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Il placet da parte del cda del Catullo all’entrata di Save quale socio di minoranza áncora i destini dell’aeroporto veronese (e di quello bresciano di Montichiari) al disegno veneziano di sistema aeroportuale del Nord Est. Poi sarà tempo di cantieri: a breve per esplodere l’offerta commerciale di scalo (progetto Romeo), sullo sfondo per giocarsi la carta airport city (progetto Giulietta).

Dall’incontro nascerà un network aviation con una catchment area da 15 milioni di abitanti in 60mila km quadrati, e con una dote da 15 milioni di passeggeri e 80mila tonnellate di merce. Il gioco di ruoli, fatta salva la regia lagunare, è ben definito: il Marco Polo sarà hub intercontinentale ed europeo, il Catullo scalo del territorio con collegamenti europei, domestici e charter, il Canova di Treviso votato alle low cost e Montichiari scalo merci.

«Non ho difficoltà ad ammettere che il fattore tempo è stato decisivo nella scelta», argomenta Carmine Bassetti, direttore generale dello scalo, chiamato l’anno scorso al capezzale della Catullo dopo il crack della gestione Soppani che ha lasciato una voragine da 26 milioni di euro. Il manager italo-canadese, già head of airports al Sabiha Gokcen di Istanbul, direttore esecutivo delle attività aeronautiche del Sud Africa e vicepresidente esecutivo di AdR, ha imposto una cura draconiana per tappe, con l’obiettivo di riemergere nel 2014: «Avessimo avuto una differente condizione di cassa, sono certo che un tender internazionale, lanciato tra un paio d’anni, avrebbe attratto importanti investitori istituzionali e partner industriali, con maggiori benefici economici in entrata. Ciò detto, Verona ha bisogno d’investire sin da oggi sul suo futuro e la proposta di Save, col coinvolgerci in un network integrato, al contempo sposa in toto il nostro piano industriale».

Claudio Francesco Merlo

L’articolo completo è pubblicato sul numero di novembre 2013 di r&f: acquistalo sull’App Store oppure abbonati alla versione cartacea