Soprattutto in tempo di crisi, perdere all’anno l’equivalente di oltre un punto percentuale sulle vendite può fare la differenza tra crescere e portare i libri in tribunale. Parliamo delle differenze inventariali nella distribuzione moderna, stimate nell’edizione 2012-13 dal Barometro Mondiale dei Furti nel Retail in 88,6 miliardi di euro (oltre a 112 miliardi di dollari), pari all’1,4% delle vendite.
Lo studio, finanziato da un fondo indipendente di Checkpoint Systems, è stato avviato nel 2013 da Euromonitor International e si basa su una serie di interviste scritte e telefoniche che hanno coinvolto i retailer di 16 paesi, che coprono 160.000 punti vendita, pari a 1.500 miliardi di dollari di vendite nel 2012.
Le percentuali più alte sono state registrate in Brasile e in Messico (1,6 %), negli Stati Uniti e in Cina (1,5%). Segue il nostro Paese, che si attesta all’1,3%, dopo Francia e Spagna (1,4%). Valori inferiori, invece, si registrano in Giappone (1%), Hong Kong, Australia e Germania (1,1%). Secondo quanto confermato dagli operatori intervistati, le perdite nel settore retail sono dovute a fenomeni di taccheggio (41%), furti da parte dei dipendenti (30%), errori amministrativi (21%) e frodi a opera di fornitori (9%).
Analizzando in dettaglio il peso delle differenze inventariali per nucleo familiare, in media, in Italia, il costo è di 144 euro, importo che globalmente si aggira intorno ai 101 euro mentre a livello europeo lievita a 145. Per quanto riguarda, invece, la classifica degli articoli più rubati a livello mondiale, al primo posto troviamo gli accessori moda, in particolare jeans, calzature e capi di lingerie, mentre al secondo posto i prodotti elettronici ad alto valore economico come smartphone, iPhone e tablet. Segue la categoria dei parafarmaci, con trattamenti antiallergici e latte in polvere, l’health&beauty, in particolare cosmetici e profumi, e il segmento entertainment, costituito da videogames e accessori per cellulari.
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