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L’emergenza coronavirus colpisce un altro bersaglio illustre nel panorama retail USA. Si tratta di JCPenny che ha firmato le carte per chiedere la protezione del Chapter 11 ed entrare così nelle procedure di bancarotta. Un destino che si lega a doppio filo con quello dei grandi mall in declino e potrebbe mettere fine a un brand con 118 anni di storia.

Fondato nel 1902 dall’omonimo imprenditore James Cash Penney, il brand di department store ha iniziato la sua prima espansione nei centri cittadini di provincia. Nel 1966 la svolta che porta JCPenny all’interno del primo centro commerciale. Da allora, lo sviluppo ha seguito quello delle grandi superfici americane a cui si è aggiunta l’espansione nei retail park e alcuni punti vendita nel canale high street.

La bancarotta

Complice il declino del canale shopping center e del format dei department store, JCPenny non ha saputo reggere l’urto dell’emergenza Covid-19 che ha reso insostenibile un debito di quasi quattro miliardi di dollari. Una cifra monstre che mette a repentaglio la sopravvivenza dello stesso network composto da circa 850 negozi e 90mila dipendenti. Con l’attivazione del Chapter 11, JCPenny ha dato avvio un piano di salvataggio che ha convito il 70% dei creditori e può contare su asset per un valore di 900 milioni di dollari, di cui 450 in nuovi finanziamenti. Di certo, però, non aiutano le manovre dei vertici dell’azienda che, in un momento di grave difficoltà, stanno accelerando la distribuzione dei bonus legati alle performance dell’anno precedente per un valore vicino ai 10 milioni di dollari.

Cause e soluzioni

Al di là dell’emergenza coronavirus e del declino del canale shopping center negli Usa, a pesare sul destino di JCPenny è stata l’incapacità di evolvere il proprio format di vendita. Secondo CNN Business, JCPenny avrebbe totalizzato una perdita di circa 3,9 miliardi fra il 2010 e il 2018 non riuscendo a tenere testa alle catene discount e alla concorrenza del canale digitale. Una situazione che, nel 2017, aveva già portato al taglio di 140 store. A questi, ora, se ne aggiungerebbero altri 240 circa (per una riduzione del 30% della rete entro il 2021). Tagli che corrono paralleli alle opzioni di vendita. Tra gli interessati ci sarebbero gli operatori e gestori immobiliari Simon Property Group e Brookfield.

Le dichiarazioni

«La pandemia ha creato delle conseguenze senza precedenti per tutto il nostro Paese. Non è un caso che tutta l’industria retail americana ne abbia sofferto, compresa JCPenny. Siamo stati costretti a prendere decisioni difficili per continuare a gestire il nostro business e proteggere i nostri collaboratori e clienti», ha affermato in una nota stampa Jill Soltau, ceo di JCPenny. Una sfida arrivata nel mezzo di una ristrutturazione aziendale iniziata qualche anno prima: «Mentre lavoravamo sulle opzioni con cui rafforzare il nostro bilancio ed estendere le nostre possibilità finanziarie, la chiusura forzata degli store ci ha richiesto un enorme revisione dei nostri fondamentali al fine di eliminare ogni debito pregresso», ha continuato Soltau. Da qui la decisione di implementare una ristrutturazione aziendale senza precedenti che ha richiesto l’attivazione del Chapter 11.

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