Skip to main content

Fra le catene colpite dal Coronavirus, prima ancora che diventasse un’emergenza sanitaria a livello nazionale, Zushi resiste al lockdown della ristorazione ripensando il lancio di Pokewaii, virtual brand con ambizioni di marchio stand alone. 

Al pari delle altre catene di cucina etnica asiatica, il network di sushi restaurant a marchio Zushi ha iniziato la sua personale lotta al Coronavirus sfidando prima di tutto il pregiudizio che colpevolmente adombrava un prodotto fresco e di qualità. Una battaglia che, velocemente, è diventata un fronte comune di tutta la ristorazione. E a cui il brand guidato dal ceo e founder Cristiano Gaifa ha risposto prontamente.

Quanti sono gli store attualmente attivi?

Detto che siamo molto forti in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, al momento 18 ristoranti Zushi su 23 sono aperti, ovviamente solo per attività di delivery. Un servizio che avevamo abbracciato fin da subito con consegne dirette a cui si può accedere sia telefonicamente che attraverso il nostro sito, oppure scaricando la nostra app, sia a pranzo che a cena.

Vi appoggiate anche a partner terzi?

Sì abbiamo attive collaborazioni con piattaforme di delivery come Deliveroo, JustEat, Glovo e MyMenù.

Quali differenze fra delivry diretto e in outsourcing?

Per quanto riguarda il primo caso, i fattorini consegnano con delle vetture aziendali, modello Smart per intenderci. Un servizio riconosciuto dai nostri clienti più affezionati e curato fin nel minimo particolare dai dipendenti della catena. Nel caso del modello in outsourcing, invece, possiamo contare sulla grande vetrina dei nostri partner che, riuscendo a raggiungere un numero più elevato di clienti, contribuiscono alla maggioranza degli ordini effettuati.

Come state gestendo la forza lavoro?

Purtroppo, avendo iniziato a perdere fatturato dal 20 gennaio, quando è scoppiata l’emergenza Covid-19 a Whuan in Cina, il ricorso alla riduzione del personale ha anticipato il trend che ha poi investito la ristorazione classica, tradizionale. Con l’evolversi della situazione e il definirsi dei vari strumenti di ammortizzazione abbiamo attivato la cassa integrazione per alcuni dipendenti, come quelli attivi nel servizio in sala che non potevano più operare a causa della chiusura obbligata dei punti vendita.

E la logistica?

Utilizzando principalmente prodotto fresco, l’approvvigionamento delle materie prime ha subito qualche rallentamento. Se prima alcuni fornitori effettuavano consegne ai nostri punti vendita ogni giorno, adesso la frequenza è scesa a tre volte alla settimana. Da questo punto di vista, si naviga a vista cercando di tenere il timone più dritto possibile.

Come avete rivisti i vostri piani di sviluppo? In particolare, come procede il roll out di Pokewaii?

Prima del lockdown eravamo alla ricerca di una location su Roma, ma abbiamo stoppato il nostro scouting in attesa di capire come evolve la situazione emergenziale e sanitaria. Stessa cosa per il primo stand alone di Pokewaii: un flagship in centro a Milano in cui presentare la rinnovata proposta gastronomica che si spostava dall’offerta core legata al sushi a quella più fresca e innovativa delle poke bowls in stile hawaiano. Questo nuovo brand, però, continua la sua presenza in modalità virtual kitchen: marchio nuovo ma sempre prodotto da noi all’interno dei nostri ristoranti.

A livello marketing invece?

Abbiamo spostato la nostra comunicazione verso il servizio di delivery con la campagna “Resta a casa, ci pensa Zushi” a cui abbiamo assegnato il compito di diffondere lo slogan #andràtuttobene fra i nostri clienti. Una mossa apprezzata, con ottimi feedback a livello social.

Che sensazioni sulla Fase 2?

Sicuramente ci auguriamo avvenga il prima possibile anche se non sarà semplice da gestire viste le nuove disposizioni che stanno emergendo. La distanza tra un cliente e l’altro oppure lo spazio necessario a garantire al servizio al tavolo impatterà direttamente sul numero dei coperti e l’affluenza generale ai nostri punti vendita. Nel frattempo, ci siamo impegnati per innalzare ancor di più i nostri standard igienici che, visto il prodotto trattato, erano molto elevati: dall’igienizzazione dei piani di lavoro e delle cucine due volte alla settimana alla fornitura di dispositivi di protezione come guanti e mascherine per i nostri dipendenti.

Infine, il tema affitti. Come vi state regolando?

Si tratta di un tema sensibile. Abbiamo inviato una lettera a tutti i nostri landlord chiedendo di venirci incontro. Dovendo scontare uno stop indipendente dalla nostra volontà, in una situazione straordinaria, abbiamo fatto appello alla comprensione e tolleranza dei proprietari immobiliari. In generale, posso affermare che c’è grande disponibilità al dialogo e abbiamo avuto un riscontro più che positivo che si è tradotto nella posticipazione dei canoni oppure al completo abbuono dell’affitto.

N.G.

Riproduzione riservata © retail&food