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Quale è stato l’impatto del Covid-19 sull’industry dei centri commerciali nel 2020? Tradotto in numeri, è stato pari a 17,8 miliardi di euro, dal momento che il fatturato è drammaticamente sceso dai 71,2 miliardi registrati nel 2019 ai 53,4 totalizzati lo scorso anno.

Il dato complessivo, comprensivo dell’indotto, tocca invece la cifra monstre di 45,5 miliardi di euro, pari a una perdita del 25% dovuta “agli spillover generati sull’intera filiera dalle chiusure e dalle restrizioni a cui tutte le oltre 1.300 strutture sul territorio nazionale si sono dovute adeguare”.

Sul fronte occupazionale, a livello complessivo si registra una contrazione di 55mila posti di lavoro, passati dai 783mila del 2019 ai 728mila del 2020, mentre gli impieghi diretti nei centri commerciali sono calati di 40mila unità a causa soprattutto del mancato rinnovo di contratti in essere e alla non attivazione di lavori stagionali (-27,5%).

I dati provengono dall’Osservatorio sull’Industry italiana dei centri commerciali 2021, sviluppato da Nomisma per il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC) e presentato questa mattina a Roma davanti a esponenti dell’intero arco parlamentare e delle istituzioni.

In particolare, lo studio fotografa l’impatto della pandemia da Covid-19 sull’industry dei centri commerciali, valutando anche gli effetti prodotti sull’intera economia, oltre ad analizzare trend e nuove abitudini di consumo che emergono da una survey sulla popolazione italiana (18-65 anni).

E proprio relativamente alle nuove abitudini di consumo, l’indagine fa emergere come il 42% degli italiani nel 2020 sia ricorso con elevata frequenza al canale online per effettuare acquisti che nel 2019 avrebbe fatto in un centro commerciale.

Le dichiarazioni
«Tra gli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca, mi preme segnalare la centralità che il commercio fisico continua ad avere, pur nel contesto di un’evoluzione del mercato sempre più caratterizzata dall’integrazione dell’esperienza fisica con quella digitale – ha dichiarato Roberto Zoia, presidente del CNCC – Dall’analisi emerge con chiarezza come, nonostante per mesi il digitale sia stato spesso l’unica opzione d’acquisto possibile e abbia realizzato una crescita importante, esso non sia stato in grado di sopperire neppure lontanamente al crollo dei consumi a cui abbiamo assistito nel corso del 2020. Per questo motivo, il sostegno alle attività del commercio tradizionale resta prioritario nell’ambito di politiche economiche e industriali che si prefiggano di rilanciare i consumi. Solo sostenendo il canale fisico, che rimane la scelta preferita dalle famiglie italiane, si potrà infatti realmente contribuire ad agevolare la ripresa economica del Sistema Paese nel suo complesso».

«L’Osservatorio mette in luce importanti note di attenzione su cui soffermare riflessioni di sviluppo futuro, ora che siamo all’alba dell’atteso New Normal – ha aggiunto Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma – Il primo aspetto riguarda i motivi della mancata visita ai centri commerciali, riconducibile principalmente alle chiusure dei negozi dettate dalle misure di contenimento della pandemia e dalla confusione degli acquirenti a capire gli effettivi giorni di chiusura e apertura dei punti vendita. Importante nella scelta di diminuire la frequenza di visita ai centri commerciali anche la percezione del rischio sanitario e a seguire effetti di sostituzione dei canali. L’altro elemento riguarda l’andamento delle vendite del commercio al dettaglio sul canale online. L’analisi mensile dell’indice delle vendite del commercio al dettaglio evidenzia dei picchi in corrispondenza dei periodi di lockdown, oltre che nei momenti in cui gli acquisti online si intensificano in maniera ricorrente (es Black Friday e Natale). Il vero interrogativo è quindi quanto i nuovi modelli di acquisto degli italiani rimarranno in maniera strutturale riuscendo a modificare l’assetto dei consumi pre-Covid».

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