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Venezia-Catania andata e ritorno. Ai due capi della Penisola, gli scali gestiti rispettivamente da Gruppo SAVE e SAC SpA stanno raccogliendo i primi frutti di una lenta ripresa del canale aeroportuale che punta sulla stagione estiva per darsi la spinta necessaria a risalire la china. A concorrere al buon esito di questa operazione, le strategie retail e aeronautiche dei due scali.

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Intervista a Camillo Bozzolo, direttore sviluppo aviation Gruppo SAVE

Come vi siete riorganizzati a livello di rotte e destinazioni?

Lo spartiacque è il 14 giugno, giorno in cui avrebbero dovuto cadere tutte le limitazioni sia all’interno del mercato nazionale sia a livello di Comunità Europea. Fatta salva la continua attività di Alitalia anche durante il lockdown, di fatto la ripresa è iniziata il primo giugno con i voli per Amsterdam seguiti tre giorni dopo dal ripristino dei collegamenti con Parigi Charles De Gaulle. Dal 15 giugno la situazione ha cominciato a sbloccarsi lentamente:
il 16 sono ripresi i collegamenti con Monaco, Francoforte, Bruxelles e il Lussemburgo. Dal 18 Volotea dà avvio alle rotte per Catania e successivamente Bari, Olbia, Palermo, ecc. Questo significa che il “Marco Polo” è passato da meno
di mille passeggeri nei primi giorni di giugno a circa tremila a fine mese. Una progressione che si mantiene costante
anche a luglio: nelle prime due settimane tocchiamo i 12mila passeggeri per arrivare a 16mila nella seconda metà del mese. Il tutto grazie al ripristino di 13 rotte da parte di Ryanair, a EasyJet che torna a volare con 7, Volotea che aggiunge ulteriore capacità e poi ci sono i ritorni dei vettori tradizionali.

Facendo un passo indietro, come avete affrontato l’inizio dell’emergenza? Quali accorgimenti avete introdotto in aeroporto?

Innanzitutto ricordiamo che il lockdown ha causato una riduzione di traffico del -98% a livello nazionale. Per affrontare l’emergenza abbiamo messo in sicurezza lo scalo secondo le varie disposizioni che prevedevano l’utilizzo
di termoscanner, distanziamento, igienizzazione, adozione di protezioni individuali e barriere in plexiglas, ecc. fino ad arrivare a un sostanziale controllo dei flussi: dalla porta d’ingresso al gate d’imbarco. In secondo luogo abbiamo spinto per avere maggiore certezza sulle limitazioni alla mobilità transnazionali e il ripristino della libera circolazione delle persone. Informazione essenziale per il passo successivo: invogliare le compagnie aeree ad aumentare la capacità a disposizione dei passeggeri. Solo se la risposta del mercato sarà positiva potremmo risalire la china, nonostante la riduzione dei volumi.

Nel rapporto costante con le compagnie aeree, quale differenza fra low cost e legacy carrier?

In questo momento, chi ha le spalle larghe e vede un’opportunità ci si butta a capofitto. In generale, la differenza fra low cost e legacy carrier è determinata dal modello di business che per i secondi significa fare perno su un hub di riferimento che lavora essenzialmente con i viaggi internazionali di lungo raggio; quindi: Asia, Nord America, India, ecc. Paesi in cui la curva dell’emergenza sanitaria richiede un certo grado di prudenza.

Che rapporto fra Save e Alitalia?

Negli anni Save ha sempre lavorato molto bene con Alitalia che, in un passato nemmeno troppo lontano, da Venezia partiva per rotte intercontinentali: Giappone, Emirati Arabi, ecc. Oggi come oggi, in quanto aeroporto regionale,
abbiamo mantenuto solo i collegamenti con Roma. In ogni caso, un’Alitalia forte a noi fa solo che piacere.

Uno dei temi emersi in questo periodo riguarda gli incentivi alle compagnie aeree per attivare nuove rotte.

Si tratta di uno strumento utile per la crescita dello scalo. L’obiettivo è quello di utilizzarli per migliorare la connettività del territorio. Faccio un esempio: prima del 2000, Venezia non aveva un collegamento diretto con gli
Stati Uniti. All’epoca quindi, dopo uno studio approfondito, Save si mosse per portare in Laguna tre operatori. Una scelta che ha pagato. Negli anni siamo passati da 100mila passeggeri a circa 1,1 milioni. Una discorso simile si può fare per Emirates che da oltre dieci anni fornisce un servizio di collegamento che prevede un solo scalo a Dubai verso l’Australia, dove risiede una larga comunità di origine veneta. Grazie a questa possibilità, i passeggeri sono passati da 2.500 l’anno a oltre 50mila.

A proposito di flussi, in questo momento di transizione, come cambia il profilo del passeggero?

Diciamo che in questo momento siamo di fronte a un passeggero in maggioranza nazionale, italiano. E ad agosto penso che Puglia, Sicilia e Sardegna saranno le mete più battute.

Che outlook per il 2020? Quanto ci vorrà per una ripresa dell’industry?

Seguiamo quello che dice IATA: il 2023 è la data della ripresa, del ritorno ai volumi pre-Covid. È fattibile. Quanto riusciremo a fare nel biennio 2020-21, invece, è più incerto. A fine anno, penso che il calo a livello nazionale si assesterà intorno al 60-75% in termini di volumi. In generale, la ripresa sarà molto graduale. C’è ancora molta cautela, ma la spinta della stagione estiva può innescare un trend positivo.

N.G.

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