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Un quarto dei circa mille (regional e super regional) mall statunitensi rischia la chiusura nel corso dei prossimi cinque anni. A sostenerlo è un’analisi di Coresight Research che fotografa una crisi già conclamata del canale. Dopo aver perso l’ancora dei department store e subito l’impatto della pandemia sull’offerta ristorativa e d’intrattenimento devono ripensarsi.

A maggior rischio, secondo l’analisi Coresight Research ci sono i mall di categoria B, C e D: una classificazione che indica la redditività commerciale a metro quadro (un mall A++ può rendere mille dollari a mq in vendite, mentre uno C+ può garantire 320 dollari a mq).

I dati e gli effetti

Andando più nel dettaglio, l’analisi Coresight Research prevede la chiusura di 25mila store alla fine di quest’anno. Di questi, più della metà sono mall. E nel giro dei prossimi cinque anni questo trend potrebbe portare alla cessata attività per 300 delle circa 1.200 strutture presenti negli USA. Il motivo di questa debolezza è strutturale: circa il 90% degli occupanti dei mall statunitensi sono tenat esperenziali oppure ristoranti e negozi d’abbigliamento. Il trio fra i più colpiti dalla pandemia e impossibilitato a pagare gli affitti (in parte o per intero) per la mancanza di clientela.

CBL in difficoltà

Un effetto a catena che ha messo in difficoltà le proprietà immobiliari. Come nel caso di CBL Properties, sempre più vicina all’attivazione del Chapter 11. Il fondo d’investimento immobiliare a fondato nel 1978 da Charles B. Lebovitz, rischia il fallimento a causa di un debito monstre da tre miliardi di dollari e un contesto poco favorevole alle grandi superfici commerciali. Gli effetti del Covid si sono fatti sentire sotto forma di mancati pagamenti degli affitti (ad aprile solo il 27% del totale era stato incamerato) e CBL si è vista costretta a sedersi al tavolo dei creditori per eliminare almeno 900 milioni di pendenze. L’azienda, che possiede 91 mall distribuiti su tutto il territorio ha dato l’allarme dopo i dati del primo semestre che riportavano una perdita di 215 milioni di dollari e la possibile chiusura di quattro strutture. Ora «il nostro obiettivo è portare a termine il più velocemente possibile il processo di ristrutturazione del debito, diversificare le nostre fonti di reddito e trasformare le nostre location in veri e propri centri suburbani», ha affermato in una nota l’attuale ceo Stephen Lebovitz.

La soluzione alternativa

Chi cerca di capitalizzare sulla situazione è Simon Property Group. Ad agosto, dopo essere diventata co-proprietaria di due brand come Brooks Brothers Lucky Brand, ha dato avvio alle interlocuzioni con Amazon per trasformare i negozi che ancora non avevano riaperto in centri distribuzione (sopratutto quelli a marchio Sears e J.C. Penny che hanno attivato il Chapter 11 e si preparano a un piano di ristrutturazione). Una mossa coraggiosa, se si pensa che il tasso di occupazione dei mall Simon Property aveva raggiungo il 92% a giugno 2020. Eppure, la paura del vuoto spaventa e non poco.

N.G.

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