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Confimprese, per voce del suo presidente Mario Resca, chiede al Governo un intervento rapido contro l’aumento automatico dei canoni d’affitto commerciali, legato all’inflazione Istat.

Secondo Confimprese, l’impatto dell’inflazione, che ha registrato il record dal 1985, l’aumento dell’energia e di tutte le principali voci di spesa (trasporti, personale, materie prime, ecc.) stanno aggravando rapidamente la sofferenza del settore retail, già provato in questi anni dal Covid. In questo contesto, il peso degli affitti sul giro d’affari è passato indicativamente dal 18% al 22,2% nell’abbigliamento e dal 12 al 12,6% nella ristorazione.

“È palese – dichiara Mario Resca – che gli operatori in tale situazione non possano sostenere l’aumento Istat sugli affitti, che oggi è all’8,4%. Se vogliamo evitare la chiusura di punti vendita e il conseguente ridimensionamento dell’occupazione, il Governo deve intervenire subito, sull’esempio di quanto fatto con il DL.95\2012 per la pubblica amministrazione, per cui l’aggiornamento Istat dei canoni di locazione è stato congelato per dieci anni. Anche a livello europeo si registrano già i primi interventi di regolamentazione del prezzo degli affitti”.

In Spagna, con un’inflazione al 10%, l’esecutivo ha introdotto un tetto massimo dell’indicizzazione pari al 2%, applicabile fino a fine anno, nel settore commerciale e residenziale. Anche la Francia ha varato misure eccezionali, con l’introduzione di un tetto massimo all’aumento dei canoni fissato al 3,5%. Anche in Germania il tema è attualmente in discussione.

In prospettiva Confimprese ritiene inoltre necessario recepire e rendere obbligatorio, anche in Italia, un obbligo generale di rinegoziazione del contratto basato sul principio di buona fede e correttezza qualora si verifichino eventi imprevedibili e incontrollabili che alterino in modo sostanziale (e non imputabile ad una delle parti) le condizioni convenute. Ad oggi, infatti, il rimedio dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, normato dall’art. 1467 cod. civ., rischia di essere controproducente per gli operatori commerciali costretti a scegliere, di fronte all’indisponibilità dell’altra parte a una equa revisione, tra la continuazione del rapporto a condizioni invariate o la sua risoluzione.