apertura di un chiosco all’interno del Carrefourdi Assago (MI). Da lì in poi si è sviluppata in questo canale arrivando a 159 punti vendita con 15 diverse insegne Gdo. Il nostro Paese rappresenta il secondo mercato per il brand e copre il 15% del totale europeo. A livello continentale sono attivi circa 800 chioschi per un fatturato intorno ai 400 milioni di euro.

Perché sviluppare all’interno dei punti vendita della grande distribuzione?

Il valore aggiunto dello sviluppo all’interno dei supermercati è, in primo luogo, di natura strategica: una volta siglato un accordo con un’insegna, a livello centrale, le procedure di roll out sono più veloci. Secondariamente, per il partner in franchising che gestisce il chiosco, la grande distribuzione rappresenta una piazza con un volume di traffico garantito. Infine, c’è una questione di riduzione dei costi.

Quali sono le caratteristiche del format?

Il format, al di là della metratura variabile, mantiene sempre la stessa base logistica e lo stesso layout. I nostri punti vendita devono permettere la lavorazione in loco della materia prima e un minimo di showcooking. Per farlo ci sono degli standard di sicurezza alimentare da rispettare che impattano sull’allestimento con l’obbligo di banchi d’appoggio in acciaio, sistemi di refrigerazione adeguati, lavandini per la sterilizzazione dei coltelli, ecc. Si tratta di caratteristiche basilari che sostanzialmente non cambiano rispetto al canale in cui sono inseriti i chioschi. L’esempio, in questo senso, è il punto vendita di Roma Termini: un vero e proprio ristorante con sedute che mantiene le stesse linee guida progettuali e produttive.

Come si compone l’offerta? E quanto vale lo scontrino medio?

Il nostro menù prevede circa 130 referenze disponibili. Di queste, almeno 70 devono essere garantite in vetrina, fra cui: i nostri 20 top seller e altre 50 articoli a scelta del nostro partner, che è libero di realizzare le preparazioni che meglio si adattano al contesto di riferimento. In generale, lo scontrino medio si aggira intorno ai 14-15 euro con un range per articolo che va
dai 4,5 agli oltre 50 euro.

Quali saranno le prossime tappe del brand?

Lo sviluppo della Central Kitchen continuerà con aperture previste in diverse grandi città italiane a partire da Roma e con spin-off di dimensione più contenuta dedicati a specifici retailer locali. In provincia, dove i supermercati sono più piccoli, il chiosco viene sostituito da una vetrina con i nostri prodotti che vanno periodicamente riforniti. Parallelamente, la Central Kitchen rappresenta la base per la realizzazione di dark kitchen dedicate al delivery. Un settore in cui da poco abbiamo attivato una collaborazione con Deliveroo. Infine, abbiamo iniziato a lavorare nel canale del contract catering, soprattutto per quanto riguarda il segmento delle mense aziendali.

Dal vostro osservatorio, come valutate l’ibridazione sempre più marcata fra Gdo e somministrazione?

L’avvicinamento fra Gdo e somministrazione, dal nostro punto di vista, è un cammino irreversibile. Quando 10 anni fa partivamo con questo concept, chiedevamo di essere posizionati vicino alla pescheria. Oggi ci stiamo spostando sempre più in zona gastronomia dove c’è una crescente richiesta per prodotti pronti al consumo e, spesso, una vicinanza più marcata con la galleria commerciale. In questo modo, la nostra offerta intercetta anche un target diverso da quello che entra al supermercato per fare la spesa. A tal riguardo, insieme a Iper, abbiamo condotto dei test sul nostro punto vendita che è situato all’altezza della barriera casse e può avvantaggiarsi di un doppio accesso: i risultati parlano di un +40% in termini di vendite grazie a questo tipo di collocazione.

N.G.

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